Con il Decreto Ristori Ter, il Governo ha replicato la formula adottata a fine marzo per l’erogazione dei buoni spesa e/o pacchi alimentari attraverso le amministrazioni comunali (art. 2 Dl 154/20). Ogni ente dovrà emettere un bando in cui stabilire i criteri di accesso per individuare la platea dei beneficiari tra i nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza Covid-19 e tra quelli in stato di bisogno.
Lo vogliamo dire subito: si tratta di una misura assolutamente inadeguata e inefficace rispetto all’entità della crisi, sia per l’entità di risorse stanziate (400 milioni come nella “fase uno”), sia per le modalità attuative individuate (attraverso gli enti locali strutturalmente indeboliti dopo anni di tagli e Patto di stabilità). Tutti i rapporti, da quello periodico della Caritas a quello di Censis-Tendercapital, fotografano un rapido aumento della povertà dall’inizio della pandemia, che riguarda milioni di persone e che va affrontato con interventi strutturali. Per Firenze si dice siano previsti 2 milioni di euro, a fronte di circa 26.195 nuclei familiari sotto la soglia di povertà (dati pre-crisi), ovvero 76,37 euro a famiglia: davvero troppo poco per affrontare questa crisi, nel momento in cui le normali fonti di reddito vengono a mancare.
I buoni vanno distribuiti partendo da chi ha più bisogno.
Durante la prima ondata primaverile, come già denunciato da tante realtà, compresa la nostra, i pochi fondi giunti a Firenze sono stati distribuiti secondo modalità che non hanno saputo evitare rilevanti esclusioni. In particolare “rimaneva fuori” chi non aveva un regolare contratto di lavoro e non poteva dunque dimostrare un calo del reddito (quando sappiamo che nel turismo e nei pubblici esercizi, ossia nei settori più colpiti, si lavora spesso stagionalmente, o a chiamata, o a nero/grigio).
Anche il meccanismo dell’iscrizione anagrafica sul Comune di Firenze presenta evidenti limiti: basta pensare al bambino di due anni a cui solo ieri, dopo mesi, la Giunta sembra aver trovato una soluzione, nonostante fosse cittadino italiano nato e cresciuto nella nostra città. Infine i buoni escludevano l’acquisto di beni per l’igiene personale e per gli ambienti, Di questo non se ne comprende il motivo, dato che se non si ha la possibilità di acquistare cibo, non la si ha nemmeno per acquistare altri beni di prima necessità (come ad esempio gli assorbenti che, essendo tassati come un bene di lusso, hanno un prezzo spropositato).
Per questo chiediamo
- L’immediata attuazione del Decreto Ristori Ter, coinvolgendo il Consiglio comunale e i consigli di quartieri nella definizione del bando, al fine di rivedere i criteri per la definizione della platea di beneficiari dei buoni spesa, rispetto alla “fase uno”, estendendo il contributo anche a disoccupati privi di attestazione della condizione lavorativa pre-Covid19 (come i lavoratori e le lavoratrici a nero o chi si “attiva” solo durante la stagione turistica) e basandosi dunque su un solo criterio di reddito. Eliminando infine il criterio della residenza in particolare per fuorisede e chi risulta privo di residenza.
- L’utilizzo di fondi comunali aggiuntivi, guardando magari al modello del Comune di Livorno, perché tutti e tutte possano accedere ai buoni spesa. La strada è stata indicata dal Consiglio con una mozione proposta da Sinistra Progetto Comune e Firenze Città Aperta, che individuava fondi anche per finanziare ulteriori buoni spesa oltre a quelli coperti da finanziamento statale.
- La pubblicazione immediata del bando, con progressivo aggiornamento del numero di domande ricevute e dei nuclei familiari beneficiari, ovviamente in forma anonima e aggregata;
- La possibilità di acquistare beni per l’igiene personale e di prevedere la possibilità di aggiungerli ai pacchi alimentari;
Al Governo nazionale chiediamo di provvedere immediatamente a prevedere un reddito di emergenza unico nazionale da finanziare attraverso una tassa sulla ricchezza dei milionari, per porre fine a misure parcellizzate e “una tantum”.
“Per l’ennesima volta il Consiglio comunale deve apprendere le cose dalla stampa. Sindaco e Giunta coinvolgano i consigli di quartiere e le forze politiche, oltre all’associazionismo attivo sul fronte della solidarietà, per comprendere come evitare situazioni di esclusione e ingiustizie sociali”
Queste le dichiarazioni di Antonella Bundu e Dmitrij Palagi, del gruppo consiliare di Palazzo Vecchio Sinistra Progetto Comune.
“Non sappiamo se altri gruppi consiliari, magari di maggioranza, siano più fortunati del nostro. Però ci chiediamo a cosa serva venire in Consiglio comunale a chiedere unità istituzionale se poi dobbiamo ridurci a leggere la stampa per capire quali strumenti intenda prendere la Giunta per far fronte al nuovo acuirsi della crisi sociali legata al contesto pandemico Covid-19. Lo stesso discorso lo evidenziamo in merito ai quartieri. Il loro coinvolgimento merita di più di vederli solo come esecutori della fase di distribuzione, così come i mesi della cosiddetta fase 1 hanno visto numerose realtà associative e di solidarietà attivarsi per coprire tutto lo scoperto che non viene nemmeno visto dal piano istituzionale. C’è ancora tempo per un veloce confronto, prima di deliberare una questione urgente”.