Dopo l’accordo milionario stretto con le cliniche private convenzionate campane, per 3.000 posti letto aggiuntivi a disposizione di una rete ospedaliera pubblica tenuta ancora colpevolmente allo sbando, De Luca colpisce ancora. Stavolta a fruire delle risorse della Regione Campania, in cambio di un incremento delle analisi sui tamponi faringei per il Coronavirus, saranno i laboratori privati, quegli imprenditori della Medicina di Laboratorio che nella nostra regione hanno fagocitato, col placet di chi si è avvicendato a palazzo Santa Lucia negli ultimi quinquenni, l’intero comparto della diagnostica ospedaliera, arrivando a costruire pian piano un vero e proprio impero economico. Federlab, l’associazione che riunisce tutti gli imprenditori della Diagnostica di Laboratorio privata in Italia, conta 2.000 strutture sul territorio nazionale. Di queste ben 700 – più di un terzo! – nella sola Campania.
Essere ostaggio dei privati per un qualsiasi prelievo di sangue, per una TAC, per una Risonanza, sappiamo bene cosa significhi già in “tempi di pace”: per circa quattro mesi all’anno la Regione Campania riesce a “comprare” questi servizi dai soggetti terzi anziché erogarli attraverso le strutture pubbliche, rimborsandoli direttamente e lasciando a ciascuno di noi la “sola” spesa del ticket.
Per tutto il resto dell’anno, però, una volta saturato il tetto di spesa massimo consentito alla Regione, ci è imposto il solito, rituale, calvario: i centri convenzionati iniziano a ridurre all’osso i servizi e a indire scioperi pur di fare pressioni sulla Regione per l’estensione dei rimborsi o per la loro pronta copertura, senza la quale peraltro scaricano volentieri sulla forza lavoro le mancate entrate, a colpi di ritardi nelle erogazioni degli stipendi e minacce di licenziamenti.
Nel frattempo, fatti salvi i periodi di serrate e di scioperi indotti, chi può pagare da sé continua a recarsi nei laboratori – scoprendo spesso che il costo delle prestazioni al pubblico è ben più basso di quello del ticket e di quello accordato alla stessa Regione in regime di convenzione – pagando al 100% servizi per i quali già versa le proprie tasse, direttamente al privato. Al contrario, chi non ha questa disponibilità di denaro e sarebbe esentato dal costo del ticket, è costretto semplicemente a rinunciare ai propri esami o ad aspettare il rinnovo delle convenzioni, spesso con gravi danni per la propria salute.
In questo rituale tira e molla fra istituzioni e privati, la garanzia del diritto alla salute diventa opzionale, merce su cui speculare: soldi e profitti da un lato, garanzie politiche e clientelari dall’altro, sono il carburante di questa impietosa coazione a ripetere, per cui nessuno degli attori in campo ha interesse a ridiscutere lo status quo, programmando, ad esempio, una progressiva reinternalizzazione di questi servizi nel pubblico; o, almeno, la verifica degli standard delle prestazioni erogate nel privato, il rispetto dei criteri di accreditamento, le condizioni lavorative e contrattuali degli operatori, i numerosi conflitti d’interessi che vedono le stesse figure dirigere
dipartimenti di Medicina di Laboratorio e Diagnostica Strumentale nel pubblico, a scartamento ridotto, per poi arricchirsi con gli stessi servizi nel privato.
Arrivati in tempi di Coronavirus, fanno sorridere amaramente le lacrime di coccodrillo versate dal nostro governatore, quando ci racconta a mezzo Facebook dell’assoluta insufficienza dei laboratori pubblici campani preposti alle analisi dei tamponi faringei, degli strettissimi e altissimi criteri imposti dall’Istituto Superiore di Sanità rispetto ai quali si contano sulle dita di una mano le strutture ritenute idonee: una grave impreparazione che poteva essere prevenuta e che sta costando ritardi inaccettabili nella somministrazione dei tamponi e dunque nella verifica delle diagnosi di Covid, con troppe persone costrette ad attendere in casa senza assistenza, aggravandosi e morendo fra le quattro mura domestiche, con molti reparti e Pronto Soccorso in tilt e gravemente contaminati, per l’impossibilità di separare tempestivamente i contagiati dai non contagiati, di individuare e isolare gli operatori infetti, di sanificare gli ambienti a rischio adeguatamente.
Ridurre il numero di tamponi al punto da far scivolare la regione Campania all’ultimo posto rispetto a tutto il resto d’Italia è stata una scelta che sta concretamente costando vite, salute, la tenuta del servizio sanitario regionale.
