L’emergenza dovuta al Covid-19 ha fatto esplodere delle contraddizioni già esistenti nella nostra società e dunque nella nostra città, le disuguaglianze sociali ed economiche sono evidenti agli occhi di chiunque e nella maggior parte dei quartieri della nostra città (e non solo chiaramente) ci ritroviamo a combattere un’epidemia ben antecedente a questa, un’epidemia sociale: la miseria.
L’iniziativa dei “pacchi spesa” portata avanti dal Comune di Catania, sin dall’inizio dell’emergenza, si è rivelata un vero e proprio disastro su diversi aspetti. Le persone e le famiglie che in questo momento stanno attraversando un periodo di forte crisi sono tantissime e si dividono, pressoché, così: c’è chi si ritrovava già e chi, invece, si sta ritrovando adesso, in questi mesi, in condizioni economiche precarie o di povertà assoluta. Perciò, sono state numerosissime le richieste per ricevere questi pacchi spesa dal Comune, più di due mila nuclei familiari hanno fatto richiesta.
Basandoci sulla nostra diretta esperienza tra la nostra iniziativa di solidarietà popolare dei pacchi spesa e il nostro controllo popolare sull’iniziativa del Comune, abbiamo potuto notare che:
- Innanzitutto i criteri per rientrare nella distribuzione comunale dei pacchi spesa sono troppo alti: bisogna o non percepire nessun tipo di reddito oppure, qualora lo si percepisse, non deve superare la soglia di 600€. Inoltre, bisogna considerare che i percettori di ammortizzatori sociali (quali NASPI, ASDI e DIS-COLL) e di Cassa Integrazione devono, sempre, ricevere meno di 600€.
Considerando che, riguardo a questi ultimi, il governo è tremendamente in ritardo, a moltissime famiglie, non solo non vengono accettate le domande per ottenere il pacco spesa, in più, non arrivano nemmeno gli ammortizzatori sociali richiesti che, forse, si prospetta arrivino a maggio.
Per di più, queste misure non tengono assolutamente conto della composizione del nucleo familiare al quale vengono indirizzati questi pacchi. I motivi principali sono due: il primo, risiede nei criteri economici, poiché non si considera minimamente che, anche se si percepisse un reddito poco superiore di 600€, quest’ultimo potrebbe (sicuramente) non bastare per una famiglia con 5,6 o più componenti e/o con bambini eccessivamente piccoli, per i quali i beni di prima necessità sono molto più costosi; il secondo, consiste proprio nella composizione del pacco stesso, standard per tutte le famiglie, che sia una famiglia con 2 persone o una di 6 persone con anziani o bambini poco conta per il Comune, il pacco è uguali per tutti.
Chiaramente, i fattori sopra indicati sono problematici dal momento in cui la preoccupazione principale sembra non essere il vero benessere della popolazione e quindi delle famiglie in difficoltà, piuttosto sembra essere la dimostrazione semplicistica che il Comune “sta facendo del bene”.
- In secondo luogo, un altro problema riscontrato è quello delle tempistiche e delle risorse impiegate per far sì che la distribuzione sia realmente efficiente e rivolta al bene comune. In questo momento, il Comune, si ritrova a consegnare ancora i pacchi della prima distribuzione nell’intero territorio catanese. Questo è problematico poiché implica che, se una persona ha ricevuto il pacco all’inizio della distribuzione ai primi di aprile, si ritrova dopo ben due settimane senza aver ricevuto il secondo pacco, chiaramente avendo consumato il primo, si viene a creare realmente una condizione tragica di povertà per la quale non si sa nemmeno con cosa poter mangiare.
La lentezza in questo caso è dovuta al fatto che il Comune non ha messo a disposizione, non assumendo nessuno, delle persone che si occupino della distribuzione ed ha lasciato l’intero compito ai membri della protezione civile (pochissimi) ed ai volontari che, tra le diverse associazioni e i gruppi vari, si sono letteralmente presi carico di questa responsabilità.
Questo, come pocanzi anticipato, è lo specchio sia dell’indifferenza da parte del Comune di assumere quante più persone possibili per riuscire a consegnare i pacchi in un tempo decente, sia della mancata messa in atto della Rete delle Associazioni presenti nel territorio, istituita nel 2014, ma mai realmente attivata durante gli anni.
Chiaramente, l’autoorganizzazione delle varie realtà, come noi, che in questo momento stanno cercando di far fronte all’emergenza, mettendosi a disposizione nella consegna dei pacchi, non è sempre sufficiente per affrontare la grave crisi dovuta al Covid-19 ma, è indispensabile per far sì che tutte le famiglie ottengano la spesa prima che muoiano di fame per la lentezza e l’insufficienza del personale del Comune.
- In più, non concepiamo come ancora moltissime famiglie non siano state soddisfatte o accettate, considerando che, sulla base della nostra esperienza per fare un pacco alimentare (in base al numero di componenti nel nucleo familiare) ci vogliono dai 15€ ai 25€, il Comune ha raccolto nella sua raccolta fondi “Catania aiuta Catania”, indirizzata solo ed esclusivamente ai pacchi spesa, più di 350mila euro. Facendo una media si riuscirebbero, con questi soldi, ad avere un totale di 17.500 pacchi spesa, utilissimi a fare davvero la differenza e non lasciare indietro nessuno. Perciò, ci chiediamo come sia possibile tanta lentezza e soprattutto tanta noncuranza nei confronti di chi realmente sta affrontando questo periodo con una difficoltà senza precedenti.
