Prima EAV, ora ANM. La crisi dei trasporti viene scaricata su cittadini e lavoratori. ANM ha deciso di ridurre i servizi offerti da un già disastrato trasporto pubblico urbano.
Quale risultato produrrà la cancellazione di metà delle corse giornaliere, il mancato rinnovo dei contratti di 40 lavoratori interinali, la prefigurazione del fondo bilaterale per altri 573?
Un inevitabile affollamento dei mezzi, con la impossibilità di rispettare la norma che impone di garantire a bordo il 50% della capienza massima. Con un concreto rischio per la salute degli utenti del trasporto pubblico e di tutta la nostra comunità.
Ma, anche, un peggioramento della situazione lavorativa dei dipendenti. Sempre nel mirino di un’utenza frustrata, stanca, arrabbiata, e che l’azienda non mette nelle condizioni migliori per poter operare. Questo deterioramento, vissuto tanto dagli utenti quanto dai lavoratori, è stato più volte denunciato dal sindacalismo di base che, tanto in ANM quanto in altre partecipate del Comune di Napoli, avrebbe dovuto ricevere maggiore ascolto – e non la criminalizzazione cui è stato spesso sottoposto – perché, sottolineando le criticità apriva la porta a un trasporto pubblico migliore per tutta la città. Oggi non basta la promessa di riassunzione dei 40 lavoratori interinali entro il 31 gennaio 2021, né l’anticipazione della cassa integrazione da parte dell’azienda – pur essendo ovviamente passi positivi.
Dinanzi alla pandemia occorre infatti andare nella direzione opposta a quella prospettata da ANM. Serve rafforzare il trasporto pubblico nell’immediato e, al contempo, cominciare a gettare le basi per una mobilità sostenibile da implementare nella cornice di una più complessiva transizione ecologica. Da questo punto di vista il taglio di ulteriori 20 milioni di euro previsto dal bilancio del Comune di Napoli non fanno ben sperare. Così come l’abbandono dell’idea di un’azienda unica del trasporto metropolitano, lanciata in campagna elettorale e poi repentinamente scomparsa. Che, invece, serve. Addirittura sul piano regionale. Così come serve investire in piste ciclabili, nella configurazione delle “zone 30”, muovendosi verso una città in cui i servizi di ogni tipo siano a portata di mano e non una chimera.
Le condizioni in cui si è trovata a operare negli ultimi anni ANM sono state certamente complicate. Il taglio dei fondi da parte del Governo, l’ostruzionismo da parte della Regione Campania sono dati di fatto, accertati anche in sede giudiziaria. E l’aver per ora scongiurato la privatizzazione – soluzione ideale anche per alcuni consiglieri che in queste ore si affrettano a scrivere comunicati giusto per il gusto di attaccare l’amministrazione De Magistris – è sicuramente positivo.
Ma non è sufficiente. Il trasporto pubblico urbano è un architrave di un progetto di futuro di una grande metropoli come Napoli. Maciullarlo non può essere la soluzione. Né per l’oggi, né tanto meno per il domani.
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