«Porti chiusi alle armi e aperti agli esseri umani», vittime di quelle stesse armi, non può essere solo un fatto di coscienza, ma anche una pratica di lotta reale per impedire lo sconcio traffico di morte in nome del profitto e per affermare i diritti dei popoli in nome della libertà. Il carico fermo in porto della nave Bahri è ufficialmente classificato come “armi”, dunque non va imbarcato ma rispedito al mittente
L’assemblea pubblica convocata dal Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali (CALP) il 14 giugno sera
al Circolo CAP ha potuto visionare i documenti che dimostrano che le apparecchiature che i portuali
si erano rifiutati di imbarcare sulla nave «Bahri Yanbu» sono ufficialmente classificate come armi
(categoria 11: Apparecchiature elettroniche) dall’UAMA, Unità per le autorizzazioni dei materiali di
armamento del Ministero degli Esteri. Pertanto è stato dimostrato che l’azienda esportatrice, Teknel
di Roma, e l’agenzia marittima rappresentante della compagnia marittima di stato saudita, hanno
mentito alla pubblica opinione, all’Autorità portuale e alla Prefettura di Genova affermando che si
trattava di apparecchiature civili. Hanno mentito quando la nave è arrivata a Genova il 20 maggio di
fronte allo sciopero dei lavoratori, ottenendo che la Prefettura ordinasse il ricovero in un magazzino
portuale della merce affinché ne fosse accertata la natura. Hanno mentito il 3 giugno quando hanno
sottoscritto l’accordo con l’Autorità portuale e la CGIL presentando documenti che escludevano la
natura militare della spedizione.
D’altro canto né l’Autorità portuale né la Prefettura hanno fatto niente di quello che si erano
impegnati a fare per dirimere la questione: nessuna ispezione, nessuna perizia, nessuna acquisizione
di informazioni. Sarebbe bastato consultare i documenti doganali! Hanno semplicemente fatto
proprie le dichiarazioni della Teknel e dell’agente marittimo senza battere ciglio. E la CGIL
inopinatamente ha sottoscritto.
Di fronte però alla pubblicazione di nuove evidenze da parte del CALP, supportate dall’attività di
inchiesta e di monitoraggio condotta dall’Osservatorio permanente delle armi leggere di Brescia
(OPAL) e da Rete Disarmo, la Teknel si è arresa e dopo che per settimane aveva minacciato denunce
ai giornali e ai lavoratori in cambio di rettifiche ai sensi di legge, oggi è stata costretta a ammettere
che si tratta di “armi” destinate alla Guardia Nazionale Saudita, notoriamente un corpo militare di
élite a difesa della monarchia assoluta saudita fondata sulla Sharia e impegnata a fomentare la
guerra civile in Yemen fonte della più sanguinosa e dolorosa catastrofe umanitaria attuale.
A questo punto, visto che Prefettura e Autorità portuale avevano dichiarato che per accettare le
ragioni dei lavoratori in sciopero occorreva accertare la natura del carico, ebbene esse diano atto
pubblicamente che si tratta in via ufficiale di “armi”. Lo stesso faccia la CGIL ripensando alla sua
pilatesca uscita di scena.
Pertanto siano riconosciute le ragioni dei lavoratori, delle compagne e dei compagni, degli
antimilitaristi, dei pacifisti e degli antifascisti che dall’Italia e da tutto il mondo hanno espresso
solidarietà ai portuali genovesi.
Le armi della Teknel ferme in magazzino siano rispedite immediatamente al mittente. Nessuno
provi a caricarle sulla prossima nave saudita, «Bahri Jazan», prevista per lunedì 17 giugno all’alba.
PRESIDIO LUNEDÌ 17 GIUGNO MATTINA ALLE ORE 5
DAVANTI AL VARCO DI PONTE ETIOPIA
Calp/Assemblea Pubblica 14 Giugno 2019