Il Presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ha accordato la disponibilità di 3000 posti letto delle cliniche private accreditate locali per i prossimi 3 mesi, per la gestione ospedaliera di pazienti Covid e non Covid. Si rallegra e si congratula. Naturalmente con sé stesso.
In cosa consiste l’accordo?
Non sappiamo ancora quali siano le strutture coinvolte, ma è già noto che ad ogni clinica sarà erogato un forfait pari al 95% del finanziamento mensile già regolamentato dal Decreto Commissario ad Acta (DCA) 48/2018 per i tetti di spesa massimi di accreditamento.
Si tratta di una spesa fissa, che non varierà a seconda del numero di ricoveri e del reale utilizzo di queste risorse aggiuntive, dell’esito e della qualità di questa assistenza, del tipo di prestazioni richieste, che oscillano dai ricoveri in terapia intensiva al supporto per pazienti clinicamente guariti che per qualsiasi motivo non possono stare al proprio domicilio.
Insomma, ai privati verrà corrisposta una bella somma fissa a prescindere dalla quantità e dalla qualità delle prestazioni che effettivamente erogheranno, sia ai pazienti Covid che ai Non-Covid.
Per i posti di terapia intensiva a questa cifra si aggiungerà un rimborso di 1.200 euro al giorno per ogni singola persona ricoverata;
Per i posti di terapia sub-intensiva questa diaria sarà pari a 700 euro al giorno a paziente;
Per tutti i ricoveri, infine, la Regione coprirà le spese per le terapie farmacologiche e l’approvvigionamento di Dispositivi di Protezione Individuali (DPI).
Un buon affare per i privati, insomma. Si dirà che è la scelta obbligata, che davanti all’emergenza non si può andare per il sottile. E che, al massimo, una volta terminata la crisi, potremo guardarci alle spalle per eventuali critiche. Noi però crediamo che guardare in faccia la realtà, comprendere il perché siamo nella situazione attuale, non sia un mero esercizio del pensiero, ma possa aiutare a comprendere che direzione prendere, che correttivi applicare. Insomma, che possa esser d’aiuto a farci uscire dall’emergenza e, al contempo, a gettare le basi per costruire una sanità pubblica che sia efficiente e universalistica non solo a parole, ma nei fatti. Anche perché ci dovrebbe fare schifo chi specula e lascia speculare sui nostri bisogni di cure e assistenza. De Luca ci parla della sua lotta agli sciacalli, a noi interessa individuare dove stiano, che ruoli ricoprano in questa emergenza, soprattutto se si tratta di ruoli istituzionali.
“MANCANO I POSTI LETTO”!
La carenza di posti letto ospedalieri emersa in Campania in queste ultime settimane non nasce, purtroppo, col “coronavirus”: è il prodotto dei tagli che, anche durante gli ultimi 5 anni di governo De Luca, hanno fatto letteralmente a pezzi il nostro servizio pubblico.
È facile prendersela coi governi passati e con i commissari che lo hanno preceduto, molto meno digeribile ammettere che è anche per propria responsabilità se solo per la città di Napoli, negli ultimi 10 anni, sono stati tagliati circa 400 posti, chiusi 4 ospedali, ridimensionate almeno altrettante strutture ormai declassate a poliambulatori, peraltro mai messi del tutto a regime.
Colui che oggi lamenta la carenza di posti letto e interviene costantemente su facebook per rivendicare il suo attivismo per trovarne di nuovi, è lo stesso che con “sufficienza” – per esser buoni! – scherniva i Comitati che si battevano contro la chiusura o il ridimensionamento dell’Ospedale San Gennaro (NA), dell’Ascalesi (NA), dell’Ospedale degli Incurabili (NA), del Pellegrini (NA), dell’Ospedale di Roccadaspide (SA), di Agropoli (SA), di Teano (CE), di Roccaromana (CE), di Capua (CE), di Piedimonte Matese (CE). La persona che oggi ci spiega quanto alcune di queste strutture siano in rovina e difficilmente ristrutturabili in tempi brevi, è la stessa che ci derideva quando rivendicavamo la loro manutenzione, la messa a norma, insieme a un bel pezzo della nostra Regione che non si arrendeva all’idea che “efficienza” dovesse fare rima con chiusura e abbandono.
