PADRONI ASSISTITI, LAVORATRICI E LAVORATORI ALLO SBANDO. CHIUDE IL PORTO CANALE DI CAGLIARI.
Lo scorso 2 settembre è stato firmato l’accordo per la cassa integrazione per le lavoratrici e i lavoratori del porto canale di Cagliari. Il provvedimento ora si trova al Ministero dello Sviluppo economico per la ratifica finale. 210 persone avranno una boccata di ossigeno, pari all’80 percento del loro stipendio, per il prossimo anno, ma oltre a questo non hanno ricevuto alcuna garanzia per la ripresa delle attività del porto e, c’è da scommetterci, si troveranno di nuovo punto e a capo il prossimo settembre 2020.
Se questa è la cosa più grave di tutta la vicenda, non possono passare inosservati i termini per la concessione della CIG, tutti a vantaggio dei padroni della CICT che gestisce il porto per conto della Contship, una delle sei multinazionali che si spartiscono l’intero traffico marittimo nel mondo.
L’accordo prevede infatti che i tempi di preavviso della messa in cassa integrazione siano riassorbiti nei 12 mesi di CIG (quindi di fatto l’ammortizzatore si riduce di conseguenza). Questo perché la CICT ha dichiarato di non poter pagare il misero 9% di cassa integrazione che dovrebbe garantire per legge. Meno male che con questo accordo ci pensano lavoratrici e lavoratori a devolvere in beneficenza, alla CICT, questa cifra. Anzi, secondo quanto riporta il comunicato USB, che non ha firmato l’accordo, la CICT andrebbe pure a guadagnarci, visto che la somma risparmiata con l’assorbimento del preavviso andrebbe oltre quella che dovrebbe conferire per coprire il 9% della CIG. Un capolavoro!
Insomma, lavoratrici e lavoratori alla fine daranno anche una sorta di TFR all’azienda che li sta licenziando, un regalino di fine rapporto che loro invece vedranno, si spera, solo alla fine della CIG.
Verrebbe da dire “Su mundu a fundu in susu” (il mondo alla rovescia), se non fosse che, oltre le apparenze, il mondo è sempre andato così, con lavoratrici e lavoratori che assistono il padronato accattone.
I padroni non sono mai chiamati a pagare, che si tratti di salario minimo (visto che le proposte allo studio finora prevedono che non siano loro a pagare, ma lo Stato, e quindi lavoratrici e lavoratori) o di cassa integrazione, sono di fatto la categoria che storicamente si è avvantaggiata di più dell’assistenzialismo statale.
L’unica soluzione per una realtà strategica per la Sardegna come il porto canale è quella di renderla pubblica e farla gestire a lavoratrici e lavoratori che in questi mesi di vertenza hanno dimostrato, negli scambi d’opinione che abbiamo avuto con loro, di avere una visione del futuro molto più dettagliata e informata di quella dimostrata dalla CICT in questi anni di abbandono e di paludamento (non solo metaforico) del porto.
Come ha detto un lavoratore del porto a commento di questi sviluppi: “Facendo un rapido calcolo, nella mia situazione, […] Sono quasi 6000 euro in omaggio ad un’azienda che mi sta licenziando!”
BASTA CON L’ASSISTENZIALISMO AI PADRONI!
RIPRENDIAMOCI QUELLO CHE E’ NOSTRO!