Un report dalla prima assemblea in Gran Bretagna di Potere al Popolo!, un nuovo progetto che mira a costruire un’alternativa al liberismo e all’avanzata della destra populista.
Fonte Politicalcritique
di Rosa Gilbert
Costretti a confrontarsi con un panorama politico piuttosto cupo, gli attivisti italiani del centro sociale napoletano Je so’ pazzo, ospitato in un ex ospedale psichiatrico giudiziario, hanno deciso di lanciare una lista da presentare alle prossime elezioni politiche, ma con ambizioni che vanno ben oltre il 4 marzo, data delle consultazioni.
Potere al popolo si oppone esplicitamente non solo alla destra xenofoba, ma anche alla deriva mercatista e allo scivolamento verso il centro che ha caratterizzato tutti i partiti socialdemocratici europei.
La piattaforma è stata lanciata con un’assemblea a Roma, con il sostegno di gruppi locali nati su tutto il territorio nazionale e che hanno discusso insieme i nodi e le priorità politiche, le modalità di scelta delle candidature, le strategie da utilizzare per la campagna. Una delle caratteristiche peculiari di Potere al Popolo è il suo desiderio di parlare ai lavoratori giovani, precari e spogliati di ogni loro diritto. Questo desiderio scaturisce naturalmente dal fatto che molti degli attivisti provengono da questo settore sociale, sebbene siano presenti anche elementi della “vecchia” sinistra, come Rifondazione Comunista.
Questa piattaforma giovane e vitale contrasta in maniera stridente con le altre forze presenti nel panorama politico italiano, dominato non solo dall’ormai ottantunenne Berlusconi, con la sua coalizione di centro-destra, ma anche dalla smorta, spenta e tutta maschile Liberi e Uguali, guidata dal settantatreenne Presidente del Senato Pietro Grasso. Il problema di LeU, secondo gli attivisti di Potere al Popolo, risiede non solo nella assoluta distanza da qualsiasi tipo di politica realmente progressista, ma soprattutto nella assenza di processi di democrazia partecipativa e dal basso. D’altra parte, invece, Potere al Popolo si basa su processi decisionali elaborati in maniera condivisa, non da poche persone chiuse in una stanza.
La frattura generazionale tra il centro-sinistra e la sinistra radicale riflette chiaramente la composizione demografica italiana, se si pensa che i sondaggi riportano che il 70% dei giovani non voterà alle prossime elezioni. Anni di crisi e di crescente disoccupazione giovanile (attualmente al 35%) hanno spinto i giovani italiani a inseguire possibilità di carriera altrove. La libertà di movimento entro i confini dell’Unione Europea ha offerto certamente nuove opportunità di vita e di lavoro ai giovani europei. Allo stesso tempo, però, ha permesso alla politica di disinteressarsi delle profonde crisi economiche e demografiche che hanno colpito molti paesi membri. Nel caso dell’Italia, è esemplificativo l’episodio che ha visto protagonista il ministro del lavoro Giuliano Poletti che, incalzato sul fenomeno della corposa emigrazione giovanile, rispose: “Alcuni di loro è meglio non averli tra i piedi”.
Oltre la scelta del “meno peggio”
Leggendo il programma politico di Potere al Popolo, è logico – seppur insolito – che i suoi militanti abbiano scelto di dedicare tanta attenzione agli italiani residenti all’estero.
Dopo la prima assemblea di Potere al Popolo a Londra, ho avuto l’occasione di parlare con alcuni dei presenti, tra cui Giuliano, arrivato da Napoli e tra gli organizzatori di PaP in Italia. La cosa che mi ha colpito è che tutti dichiarano che, dall’inizio della loro permanenza all’estero, si sono sentiti completamente esclusi dalla partecipazione alla vita politica italiana. E non solo a causa della distanza geografica. Uno degli attivisti che vive in Regno Unito ha dichiarato che, dall’inizio della crisi che ha colpito l’Eurozona, “la possibilità di scegliere e di incidere nella politica italiana si è ridotta giorno dopo giorno”. E, per dirla con le parole di Giuliano, “non si poteva restare fermi di fronte allo slittamento a destra dell’intero panorama politico”.
L’assemblea ha prima discusso nel merito i nodi politici; subito dopo si è passati ad organizzarsi per raccogliere le firme necessarie a presentare la lista nel collegio Europa della circoscrizione Estero e permettere agli italiani residenti all’estero di votare per Potere al Popolo. Per eleggere i 5 deputati e i due senatori assegnati all’Europa sono necessarie 500 firme, da raccogliere nelle sedi consolari tra gli italiani iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero. Il che ha comportato un grande sforzo e l’adempimento di numerosi passaggi burocratici, affinché Potere al Popolo potesse candidare i suoi rappresentanti. Per di più, la nuova legge elettorale (che impone di raccogliere le firme solo alle forze politiche che non sono già presenti in parlamento) sembra fatta apposta per impedire a nuove forze politiche di emergere e per conservare lo status quo.
Tra i partecipanti all’assemblea erano presenti alcuni membri del Partito Laburista e di Momentum. Laura Parker, coordinatrice nazionale di Momentum, ha fornito un quadro di insieme dell’attività del movimento britannico, delle campagne di cui si è reso protagonista, del suo ruolo nelle ultime elezioni politiche, ponendo in particolar modo l’accento sull’utilizzo dei social media e delle nuove strategie di comunicazione. Laura ha anche parlato delle contraddizioni interne a Momentum che, nonostante il successo nella campagna a sostegno di Jeremy Corbyn, non è stato ancora in grado di costruire un vero e proprio movimento popolare di massa. A questo proposito, Parker ha affermato che Momentum avrebbe molto da imparare da Potere al Popolo e dall’esperienza di Je so’ pazzo, soprattutto per quello che riguarda la capacità di costruire legami solidali e di comunità.