Chiudere reparti e interi presidi ospedalieri in nome dei risparmi ha sempre significato dover acquistare a costi ben più alti gli stessi servizi in regime di convenzione e veder esplodere la spesa pubblica per sostenere l’emigrazione sanitaria dei cittadini campani in altre regioni.
Il tutto senza che sia mai stata fatta alcuna verifica reale sugli standard di degenza e di cura nelle strutture private, sul reale rispetto dei criteri di accreditamento, né sull’eventuale risparmio derivante da una riattivazione di questi stessi servizi nel pubblico a fine commissariamento, quello tanto sbandierato nei mesi scorsi.
IL RAPPORTO PUBBLICO/PRIVATO. IL RECORD NEGATIVO DELLA CAMPANIA
Se la media nazionale si attesta su 0,75 posti letto in strutture private accreditate ogni 1.000 residenti, la Campania ha un primato nazionale negativo con i suoi 1,6 posti letto ogni 1.000 residenti (Fonte: CGIL FP, 2019), condizione che ha come fine ultimo soprattutto il consolidamento di clientele politiche a spese di noi tutti, come lo stesso De Luca spiegava bene ai suoi fedelissimi nel corso dell’intercettazione divenuta famosa per le sue “fritture di pesce” e in cui definiva l’allora sindaco di Agropoli, Franco Alfieri, “notoriamente clientelare. Come sa fare lui la clientela lo sappiamo. Una clientela organizzata, scientifica, razionale come Cristo comanda”.
Se c’era davvero bisogno di questi posti letto ospedalieri perché non requisire le strutture interessate dall’attuale accordo? O, ancor meglio, perché non precettare il personale e requisire le apparecchiature e i DPI di cui queste strutture sono fornite, per rafforzare immediatamente la rete ospedaliera pubblica esistente e in attesa di ampliamento?
Lo stato di emergenza in cui versa il nostro paese e i DPCM emanati dal Presidente del Consiglio Conte nelle ultime settimane rendono percorribile questa strada. E a niente vale lanciare strali verso il governo, accusandolo del mancato rifornimento di ventilatori, caschi respiratori e mascherine: la scelta di “acquistare” a carissimo prezzo questi servizi è tutt’altro che obbligata e nient’affatto l’unica possibile. È peraltro sicuramente inefficace nel momento in cui non si è ancora in grado di effettuare una pianificazione organica dei fabbisogni di assistenza della nostra popolazione.
PERCORSI DIFFERENZIATI PER PAZIENTI COVID E PAZIENTI NON COVID
Ciò che viene messo in risalto di questo accordo è soprattutto la possibilità di separare l’assistenza ospedaliera per i pazienti affetti da Coronavirus rispetto a quella prevista per i non infetti, limitando così i contagi interni alle strutture. Ci chiediamo perché altrettanta attenzione non sia stata posta finora a questa esigenza nella rete ospedaliera pubblica, nonostante lavoratori del comparto, sindacati, associazioni di categoria abbiano denunciato, fin dai primissimi ricoveri di pazienti affetti da Covid, il mancato rispetto di questi diversi percorsi.
Il sistema assistenziale è andato in tilt proprio per questa ragione, comportando peraltro l’esplosione di contagi evitabili sia fra le fila del personale sanitario, sia fra quelle di pazienti trovatisi a condividere gli stessi spazi con ricoverati altamente infettivi, con un effetto a cascata oggi davvero difficile da gestire.
