Il rinnovo degli organismi dell’Unione Europea e i primi atti del neo-eletto Parlamento europeo confermano che viviamo ormai in un regime di guerra e che il potere politico – in maniera bipartisan – è totalmente asservito a questa logica.
Innanzitutto c’è stata la scontata conferma di Ursula von der Leyen a capo della Commissione Europea, nonostante l’allarme che risuonava tra popolari e “socialisti” nei giorni precedenti. La vecchia-nuova Presidentessa ha inaugurato il secondo mandato con un discorso liberista e guerrafondaio. Verrebbe da chiedere quale sia “lo stile di vita europeo” che Von der Leyen vuole difendere a tutti i costi: quello basato su bassi salari, inflazione, economia di guerra e disastro ecologico?
Per non parlare della guerra da portare avanti per difendere il “giardino” europeo, mentre – ancora una volta – non viene spesa nemmeno una parola contro il genocidio del popolo palestinese per mano di Israele. Ma quella – si sa – è la “giungla”. Parola del “socialista” Borrell, ex Ministro degli Esteri UE.
Anche il PD ha votato a favore di von der Leyen: è la conferma della sua natura di “partito di sistema”. Non regge la farsa della nuova faccia con cui cerca di presentarsi negli ultimi mesi: la battaglia referendaria contro l’autonomia differenziata o quella vuota su un finto salario minimo appaiono come specchietti per le allodole per riconquistare consensi e poter tornare poi a fare lo stesso di sempre.
I “dem” sono stati in buona compagnia. Tra gli italiani, a loro oltre che Forza Italia si sono uniti i Verdi di Bonelli. Il voto alla guerrafondaia e liberista von der Leyen è arrivato in cambio di promesse da marinaio su un Green Deal che le istituzioni europee non hanno mai voluto perseguire. Anzi, il “greenwashing” è stato lo strumento dietro cui si è celato il tentativo di rilancio dei capitali europei, oltre che il velo dietro cui nascondere lo scempio di un nucleare considerato incredibilmente energia pulita. La transizione ecologica, quella che però dovrebbe coniugare giustizia sociale e climatica – mai in realtà in agenda – è stata ormai abbandonata anche retoricamente, in nome di una economia di guerra.
Altrettanto grave è la prima risoluzione votata dal neoeletto parlamento europeo: si ribadisce il sostegno a Kiev “per tutto il tempo necessario e in qualsiasi forma” alimentando ulteriormente l’escalation bellica e una strategia che fino ad ora ha solo provocato migliaia di morti, pesanti ricadute in termini economici per le classi popolari europee. Se qualcuno si stesse chiedendo se ha avvicinato di un millimetro la pace, la situazione è sotto gli occhi di chiunque non voglia usare la strategia dello struzzo.
La risoluzione è stata votata – anche in questo caso – dalla maggioranza dei partiti parlamentari italiani. Quelli che a Montecitorio e Palazzo Madama fanno finta di farsi battaglia, ma poi si scopre che sono d’accordo sui “fondamentali”. In questo senso il voto a favore di Fratelli d’Italia e PD é emblematico degli interessi comuni che queste forze apparentemente opposte rappresentano. Ci mostra ancora una volta di quanto la questione della guerra sia uno spartiacque imprescindibile per costruire una reale alternativa.
La maschera dell’Unione Europea negli ultimi due anni è definitivamente caduta: con la solidarietà, la pace e l’emancipazione non ha (e mai ha avuto) niente a che fare. Rappresenta, al contrario, un progetto bellicista e imperialista. In questo contesto, in cui anche forze europee realmente progressiste si sono fatte attirare dalla retorica di voler fermare la guerra con le armi, assume ancora più valore la posizione di coerenza di europarlamentari come Ilaria Salis che si sono schierati contro un sistema basato su guerra e sfruttamento, votando NO a entrambe le votazioni.
Noi restiamo convinti che per fermare la guerra si debba mettere in campo una trattativa e per farlo bisogna stoppare subito l’escalation: basta sanzioni, basta invio di armi, basta con l’aumento delle spese militari. Servono, all’opposto, investimenti in welfare e servizi.
Se avesse voluto dare un segnale di pace e giustizia, questo Parlamento avrebbe dovuto scrivere la sua prima risoluzione contro i crimini di guerra della stato sionista di Israele e contro il genocidio del popolo palestinese.
Ma la dignità e anche il semplice rispetto delle vite umane non è di casa per la maggioranza bipartisan a Bruxelles.
Per cambiare il corso di presente e futuro non basta l’alternanza tra partiti che, sotto sotto, vestono la stessa casacca. Serve un’alternativa sistemica, da costruire nel giorno dopo giorno delle mobilitazioni dei nostri popoli, in tutta Europa. Popoli che sono tutt’altro che silenti, che hanno manifestato contro il genocidio a Gaza, hanno scioperato per stipendi dignitosi e contro le politiche della BCE che hanno favorito banche e grandi gruppi imprenditoriali e finanziari, a danno di lavoratori e lavoratrici, hanno manifestato contro la devastazione ambientale e sanitaria, sia essa perseguita attraverso grandi opere inutili o la sottomissione alle multinazionali farmaceutiche.
Potere al Popolo è impegnato in questo cammino insieme a organizzazioni e partiti che, in gran parte d’Europa, condividono la stessa prospettiva di trasformazione radicale dell’esistente.