Al di là delle somiglianze, esistono anche profonde differenze tra la situazione britannica e quella italiana. Una battaglia come quella che ha condotto Corbyn all’interno del Partito Laburista è del tutto inimmaginabile nelle fila del Partito Democratico. Gli attivisti con i quali ho parlato sono sicuri del fatto che senza un’implosione del partito attualmente al governo è impossibile l’affermazione di una vera sinistra. Uno dei miei interlocutori azzarda un paragone con il Bloco de Esquerda portoghese, la cui ascesa dai margini alla ribalta dello spettro politico sarebbe una prospettiva più facilmente percorribile in Italia. L’idea di Je so’ pazzo è certamente quella di un processo di lungo periodo, che vede le elezioni del 4 marzo come un punto di partenza.
Se c’è una lezione che Potere al Popolo ha imparato dagli errori che la sinistra italiana ha commesso negli ultimi 20 anni è quella di uscire dalla logica del “meno peggio”. “Significherebbe continuare sulla strada che la sinistra ha percorso negli anni del berlusconismo, una strategia che ci ha condotto al disastro nel quale ci troviamo oggi”, dice Giuliano. Al contrario, solo una forza realmente alternativa può arrestare l’avanzata della destra. E di certo questo ruolo non può essere giocato dal Movimento 5 Stelle, il quale si presenta come forza antisistema, ma che gli attivisti di Potere al Popolo considerano nient’altro che una falsa opposizione ai partiti tradizionali.
Ricostruire legami
Proprio perché Potere al Popolo si pone su una strategia di lungo periodo, non ci sono grandissime aspettative sul risultato elettorale. Ma 150 assemblee territoriali e più di 20.000 attivisti mobilitati dalla metà di novembre sembrano un ottimo punto di partenza.
Potere al Popolo si considera come un coordinamento nazionale delle numerose lotte e dei movimenti già presenti su tutto il territorio nazionale: tutti i candidati sono stati scelti per la loro provenienza da movimenti sociali e lotte condotte nel mondo del lavoro, a difesa della salute e dell’ambiente, nella scuola.
La portavoce di PaP è stata presentata in un video lanciato in rete: si tratta di Viola Carofalo, 37 anni, ricercatrice precaria e membro del collettivo Je so’ pazzo di Napoli. Rovesciando la legge che impone di designare un capo politico, il video mostra una carrellata di volti che rappresentano diversi settori sociali, che affermano di essere il capo politico. Solo alla fine appare Viola, che dichiara: “Io non sono il capo politico, ma solo una portavoce, e non potrebbe essere altrimenti. Il nostro movimento è una forza collettiva, che ha preso vita da più di 100 assemblee, che ha scritto collettivamente il proprio manifesto”.
Questo modello organizzativo pone l’enfasi sulla partecipazione attiva piuttosto che sulla rincorsa a qualche seggio in Parlamento. E le decine di assemblee organizzate anche fuori dai confini italiani (Londra, Bruxelles, Barcellona, Madrid, Berlino, Parigi, Marsiglia, Bristol, Mosca, Losanna, Berna, Zurigo, Dublino) riflettono esattamente questo approccio.
In un Paese che pare ossessionato dall’ “invasione degli immigrati”, PaP si concentra invece sui problemi dell’emigrazione italiana. In Italia i dati relativi all’emigrazione sono triplicati rispetto a quelli precedenti all’inizio della crisi. Sono 5.4 milioni gli italiani residenti all’estero: circa il 10% della popolazione. 1.5 milioni di questi emigrati ha lasciato l’Italia dopo il 2008. “Potere al Popolo considera ognuna di queste persone come un pugno nello stomaco”, dice Giuliano per sottolineare gli effetti sulle relazioni sociali e familiari che tutte queste storie di emigrazione riflettono. Rifiutando di abbandonare gli emigrati al loro destino, Potere al Popolo considera il fatto che gli italiani siano visti ormai come i camerieri d’Europa come un piccolo dramma. Chi parte, infatti, si trova spesso ad accettare lavori poco qualificati, al di là dei livelli di istruzione e formazione professionale.
Mentre LeU incensa i vantaggi dell’appartenenza all’Unione Europea e Renzi invoca la nascita degli Stati Uniti d’Europa, Potere al Popolo accoglie tra le sue fila anche gli euroscettici della piattaforma Eurostop, e ha sin dall’inizio alzato la voce contro il fiscal compact che inchioda l’Italia alle politiche di austerità e contro coloro che vedono l’emigrazione come unica soluzione alla disoccupazione. Se si considera il malcontento strisciante tra gli italiani nei confronti delle istituzioni europee, questo potrebbe essere potenzialmente un punto di forza per Potere al Popolo.
“La nostra generazione è dispersa” – mi ha detto uno degli attivisti – “non solo politicamente, ma anche geograficamente, e questo limita la nostra capacità di intervento, la forza collettiva che potremmo e non riusciamo a esercitare”. Organizzando queste assemblee in diverse città europee, la loro speranza e di riuscire a ricostruire legami di comunità. “È un modo per riallacciare la trama che le politiche neoliberiste hanno spezzato. Un modo per costruire comunità basate non solo sulla comune origine nazionale, ma anche elementi presenti e futuri: stiamo insieme perché condividiamo un obiettivo, perché lottiamo fianco a fianco per migliorare le nostre condizioni di vita”.