Lo sviluppo delle pratiche sociali e il terreno mutualistico devono essere al centro del processo politico messo in atto da Potere al Popolo, un processo che per la prima volta ha le coordinate per la costruzione di uno strumento utile alla classe nel momento più duro dell’attacco capitalista. Per la prima volta in Italia abbiamo la possibilità di mettere in rete pratiche sociali sul piano generale.
Lo sviluppo delle pratiche sociali in parte esiste per necessità, in parte è da costruire e da confederare. Esso esiste di per se, si sviluppa come risposta solidale all’assenza dei servizi e delle condizioni di vita, è spazio aperto di cooperazione. Queste pratiche non riguardano solo la povertà materiale prodotta dalla crisi, ma anche la povertà relazionale prodotta dalla assoluta mercatizzazione capitalistica di qualsiasi rapporto sociale. Solitudine, ansia sociale, miseria, e guerra tra poveri sono le grandi tragedie di quest’epoca, situazioni dalle quali ogni persona normale cerca istintivamente di sfuggire a livello individuale, familiare o di piccolo gruppo. Mettere al centro del processo politico di potere al popolo la concreta solidarietà vuol dire innanzitutto dare una risposta quotidiana a tutto questo e generare un nuovo discorso sociale.
Molte e molti militanti di potere al popolo sono impegnati concretamente nel terreno della solidarietà popolare e del mutuo soccorso nei propri territori. Ora stiamo intrecciando queste pratiche al controllo popolare. Al rivendicare servizi pubblici che lo stato deve garantire mentre generiamo risposte dove questi si ritirano.
Molte delle strutture che “hanno accettato la sfida” sono dei laboratori di sperimentazione sociale che non esistono in altre parti d’Europa e che hanno la necessità di riprodursi e moltiplicarsi. In questi tre mesi è stato giusto e necessario impegnarci principalmente per dare a questi militanti e laboratori una prospettiva politica dal lato parlamentare. Oggi diventa fondamentale rispondere a tale necessità ponendo sul piatto il tema di come affrontare seriamente il terreno del mutualismo.
Se dovessimo quindi sviluppare una bozza rispetto a quello che dovrebbe essere il nostro lavoro rispetto dovremmo immaginarlo su più fronti, costruire lo spazio in cui nuotare, e capire come e con cosa nuotarci.
Lo spazio da costruire sul livello generale è innanzitutto egemonico, ovvero far passare l’idea che la solidarietà popolare è una risposta politica diretta alla crisi economica e valoriale del paese, è il centro del processo politico di Potere al Popolo. Non sono le elezioni che devono essere il nostro bagno di realtà, ma il vissuto quotidiano.
A Livello territoriale invece si deve riconoscere autonomia ed indipendenza ai soggetti che partecipano alle pratiche sociali e lavorare per la loro confederazione. Occorre lavorare perchè si definisca a partire dalle pratiche sociali territorio per territorio un carta di valori condivisi in cui riconoscersi ( userei come modello la carta della confederalità elaborata al contro g7 di Bergamo). Questa carta a me pare un valido strumento da poter essere utilizzato dinamicamente a partire dall’ambito municipale o territoriale.
L’altro aspetto invece riguarda potere al popolo in quanto tale, ovvero quale campagna politica lanciare sul tema della mutualità. Io penso che una campagna possibile possa essere quella di sviluppare una forma organizzativa replicabile con la quale organizzare in tutto il territorio nazionale di una rete mutualistica popolare.
Penso che rigenerare, dentro l’attuale scontro di classe, storiche esperienze, idee, organizzazioni delle Case del popolo, delle Camere del lavoro, delle casse di mutuo soccorso possa essere elemento trascinante. Le immagino come strutture di pratiche sociali, ma anche come luoghi di collegamento tra il mutuo soccorso ed i sindacati conflittuali. Luoghi in cui riprendere in mano il terreno della produzione dei beni primari fuori dal modello capitalista, dove sviluppare progetti che integrano l’utilizzo sociale della terra per i disoccupati con le reti di distribuzione di alimenti e mense popolari. Luoghi dove sia possibile dare risposte legate ai bisogni primari come la sanità, l’istruzione, la lotta al carovita ed all’abitare, ma anche luoghi in cui orientare e difendere i lavoratori e rivendicare servizi pubblici. Luoghi che rompono la solitudine sociale imposta dal neoliberismo e rigenerare socialità ed aggregazione, con lo sport popolare, con la cultura, con l’intervento per rivitalizzare socialmente i nostri territori. Luoghi quindi di produzione di felicità.
Noi dovremmo lanciare un piano di azione, una campagna, in cui come Potere al Popolo avviamo la costituzione in ogni regione di almeno una nuova Casa del Popolo entro sei mesi, promuovendo territorio per territorio forme di confederalità sociale. Questo va fatto cercando di utilizzare gli strumenti che la rete mette a disposizione. Sviluppando un manuale in cui inserire le buone pratiche collegato ad una piattaforma internet che funzioni come un tutorial dove trovare consigli e informazioni.
Non si tratta sia chiaro, di trasformare semplicemente quello che abbiamo o di rigenerarlo cambiando la targa e nomi, si tratta di cambiare testa, di capire che la vera sfida politica è quella di costruire in ogni territorio processi di solidarietà popolare e nuovi istituti di mutualità come parte integrante del controllo popolare, e come strumento di lotta per difendere i diritti sociali che ci stanno togliendo disintegrando i servizi pubblici.
Io non so se questo sia effettivamente il modo per uscire dalla crisi della sinistra, rimangono enormi nodi da sciogliere davanti a noi sui quali discutere. So però che è con questo metodo che possiamo ridare protagonismo alla politica e rigenerare la cornice stessa in cui discutere, non solo ogni 5 anni commentando i risultati elettorali. Ma tutti i giorni.