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AUTONOMIA DIFFERENZIATA: TUTTI I NODI VENGONO AL PETTINE!

La Corte Costituzionale ha deciso: non ci sarà alcun referendum sull’autonomia differenziata!

La sentenza della Consulta è stato un duro colpo per chi sperava di coinvolgere i cittadini su un argomento tanto importante; la vittoria referendaria avrebbe, inoltre, offerto un sonoro ceffone a chi (in maniera più o meno velata) vorrebbe affossare definitivamente l’idea di solidarietà, fomentando una guerra tra regioni che può concludersi in un solo modo: il progressivo smantellamento dei servizi pubblici.

Facciamo chiarezza!

Seppure involontariamente, questa pronuncia ha avuto un merito non da poco, sgombrando il campo da un malinteso a lungo cavalcato, in maniera strumentale, da importanti forze politiche.

Infatti, l’opposizione parlamentare ha fatto di tutto per confondere le acque, dando l’impressione di voler combattere l’autonomia differenziata mentre cercava semplicemente di cancellare (o moderare) la versione offerta dal governo Meloni, invertendo così la causa con l’effetto.

Senza voler esprimere un giudizio tecnico sulla vicenda, non è un caso se il comunicato della Corte Costituzionale che annuncia la bocciatura del referendum insiste proprio su questo punto.

In altre parole, l’impianto della legge Calderoli è stato completamente stravolto dalla sentenza dello scorso 14 novembre, per cui un referendum che miri ad abrogare questa norma darebbe ai cittadini la possibilità di esprimere un giudizio complessivo sull’autonomia differenziata.

Sarebbe una cosa bellissima ma ciò non può avvenire attrverso un referendum abrogativo dal momento che la riforma del titolo V ha di fatto blindato questo istituto, inserendolo nel testo costituzionale.

Il centro-sinistra alla prova dei fatti

La pronuncia della Consulta pone il Partito Democratico (e i suoi alleati) di fronte a un bivio perché, nonostante i toni bellicosi degli ultimi periodi, queste forze politiche hanno dimostrato in più occasioni (qui, qui e qui) di voler conservare questo istituto, contrapponendo alla riforma cattiva voluta dai leghisti una sorta di autonomia dal volto umano.

Su questo bisogna essere molto chiari: l’autonomia differenziata, in qualunque modo venga attuata, finirà inevitabilmente per aumentare le diseguaglianze territoriali, mentre il principio di universalità dei diritti sarà spazzato via da una nuova ondata di privatizzazioni condotta regione per regione.

Alzare il tiro!

La sentenza che ha escluso la via referendaria costringe le forze politiche e sociali a riconsiderare gli obiettivi a medio e lungo termine.

Potere al Popolo non si arrenderà certamente davanti a questa impasse, anche perché non abbiamo mai creduto che sarebbe bastato cancellare la legge Calderoli per ricucire il Paese.

La pronuncia della Consulta conferma, ancora una volta, che non è possibile lottare contro l’autonomia differenziata senza mettere in discussione la riforma del titolo V, uno dei capisaldi del  processo che ha svuotato l’universalità dei servizi pubblici grazie al consenso unanime delle principali forze politiche.

La nostra lotta, i nostri obiettivi

I promotori della campagna referendaria sono chiamati a fornire una risposta alle tantissime persone che si sono attivate in questi mesi, rifiutando il modello federalista in nome di un principio tanto semplice, quanto radicale: lo Stato deve garantire gli stessi diritti dalla Lombardia alla Calabria!

Le prossime settimane costituiranno un banco di prova decisivo per capire chi ha lottato per cambiare davvero le cose e chi ha semplicemente deciso di intestarsi una battaglia, provando a svuotarne il potenziale di rottura.

Potere al Popolo continuerà a combattere contro un’offensiva che prende di mira le condizioni di vita materiali delle classi popolari, senza risparmia alcun settore dell’intervento pubblico; sarà nostro compito ricondurre le singole battaglie in un’unica grande mobilitazione che impedisca lo smantellamento dei servizi pubblici per affermare l’eguaglianza sostanziale dei diritti per tutte e tutti.

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