Intervenire seriamente su questa contraddizione non significa limitarsi ad estendere i posti letto disponibili, attraveso il coinvolgimento di strutture private o mediante l’allestimento di ospedali da campo di cui non resterà alcuna traccia a fine emergenza, ma mettere a verifica prima di ogni altra cosa il rispetto dei criteri di contenimento e prevenzione dei contagi ospedale per ospedale, inchiodando alle proprie responsabilità le figure dirigenziali rivelatesi inadeguate o negligenti nella garanzia di queste misure, attraverso una loro pronta rimozione o un commissariamento delle strutture più a rischio.
OLTRE GLI OSPEDALI: IL SERVIZIO 118, I MEDICI DI BASE, L’ASSISTENZA TERRITORIALE
Non è solo puntando sugli ospedali che si può uscire da questa emergenza. L’assistenza ai pazienti critici dovrebbe essere solo il terminale di un programma ben più vasto che miri a contenerne i numeri tutelando prima di tutto il nostro stato di salute, non solo quello di malattia. Ridurre le percentuali di chi va incontro a complicanze gravi per la vita, investire su un’efficace prevenzione, attraverso diagnosi precoci e gestioni domiciliari dei soggetti sintomatici non ancora gravi, screenare adeguatamente eventuali contatti gestendone l’isolamento domiciliare, sono condizioni fondamentali che questo governo regionale ha sottovalutato e continua a sottovalutare, preferendo piuttosto lanciarsi alla rincorsa dei numeri di pazienti che si aggravano e che continueranno a crescere proprio a causa di questa organizzazione. Occorre raddrizzare la barra, non di certo limitarsi a un’estensione a oltranza dei posti letto ospedalieri.
Un’altra strada è possibile: si tratterebbe di mettere i Medici di Medicina Generale in condizioni di poter gestire direttamente la somministrazione di tamponi e terapie domiciliari, costruendo una sorveglianza epidemiologica affidabile dei contagi territorio per territorio, demandando al servizio di 118 solo ed esclusivamente i reali casi di emergenza.
Eppure ci si ostina a portare al collasso un servizio di 118 già in grave crisi nei periodi precedenti all’emergenza, sotto questo ulteriore sovraccarico di lavoro.
Il risultato? Ritardi sempre più gravi sulla somministrazione di tamponi e sul trasporto delle persone in condizioni gravi presso gli ospedali, con morti evitabili che sono già in rapida crescita e che espongono a un rischio infettivo sempre più alto operatori, mezzi di soccorso, Pronto Soccorso, reparti ospedalieri, a causa di triage e filtri del tutto insufficienti per poter operare in sicurezza.
Abbiamo assistito a grandi proclami per la dotazione di telecamere di sorveglianza sui nostri mezzi di soccorso, negli scorsi mesi, quando sarebbe stato decisamente più utile ottimizzare le risorse della rete 118 con una dotazione migliore di mezzi e di personale, riducendo così i tempi di intervento sul territorio. Allora si parlava strumentalmente di un’attenzione alla sicurezza dei lavoratori delle autoambulanze. Oggi ci chiediamo dove questa attenzione sia finita, perché non si tuteli la loro salute, mentre li si lascia combattere “a mani nude” contro un nemico che avanza inesorabile.
LA DIAGNOSTICA IN MANO AI PRIVATI
A scanso di ciò che ci ha raccontato De Luca non saranno di certo i 5 camper messi a disposizione da alcuni giorni per l’intero territorio della città di Napoli a risolvere questa situazione di crisi.
Né sono una soluzione alternativa ai tamponi quei kit rapidi introdotti domenica 29 marzo, che per sua stessa ammissione sono di scarsa affidabilità.
Questa è semplicemente una costosa operazione di mascheramento, un vero e proprio spreco, volto a sopire il dissenso sempre più franco che dal comparto sanitario si è levato contro la Regione Campania.
I ritardi gravissimi accumulati sulla somministrazione e sugli esiti dei tamponi faringei non possono essere nascosti, devono piuttosto essere risolti. Sono l’ennesimo prodotto di una privatizzazione inesorabile dei nostri servizi, in particolare del settore della diagnostica di laboratorio e strumentale avvenuta negli ultimi anni e alla cui logica non si è sottratto il quinquennio De Luca.
