Leggere i documenti del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP) mi rende cupo. Tutto sembra terribile. Ciò è dovuto in gran parte ai processi sociali messi in moto dal capitalismo, compreso lo sfruttamento intensivo della natura e la dipendenza dai combustibili fossili. Ad esempio:
1. Degli otto milioni di specie di piante e animali presenti sul pianeta, un milione è a rischio di estinzione.
2. La principale minaccia per la maggior parte delle specie a rischio di estinzione è la perdita di biodiversità causata dalla produzione capitalista dell’agroalimentare.
3. La produzione agricola – che attualmente rappresenta oltre il 30% della superficie terrestre abitabile – è responsabile dell’86% delle perdite previste di biodiversità terrestre a causa della conversione dei terreni, dell’inquinamento e del degrado del suolo.
Questi sono solo tre dei centinaia di punti che potrebbero essere sollevati da altrettanti documenti scientifici. È importante sottolineare il fatto che il degrado ambientale non è stato causato dagli esseri umani in generale, ma da un determinato sistema di organizzazione della società che chiamiamo capitalismo.
Se scomponiamo questo concetto indifferenziato di umanità per Paese, emergono divisioni nette. Se tutti vivessero come una persona media negli Stati Uniti, avremmo bisogno di cinque Terre. Se tutti vivessero come una persona media nell’Unione Europea, avremmo bisogno di 3 Terre. Se tutti vivessero come un indiano, avremmo bisogno di 0,8 Terre. Se tutti vivessero come una persona dello Yemen, avremmo bisogno di 0,3 Terre. Un concetto indifferenziato di umanità nasconde le grandi differenze esistenti nel mondo e sopprime il bisogno di alcuni popoli, come quello yemenita, di aumentare i propri consumi per poter vivere in modo dignitoso.
Il concetto di Antropocene nasconde più di quanto riveli.
Il nostro team in Brasile sta attualmente lavorando a una serie di pubblicazioni sulla crisi capitalista del clima e dell’ambiente che saranno distribuite alla COP30. Dalla nostra analisi emerge già chiaramente che non c’è alcuna soluzione nel “capitalismo verde”; come ha scritto Jason Hickel in una delle nostre newsletter panafricane, è il capitalismo stesso il problema che dobbiamo affrontare. Di seguito trovate alcune richieste preliminari che vanno oltre la facciata del capitalismo verde.
2. I governi mondiali devono rafforzare i propri accordi e gli obblighi previsti dai trattati. È importante notare che, a causa delle pressioni esercitate dagli Stati Uniti e dall’Unione europea, nessuno dei principali accordi sul clima ha adottato un linguaggio forte in materia di risarcimento, o di ciò che è noto come “perdite e danni” (cioè riparazioni climatiche). I contributi al fondo per le perdite e i danni sono volontari, come dimostrano una serie di processi e trattati, dalla UNFCCC del 1992 al Meccanismo internazionale di Varsavia del 2013, all’Accordo di Parigi del 2015, al Patto di Glasgow sul clima del 2021 e all’accordo sul Fondo per le perdite e i danni del 2022.
4. L’economia globale deve essere riformata attraverso una riforma agraria. Tale riforma deve privilegiare un’agricoltura democratica e scientifica che protegga il suolo, l’acqua e l’aria. I governi devono condurre studi per valutare cosa significhi ristrutturare l’agricoltura al fine di affrontare la catastrofe climatica e ambientale. Abbiamo bisogno di nuove forme di mappatura agro-climatica e di dati che ci aiutino a capire come sfruttare le conoscenze delle comunità locali per proteggere l’ecosistema naturale, trovando al contempo modi per utilizzare in modo sostenibile le risorse naturali a beneficio di tutti. Tale mappatura ci aiuterà a capire meglio come combattere la deforestazione e promuovere il rimboschimento, come sfruttare correttamente le risorse idriche per il nostro consumo e per la produzione di energia e come regolamentare le attività minerarie per estrarre risorse dalla terra senza causare catastrofiche distruzioni sociali e ambientali. Possiamo, ad esempio, impegnarci a raggiungere la deforestazione netta zero entro il 2027?
Salgado apprezzava molto il lavoro di Tricontinental e di tanto in tanto inviava una nota di apprezzamento per il materiale che produciamo. Ci inchiniamo in segno di rispetto per il suo grande contributo all’umanità.
Con affetto,
Vijay
*Traduzione della ventitreesima newsletter (2025) di Tricontinental: Institute for Social Research.
Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.