La Whirlpool ha deciso di chiudere il suo stabilimento napoletano: una storia come tante che avvengono ogni giorno in tutta Europa, come ad esempio quella di Amiens che vede protagonista la stessa multinazionale.
Spesso dopo lotte anche dure subentra lo scoramento: lavoratrici e lavoratori ritengono di non farcela, accettano qualche ammortizzatore locale e assistono così al triste epilogo di una vita di lavoro; altre volte no. In altri casi, operaie ed operai non si sono arresi, hanno continuato e hanno vinto.
È il caso degli ex dipendenti della Fralib, una fabbrica di thé e tisane che, per conto della Unilever, produceva infusi a marchio Lipton. La multinazionale olandese decide di chiudere, gli operai non ci stanno, combattono ogni giorno per 1336 giorni e alla fine vincono: dal 2014 la fabbrica è la loro, produce thè e tisane bio, rispettando ambiente e lavoro umano, e nonostante le difficoltà va avanti.
Abbiamo chiesto ad uno dei protagonisti di quella lotta, Gèrard Cazorla, ex dipendente e poi direttore della neonata cooperativa, di spiegarci brevemente come è stato possibile: Gérard ci ha risposto velocemente, perché conosce e ricorda il valore e l’importanza della solidarietà operaia, e da vicino Marsiglia, al sud della Francia, le operaie e gli operai della nuova cooperativa SCOP-TI fanno arrivare a lavoratrici e lavoratori Whirlpool il loro sostegno e la loro vicinanza.
Gérard, puoi raccontarci in breve la vostra lotta?
Il gruppo Unilever decide il 28 Settembre 2010 di chiudere la nostra fabbrica, perché non sarebbe abbastanza redditizia, e di delocalizzare la produzione dei marchi Lipton ed Eléphant in Belgio e in Polonia. Per noi non c’era alcuna giustificazione né economica né sociale per la chiusura di questa fabbrica, quindi ci siamo organizzati per lottare contro la chiusura e allo stesso tempo abbiamo elaborato una soluzione alternativa (cfr. documento allegato, in francese, seguirà traduzione, n.d.T.)
Abbiamo condotto una lotta sindacale per resistere nel tempo, una lotta economica con i nostri esperti del comitato d’impresa per dimostrare che la nostra fabbrica era redditizia e fonte di profitto, una lotta giuridica con il nostro avvocato e abbiamo fatto annullare 3 piani cosiddetti sociali dai differenti tribunali. Infine abbiamo portato avanti una lotta politica sollecitando le diverse collettività territoriali e i candidati alle elezioni che erano in campagna elettorale in quel periodo, e una lotta mediatica per conquistare l’opinione pubblica e rendere la nostra battaglia popolare e legittima. La nostra lotta è durata 1336 giorni, è stata possibile perché nella nostra impresa avevamo un sindacato, la CGT, fortemente basato sulla lotta di classe e infine abbiamo avuto la solidarietà intorno alla nostra battaglia per la salvaguardia dei macchinari e dei posti di lavoro.
Quali sono stati i tre strumenti principali che avete utilizzato durante la vostra lotta?
La difesa dei macchinari e dei posti di lavoro
La condivisione dell’intelligenza collettiva dei lavoratori e delle nostre strutture sindacali per costruire una soluzione alternativa alla chiusura della fabbrica.
La condivisione delle informazioni e i dibattiti in una dinamica democratica per i processi decisionali su come condurre la lotta.
Come siete riusciti a vincere la battaglia legale contro un gigante come Unilever ?
Abbiamo potuto vincere contro Unilever con quanto scritto nelle risposte alle prime due domande, ma c’è stato bisogno qualche volta di metterci in situazione di illegalità occupando la fabbrica per evitare che le macchine fossero portate via.
Quale ruolo ha avuto lo Stato nella vostra lotta?
Nella nostra lotta abbiamo potuto avvicinare alla nostra causa i partiti politici di sinistra e abbiamo approfittato delle elezioni presidenziali del 2012 durante le quali il candidato che ci sosteneva nella campagna (François Hollande) è diventato presidente. Per questa ragione, ogni volta gli ricordavamo le sue dichiarazioni affinché lui e il suo governo si assumessero delle responsabilità. È stato difficile perché tra le dichiarazioni fatte e gli atti ci sono spesso grandi differenze.
Tre consigli da dare per le operaie e gli operai della Whirlpool in lotta?
Io non ho consigli o lezioni da dare alle operaie e agli operai Whirlpool perché non ci sono ricette prestabilite ma tutto dipende dalla motivazione delle donne e degli uomini, dalla loro volontà, dalla loro cultura di lotta contro un’impresa capitalista che non esita a sacrificare dei posti di lavoro e delle vite per placare la sua sete di profitto. Bisogna lottare contro l’ingiustizia per salvare i macchinari e i posti di lavoro, bisogna essere capaci di costruire soluzioni alternative ed essere una forza propositiva.
Grazie alla nostra lotta noi abbiamo dimostrato che niente è già scritto in anticipo, che non esiste fatalità e che altre soluzioni sono sempre possibili.
Chi lotta può vincere, chi non lotta ha già perso
Un saluto fraterno e solidale alla vostra lotta giusta e legittima.
Gérard Cazorla