“10.000 assunzioni a tempo indeterminato, tra cui giovani, laureati e qualificati, da immettere nelle PA della Campania: è il Piano per il Lavoro che abbiamo presentato oggi” (Vincenzo De Luca, 13 giugno 2018 – Facebook)
“La prossima settimana approviamo la delibera con la quale diamo mandato al Formez di avviare le procedure selettive per il Piano per il Lavoro della Campania: 10mila giovani diplomati e laureati che entrano nella Pa. La misura più efficace contro la povertà è il lavoro” (Vincenzo De Luca, 5 ottobre 2018 – Twitter)
“L’8 luglio sarà presentato il bando per il piano del lavoro in Campania. Finalmente 10mila posti di lavoro per giovani diplomati e laureati della Regione” (Vincenzo De Luca, 29 giugno 2019 – il Mattino)
Il Piano per il Lavoro avrebbe dovuto portare all’assunzione di 10 mila dipendenti entro il 2020 ma, allo stato attuale, è attivo un corso-concorso che, a fronte di 304 mila domande presentate, vede la partecipazione di 1.880 concorrenti. È da evidenziare che l’estrema complessità della procedura e una cattiva gestione della fase selettiva hanno ridotto il numero dei partecipanti ben al di sotto dei posti previsti nel bando (circa 2.200).
“Vanno a lavorare i primi 2.500 giovani che hanno vinto il concorso della Regione Campania” (Vincenzo De Luca, diretta del 12 giugno 2020)
La realtà è ben diversa: solo il 29 luglio circa 2 mila candidati iniziavano la fase di formazione e rafforzamento della durata complessiva di dieci mesi, al termine della quale i candidati avrebbero dovuto sostenere una prova scritta ed una prova orale.
Eppure le dichiarazioni di De Luca, seguite dalla richiesta degli locali di assumere tutti i borsisti e dall’approvazione del D.L. 44/21 che permetteva di concludere la procedura senza ulteriori selezioni, hanno generato nei tirocinanti la sensazione che si fosse vicini a una soluzione definitiva della vicenda.
Una successiva nota del RIPAM, l’ente che si è occupato della procedura, ha però gelato tali aspettative prevedendo una prova scritta nel mese di giugno; tale prova, svolgendosi pochi giorni dopo la fase formativa e con modalità ancora da stabilire, crea gravi incertezze sull’esito dell’intera procedura.
A quasi un anno di distanza dalle dichiarazioni di De Luca appare chiaro il loro carattere propagandistico; quelli che nel giugno 2020 erano i vincitori di un concorso a disposizione delle pubbliche amministrazioni, oggi sono in attesa di sostenere un’ulteriore selezione che potrebbe rendere inutile il cammino fin qui intrapreso.
“SENZA ESAME NON SI ENTRA NELLA PA.
Lo dice il nome: il corso-concorso bandito dalla Regione il 9 luglio 2019 è una procedura che prevede due distinte fasi, quella del corso e quella del concorso […]
Ricapitolando: i primi due test sostenuti dai candidati servivano soltanto per essere ammessi al corso, ma esclusivamente la prova scritta post-formazione e la prova orale costituiscono le selezioni concorsuali per essere assunti nella Pa[…]
Per essere chiari: la formula del corso-concorso assomiglia alla procedura per prendere la patente. Frequentare il corso non dà l’abilitazione alla guida. Chi lo lascia intendere non soltanto mostra o finge di ignorare il bando, ma evoca implicitamente la violazione delle norme che regolano l’accesso alla Pa” (Renato Brunetta, lettera a Il Mattino del 19 aprile 2021)
Queste affermazioni offendono la dignità di quasi duemila persone che hanno dovuto superare una prova preselettiva, una prova scritta e una fase di formazione e lavoro presso le amministrazioni; un iter lungo e tormentato che ha portato a selezionare, tra i 300 mila candidati, un numero di tirocinanti (1.880) addirittura inferiore ai posti previsi nel bando.
Ma questa dichiarazione è scorretta anche da un punto di vista prettamente giuridico: il bando qualifica infatti la seconda prova sostenuta quale “prova selettiva scritta” che, previo il superamento della soglia di 21/30, concorre alla determinazione della graduatoria finale.
Non si spiega quindi la previsione di un’ulteriore prova scritta quando il D.L. 44/21 determina, per i concorsi in svolgimento, la necessità di effettuare tale selezione solo qualora non si fosse già svolta una prova analoga in precedenza.
Altro che operazione verità! Con queste affermazioni il ministro Brunetta dimostra, quanto meno, di non conoscere la questione e l’appello alla “selettività” dei concorsi pubblici è davvero poco credibile alla luce dei recenti orientamenti in materia di accesso al pubblico impiego.