Vista la quantità di soldi raccolti e la quantità di pacchi che, con essi, si potrebbero avere e distribuire, chiediamo un immediato allargamento dei criteri, grazie ai quali le famiglie potranno vivere dignitosamente durante l’emergenza, alzando la quota massima dei vari redditi e degli ammortizzatori sociali che, ad oggi, ammonta a 600€ e che, se superata, non fa rientrare le famiglie nell’accettazione delle domande dei pacchi spesa, e sollecitiamo, inoltre, il Comune a provvedere nel più breve tempo possibile la consegna di tutti i pacchi alle famiglie che hanno fatto richiesta e che sono state accettate, in modo da proseguire con la seconda distribuzione e via dicendo.
Per quanto riguarda, invece, i buoni spesa comunali, con l’ordinanza del 29 marzo, la Protezione Civile ha stanziato 400 milioni di euro da distribuire tra tutti i comuni italiani al fine di istituire questi buoni spesa, spendibili per l’acquisto di beni di prima necessità e consentire alle persone più bisognose di far fronte ad un’emergenza che da sanitaria è diventata subito anche economica e sociale. I soldi arrivati nelle casse del Comune di Catania ammontano a poco più di 2.5 milioni di euro: in questo modo si è potuto procedere alla creazione di buoni da 400 euro, di cui 300 spendibili per alimenti e 100 spendibili per altri prodotti di prima necessità. La Regione nel frattempo ha deliberato il 29 marzo lo stanziamento di ulteriori 100 milioni di euro: il Comune di Catania da questi dovrebbe poter attingere ad una somma complessiva di 6.2 milioni di euro. Sono cifre importanti, da cui però dopo quasi 20 giorni ancora non è possibile attingere, dato che non si trova alcun provvedimento che accerta il trasferimento dei fondi.
Tuttavia, ci sentiamo in dovere di fare un bilancio dal momento in cui notiamo alcune importanti problematiche.
- La prima, quella del totale dei fondi disponibili a fronte delle richieste: dal 2 al 10 aprile sono state fatte oltre 16 mila richieste. Gli ultimi dati a disposizione, risalenti al 18 aprile, parlano di 8500 richieste esaminate, di cui solo 3496 esitate positivamente ma soltanto 2226 di queste hanno già ricevuto il buono. Attualmente, dunque, circa il 41% delle richieste esaminate è stato accettato.
Probabilmente, quindi, la maggior parte delle persone che hanno fatto richiesta verrà esclusa, a causa degli stretti criteri stabiliti.
Considerando che i 2.5 milioni di euro stanziati dalla Protezione Civile basteranno a soddisfare circa 6.3 mila domande, è evidente l’enorme gravità di una situazione in cui meno della metà delle famiglie bisognose riceveranno i 400 euro, che assumono in questa fase un’importanza letteralmente vitale. - La seconda riguarda i criteri di accesso, se li andiamo a vedere, si può leggere che usufruiranno di questi aiuti:
– persone e nuclei familiari che versano in stato di bisogno già note ai servizi sociali;
– persone e nuclei familiari più esposti agli effetti economici derivanti dall’emergenza sanitaria che si trovano in stato di bisogno con mancanza di denaro/liquidità a causa della perdita di lavoro, dando priorità ai soggetti e nuclei familiari che disoccupati/inoccupati non beneficiano di sostegno pubblico (RDC-REI-NASPI-Indennità di mobilità-Cassa Integrazione Guadagni ed altre forme di sostegno). Si ricomprendono in tale categoria anche coloro i quali sono titolari di aziende in forma singola o associata e titolari di partita IVA che hanno dovuto chiudere o che hanno subito drastiche diminuzione di reddito, lavoratori occasionali che pur avendo contratti attivi, hanno subito una contrazione del lavoro;
– persone e nuclei familiari in stato di bisogno ma percettori di sostegni pubblici, solo dopo avere esaurito la platea dei soggetti e nuclei familiari di cui sopra.
Nessuna traccia dunque del numero e della composizione dei componenti nei nuclei familiari. Questo significa che una famiglia di 5 componenti di cui magari 3 sono bambini piccoli, riceve lo stesso buono di una persona che vive sola. Erogare il buono senza tener conto di questi fattori riteniamo sia una mancanza molto grave che mette a repentaglio lo stesso principio per cui i buoni sono stati istituiti.
A fronte di tutto ciò, chiediamo subito un allargamento dei criteri e una modifica degli stessi in modo che tenga conto del numero e della composizione dei nuclei familiari e la garanzia che chi risulta idoneo, possa effettivamente usufruire del buono spesa.
Riteniamo dunque necessaria da parte del comune una forte presa di posizione nei confronti della regione: la situazione è critica e servono subito i fondi che l’ARS ha stanziato che, permetterebbero di far usufruire del buono spesa a tutte le famiglie che finora hanno esposto richiesta, senza escludere nessuno!