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IL NUOVO FRONTE POPOLARE E LA FRANCE INSOUMISE SONO IL PRIMO PARTITO DI FRANCIA E DEVONO GOVERNARE.

Cosa accadrà adesso?

I risultati elettorali in Francia sono chiari: il Nouveau Front Populaire (Nfp) è arrivato primo (182 seggi), ottenendo 51 seggi in più rispetto al 2022, secondo il gruppo di centro di Macron (168 seggi), che è il vero sconfitto, con 77 seggi in meno andati ai socialisti e alla destra, solo terzo il Rassemblement national (Rn), che pure si rafforza acquistando 146 seggi, 57 in più rispetto alle scorse elezioni.
All’interno del Nouveau Front Populaire, La France Insoumise (Lfi) di Jean Luc Mélenchon è il primo gruppo e mantiene il risultato del 2022 con 74 seggi , un risultato insperato proprio perché ottenuto in un contesto di attacchi e criminalizzazione costante.
Jean Luc Mélenchon ha già affermato che il governo va affidato al Nfp, che è la prima forza del paese e che intende creare un governo di minoranza.

Come è stata possibile questa vittoria?

Lo abbiamo scritto e lo ripetiamo: La France Insoumise non ha vinto perché ha fatto la grande ammucchiata di centrosinistra come oggi in Italia tutti, da Schlein a Conte, provano a dire. Ha vinto esattamente per il contrario. Ha vinto perchè a partire dal 2008 ha rotto con il centrosinistra francese che, esattamente come in Italia, ha privatizzato, precarizzato, devastato e impoverito le classi popolari di Francia. Lo ha fatto lottando fianco a fianco con le piazze di lavoratori e lavoratrici, di seconde e terze generazioni, che i sindacati di là hanno avuto il coraggio di mobilitare, mentre qui in Italia il sindacalismo concertativo dal 2008 in poi ha fatto da tappo. Lo ha fatto strappando voti e terreno al macronismo e all’ultradestra, mobilitando chi normalmente si astiene perché non vede alternative. Lo ha fatto essendo capace di rompere anche con le altre forze che ora compongono il Nouveau Front Populaire e che probabilmente sono disposte ad andare con Macron. Ha rotto con il PS e il resto della sinistra quando non difendeva i manifestanti e i Gilet Jaunes dalle violenze della polizia, quando non attaccava il fascismo delle forze dell’ordine, ha rotto sull’islamofobia che LFI cerca di combattere mentre altre forze di sinistra no, ha rotto quando con enormi difficoltà ha provato ad entrare nei quartieri popolari, mentre la sinistra tradizionale cercava il voto dei già inclusi.
Se oggi Lfi è stata costretta a trovare un compromesso con forze screditate come il Partito Socialista, lo ha fatto da una posizione di forza ottenuta in virtù di quella rottura, con un programma ecosocialista che chiede la riduzione dell’età pensionabile, l’aumento del salario minimo e il blocco dei prezzi .

Un primo risultato è stato ottenuto, impedire la vittoria del Rn e il ridimensionamento di Lfi in parlamento.
L’obiettivo di Emmanuel Macron, con le elezioni anticipate, era infatti quello di far sparire Lfi. Non poteva tollerare 70 parlamentari che da due anni stavano facendo una vera opposizione sia ai fascisti che ai liberisti. Non poteva tollerare che il parlamento non fosse in mano sua. Il vero nemico di Macron infatti non è Marine Le Pen, con cui ha votato il no all’aumento del salario minimo e la legge sull’immigrazione più razzista degli ultimi decenni, molto simile ai Decreti Minniti del Pd.
Il vero nemico di Macron è Mélenchon, che con gli insoumis, la sinistra di base e i sindacati ha fatto un miracolo: rovesciato una posizione di debolezza in forza, facendo coincidere gli interessi generali con quelli della propria organizzazione. E riuscendo così sia a fermare l’ultradestra che a confermare i propri parlamentari – alcuni dei quali giovanissimi, combattivi, alcuni lavoratori, di seconda generazione, insomma tutto quello che in Parlamento non è mai rappresentato. Certo, in una posizione difficile hanno dovuto accettare dei compromessi, ma l’hanno fatto mantenendo la barra dritta, tanto che Mélenchon ha già chiarito che non ci saranno accordi con Macron.

Che succederà ora?

Già adesso i media francesi (e quelli italiani, tanto di destra quanto quelli di centrosinistra) ricominceranno a insultare Jean-Luc Mélenchon e La France Insoumise, dandogli dell’antisemita come d’altronde fanno da noi con chi difende il popolo palestinese.
Macron infatti vuole evitare che Mélenchon o un altro membro di Lfi divenga primo ministro, e per questo Mélenchon deve essere criminalizzato dal potere mediatico. Per questo il presidente francese sta già tentando degli accordi con i socialisti, alcuni dei quali sono ben disposti a spezzare in due il fronte popolare per ottenere un governo “tecnico” appoggiato da verdi, socialisti, macronisti e repubblicani, escludendo dunque Lfi e Rn.

Un Governo “tecnico” “lacrime e sangue” sarebbe un enorme regalo all’ultradestra francese, che, ricordiamolo, pur non avendo vinto ha ottenuto il suo più grande risultato alle legislative e che rischia ora di essere sovrarappresentata come unica opposizione al massacro sociale che si prospetta.

Per questo tutto il nostro sostegno va ai militanti e alle militanti de la France Insoumise, ai lavoratori e lavoratrici organizzate nei sindacati combattivi di Francia, ai precari, alle banlieues che hanno votato in massa per La France Insoumise, che dovranno difendere la democrazia dal tentativo di Macron di ritornare sulla scena nonostante 8 francesi su 10 lo abbiano sfiduciato .
A chi cerca in fattori soggettivi – la bravura di Mélenchon, la capacità de La France Insoumise di costruire un’organizzazione a sinistra, mentre noi in Italia saremmo degli “incapaci” o peggio ancora dei “settari” – i motivi del risultato di ieri sera, rispondiamo che questo si è reso possibile solo in presenza e in dialettica con il conflitto costante che ha attraversato la Francia dal 2016 in poi. Senza il fattore oggettivo della mobilitazione popolare, nessuna crescita elettorale è possibile, a meno di snaturarsi andando a cercare consensi in bacini moderati o addirittura reazionari come molti fanno.
Godiamoci intanto l’impazzimento dei liberali e dei fascisti nostrani, che tutto si aspettavano meno che questo risultato. E lavoriamo perché la prospettiva di rottura de La France Insoumise, che è la nostra, cresca anche qui in Italia.

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