Una miseria a cui fa da contraltare l’ipocrisia con cui Federlab ha lanciato a mezzo stampa la propria disponibilità a subentrare per queste analisi, facendo pressioni crescenti su Palazzo Santa Lucia. Quanto c’è da fidarsi davanti a privati che ci raccontano la loro preoccupazione per il nostro stato di salute collettivo, che si propongono di “fare la propria parte” in stato di emergenza, senza nulla a pretendere, scoprendo improvvisamente un’insolita filantropia?
A far cadere la maschera di Regione Campania e imprenditori ci ha pensato semplicemente il tempo, peraltro poco.
È bastata la scoperta, grazie a un’inchiesta giornalistica de La Repubblica Napoli, di un accordo informale e fuori legge con un grande laboratorio privato di Casalnuovo, l’Ames, presso cui l’Istituto Zooprofilattico di Portici avrebbe trasferito personale e attrezzature, portando, senza alcuna garanzia di qualità e senza alcuna validazione, i test eseguiti ogni giorno da una media di 58 a oltre 700 unità. I diretti responsabili di questo accordo continuano a sostenere che si tratti di una collaborazione “pro bono”, eppure – sarà
sicuramente per una strana coincidenza – quasi contemporaneamente, fra i due istituti, è stato sbloccato un bando che aggiudica alla società privata 750.000 euro per un rapporto di collaborazione.
Come giustificare questa spesa pubblica, sottesa peraltro da un palese illecito nell’affido diretto di questo incarico? Caduta la scusante della “filantropia”, e quella dell’emergenza per cui, come dichiarato dai responsabili dell’accordo: “In tempi di Covid cos’è nella norma?!”, i portavoce della Regione si sono spinti a spiegare assurdamente che si tratti di una requisizione! Eppure noi sappiamo che “requisire” quanto necessario ai privati per potenziare il servizio pubblico, cosa che peraltro è nelle possibilità del governatore De Luca, è cosa esattamente opposta rispetto a paracadutare attrezzature e personale del servizio pubblico in una struttura privata peraltro già profumatamente pagata. E non è un caso che questa “collaborazione” – a condizioni invertite e dai contorni oscuri – la si sia dovuta rapidamente sanare, da qui la rocambolesca pubblicazione di un
bando estemporaneo per una gara al massimo ribasso da parte della So.Re.Sa. (società regionale dedicata alla spesa sanitaria), aggiudicato dalla stessa Ames, da Cmo Srl, dal Laboratorio Panolfi Sas e dalla Sdn, di proprietà della multinazionale Synlab. Con uno standard di almeno 500 analisi su tamponi da garantire ogni giorno, limitati drasticamente i concorrenti, il bando è stato sostanzialmente cucito addosso a questi partner. Il tutto con la paradossale esclusione del Cotugno dalla commissione esaminastrice delle offerte, nonostante sia
questo l’unico istituto deputato dal governo nazionale a validare eventuali altri laboratori.
Siamo stanchi di istituzioni che usano denaro pubblico per elargire favori a privati, senza dar conto né delle spese, né delle dubbie relazioni politiche e clientelari che si tengono con essi. Siamo stanchi di quei tanti altri imprenditori che sotto lo scudo della Federlab protestano per un bando troppo stringente, come se in gioco ci fossero solo i loro interessi e non le nostre vite. Siamo stanchi che tutto questo sia considerato “prassi”, “normalità” davanti a cui non provare nemmeno un minimo di pudore; siamo stanchi di uno spreco di denaro che non sedimenterà nessun tipo di investimento nel servizio pubblico a conclusione di questa ondata di contagi e che rischia di essere del tutto inefficace anche per dare una sterzata alla condizione in cui è precipitata la nostra sanità davanti ad un’ “Emergenza Covid” prodotta anche se non soprattutto da ritardi e inadempienze. Infine, non riteniamo accettabile che questa situazione renda qualsiasi provvedimento consentito, mentre a noi è suggerito semplicemente di restare a casa e impastare dolci pasquali, come a poterci facilmente distrarre dalla sospensione di qualsiasi scampolo di trasparenza e democrazia.
In tempi di emergenza non possiamo abbandonare la funzione di controllo delle nostre istituzioni. Della spesa sanitaria in primis. Perché emergenza nel nostro Paese ha sempre fatto rima con corruzione e grandi affari per pochi e sprechi a danno di molti. Se mettiamo in fila una dietro l’altra le spese della Regione Campania di queste ultime settimane, c’è più di un motivo per stare in allarme. L’acquisto di un milione di kit rapidi di dubbia affidabilità, tanto sbandierato nelle scorse settimane, come dovremmo considerarlo, solo per fare un altro esempio, adesso che si rilancia con forza sulle analisi dei tamponi faringei?
Stiamo all’erta, organizziamoci per stargli col fiato sul collo. Perché senza controllo popolare
all’emergenza sanitaria rischiano di aggiungersi mali altrettanto pesanti.