L’esito della tornata elettorale di ieri in Umbria rappresenta una fotografia plastica della situazione italiana. La vittoria schiacciante dello schieramento di centro destra, che ha staccato di oltre 20 punti percentuali l’alleanza di governo PD – M5S, è stata trascinata dalle figure più mediatiche e estremiste della destra istituzionale italiana.
Matteo Salvini e la Lega triplicano i consensi (nel 2015 erano stati 49.203, 154.413 quelli di oggi), li doppia Giorgia Meloni (Fratelli d’Italia passa dalle 21.931 preferenze alle 43.443).
Bocciatura piena per l’asse Movimento 5 Stelle – Partito Democratico: nella regione dello scandalo sanitopoli che provocato la caduta della giunta targata PD, i grillini restano stritolati dal “peso” del sistema di potere, clientelare, criminale dell’alleato ormai completamente screditato nei contesti popolari.
Che succede? Che ancora una volta, una generica – e però diffusa – domanda di rottura, cambio di marcia, rinnovamento per certi aspetti della politica tout court, una manifestazione dell’insofferenza popolare per lo status quo, vengono intercettati dalla destra. Il senso di tradimento che le classi popolari vivono ha cercato e trovato riparo, rassicurazione, negli slogan gridati in un loop senza fine dalle figure del sovranismo nostrano più che in qualsiasi altra sponda.
E questo, beninteso, riguarda noi tutti, la nostra capacità di costruire un polo autonomo che sia attrattivo e rappresentativo degli interessi popolari, che porti sulla piazza un progetto complessivo di società altra… Infatti la mancata partecipazione elettorale a sinistra non corrisponde a sviluppo e ripresa di forme conflittuali, di piazza, di massa.
Che fare allora per evitare litanie già viste, e per maturare riflessione ed esperienza più avanzate, che possano essere utili?
Innanzitutto una consapevolezza: non esistono scorciatoie o soluzioni facili.
Crediamo che fare “tutto al contrario” voglia dire non avere le classiche reazioni che si hanno a sinistra: dalla depressione, al “tifo asteroide”, al “vado via”, al fare finta di niente, addirittura all’esaltarsi…
In questo paese c’è un problema enorme a sinistra, lo sappiamo tutti, ce lo diciamo da anni. È una questione che attraversa l’intero nostro campo, dalla formazione più riformista a quella più moderata, che non risparmia neppure i movimenti sociali e le realtà di base.
Rispondere alla frammentazione di classe, alla perdita di riferimenti e immaginario di lotta, di solidarietà, di vittoria, al senso di abbandono che vive oggi tra le classi popolari, non è questione che comincia oggi, ma viene da lontano ed esige soluzioni all’altezza della sfida epocale che ci si pone.
Non basta cambiare i leader, ripensare al marketing, inventare ogni volta cartelli unitari diversi.
Non serve fare la gara tra chi sta messo meno peggio, che oltre ad essere poco edificante come discussione lascia il problema intatto.
Bisogna insistere sulla ricostruzione di un terreno sociale e politico autenticamente nostro, che possa essere strumento per esercitare concretamente forme di potere popolare.
Bisogna esser presenti nelle lotte, sperimentare il mutualismo, insistere sul radicamento territoriale e sulla costruzione di un programma che si sviluppi a contatto con le persone.
Questo processo, l’unico possibile, per noi che abbiamo pochi mezzi a disposizione, e solo tanta volontà, studio, creatività, richiede tempo e pazienza. Difficilmente nell’immediato ha riscontri elettorali.
Con questo bagaglio abbiamo scelto di impegnarci direttamente nella campagna elettorale umbra.
Siamo stati sempre consapevoli dei limiti nostri (siamo un progetto giovane, nato da neppure due anni, e che ha ancora tanto da lavorare sul piano della presenza e del radicamento in questa regione), e della complessità della tornata nello specifico. Le elezioni regionali sono particolarmente ostili a un soggetto come il nostro, perché non permettono di valorizzare né il contatto con il territorio di un’elezione amministrativa né il voto di opinione o su orientamenti generali come le elezioni politiche. A pesare di più sono proprio i livelli mediatici nazionali e i sistemi di relazioni clientelari, per non parlare del “voto utile” – che nel caso umbro è diventato “voto contro” la minaccia dell’avanzare delle destre (con i risultati che sono sotto gli occhi di tutti).
In Umbria, però, vedere però tutto il mondo della cosiddetta sinistra, insieme ai 5 Stelle, schiacciarsi sul PD, ci obbligava a dover offrire un’alternativa di contenuto.
Per questo abbiamo deciso di provarci, con la voglia, dell’intera nostra comunità, a mettersi al servizio di una dinamica che ci permettesse di muovere passi avanti sul piano organizzativo e aggregativo.
Nonostante l’impegno generosissimo delle compagne e dei compagni che hanno lavorato sul territorio, il nostro non è un risultato positivo. Non dobbiamo avere paura a dircelo, né di drammatizzare, proprio perché consapevoli del quadro in cui ci muoviamo, della direzione in cui vogliamo andare.
È un risultato che ci conferma che abbiamo ancora strada da fare, che la nostra partecipazione alle elezioni deve essere ogni volta ponderata e finalizzata alla costruzione di riconoscibilità e internità ai settori che vogliamo mettere al centro dei processi di decisione politica.
Dobbiamo lavorare con calma, sul piano sociale e culturale, per far riconoscere la novità del nostro progetto, e usare le elezioni per aggregare e costruire il gruppo, per affinare le competenze dei compagni, per dare voce a delle lotte a cui siamo organicamente connessi, per sviluppare un livello di unità più avanzato. Senza investire in forza su questi aspetti, e questo è forse il vero tema che queste elezioni ci consegnano, non ci sarà forza sul piano elettorale.
Un ringraziamento ancora a tutte le compagne e i compagni che hanno investito tempo ed energie, e alle migliaia di persone che ci hanno votato e dato fiducia!