“Se fosse successo nella baraccopoli abusiva il bilancio poteva essere ben più pesante”: è il massimo che riesce a dire Salvini dopo aver gridato vittoria per lo sgombero del vecchio campo della vergogna, di cui ancora rimangono in bella vista i cumuli di macerie da smaltire. E menomale che c’è stata anche la querelle sulla Tav e il rischio della crisi di governo, altrimenti lo avremmo visto farsi anche qualche bel selfie e twittare a gogo per propagandare quello spot elettorale che però, purtroppo, non gli è riuscito fino in fondo.
A dimostrare che non erano le baracche la radice del problema, bensì la ghettizzazione e il concentramento di povertà, l’ennesimo incendio, questa volta nella “nuova” tendopoli, e la morte di Sylla Nuomo, senegalese di 32 anni.
Un incendio sulle cui assai poco chiare dinamiche sarà la Procura di Palmi a indagare, dopo aver aperto un’inchiesta sul tragico accaduto.
Si potrà forse risalire, nel caso si tratti effettivamente di un’azione criminale, agli esecutori materiali, ma noi sappiamo bene che le reali responsabilità sono di tutti coloro che, in questi lunghi anni, hanno voluto mantenere i lavoratori migranti in un regime di apartheid.
Una situazione di concentramento e ghettizzazione che non è figlia solo di razzismo ostile ai migranti e ai neri in particolare, ma di un’inclusione differenziata nel mercato del lavoro, nel quale proprio a loro toccano mansioni degradanti in regimi produttivi semi-schiavistici, frontiera interna tra persone e non-persone.
E allora meglio tenerli insieme, nei campi o nelle strutture emergenziali, lontani dai centri abitati e quindi dalla vista. Al limite, va bene pure dare loro assistenza e qualche servizio, ché qualcuno così ci lavora pure. È chiaro che tante sono le figure ad avere tutto l’interesse a mantenere un costante stato di emergenza invocato sulla presunta “diversità”, alterità, eccezionalità dei braccianti: se questi avessero infatti tutte le prerogative giuridiche ed economiche di ogni altro lavoratore, sarebbe più difficile sfruttarli, e allora addio subalternità, addio sfruttamento, addio economia agricola locale.
Noi, al contrario, ripeteremo all’infinito che è una vergogna mantenere le case vuote, che con tutti i soldi che sono stati spesi e quelli che si spenderanno a vuoto si sarebbero potute ristrutturare chissà quante case, generando inoltre lavoro sul territorio. In poche parole, soluzioni strutturali, con cui provare a realizzare quell’utopia della normalità tanto cara a Mimmo Lucano – a cui ribadiamo sempre il nostro affetto e la nostra solidarietà – ma che le altre istituzioni non vogliono proprio considerare.
Potere al Popolo – Calabria