A fronte della scarsissima disponibilità di laboratori abilitati all’analisi dei tamponi sul territorio campano, il numero stesso di tamponi somministrati è stato contenuto al punto da essere il più basso di tutta Italia e i criteri stringentissimi, oltre che i ritardi con cui avvengono queste somministrazioni, fanno sì che si perda qualsiasi capacità di gestione efficace dell’emergenza.
OLTRE I TAMPONI: LE MISURE DI DISTANZIAMENTO SOCIALE
Contro le evidenze fornite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e da tutta la comunità scientifica internazionale, De Luca ci continua a ripetere che i tamponi servono a ben poco e che prioritario è piuttosto il rispetto delle misure di distanziamento sociale, quelle imposteci a suon di ordinanze e repressione.
Certo, siamo d’accordo sulla loro importanza, ma rabbrividiamo all’idea che si mettano in contrapposizione l’una e l’altra misura, perché, semplicemente, hanno finalità differenti.
Un conto, infatti, è garantire misure di prevenzione sanitaria efficaci a soggetti sicuramente infetti, indipendentemente dai loro sintomi e dai loro rischi per la vita; un altro è agire ancora più a monte, sull’intera popolazione campana, evitando che i contatti e i contagi crescano inutilmente.
Quando arriverà il momento in cui ammetterà di aver trascurato colpevolmente il primo aspetto, a vantaggio di una misura apparentemente meno “costosa” per le casse regionali? Se i risultati di questa gestione si evidenziano da soli, con il mancato soddisfacimento degli effetti attesi dall’operazione “restate a casa!”, attendiamo ancora con ansia la chiusura delle produzioni non necessarie su tutto il territorio campano, quella annunciata sui social già un paio di settimane fa, per la quale non è più pervenuta alcuna ordinanza. Al contrario, la misura è stata sostituita con un caldo ringraziamento alla Confindustria locale, quella che continua a costringere migliaia di lavoratori a esporre se stessi e le proprie famiglie a rischi di contagio del tutto evitabili, come già accaduto alla Fiat Avio di Pomigliano (NA), alla Leonardo, alla Asia di Napoli, alla Seda di Arzano (NA), alla Irisbus di Flumeri (AV) e via discorrendo.
LA SPESA PUBBLICA, I NOSTRI SOLDI!
Per concludere: quand’è che il governatore De Luca riterrà di rendere pubbliche e trasparenti le spese che la Regione sta affrontando, dall’approvvigionamento diretto di DPI su cui non abbiamo ancora alcuna garanzia formale di qualità, arrivando alla spesa reale che questo accordo con le cliniche private convenzionate comporterà?
I soldi che si spenderanno sono soldi pubblici, frutto delle nostre tasse. Vogliamo che ce ne sia dato conto, vogliamo poter controllare dal basso la spesa sanitaria anche di questa fase di emergenza, perché altre emergenze che la nostra terra ha vissuto sono state occasione di sprechi, prebende e favori. Tempo di sciacalli.
Non c’è più tempo da perdere. Non è questione di “portasecce”, ma di avere la realtà davanti agli occhi, di essere capaci di ascoltare le esigenze poste dagli operatori sanitari, dai lavoratori, dalle lavoratrici e dalle famiglie. Se oggi su tutti noi si può abbattere con tale violenza lo tsunami del coronavirus è anche perché negli anni qualcuno ha distrutto gli argini che avrebbero potuto contenerlo e oggi il rischio è che si utilizzino “materiali di scarto”. Serve fare presto e fare bene.
Per uscire dall’emergenza, salvare vite e gettare le basi per una sanità pubblica che sia davvero il perno del nostro vivere collettivo.
COSA VOGLIAMO, PER COSA LOTTIAMO
- Vogliamo l’immediata interruzione dell’accordo fra Regione Campania e cliniche private locali per i 3000 posti letto aggiuntivi, la requisizione dei ventilatori e di tutte le apparecchiature di rianimazione e terapia intensiva, l’allestimento immediato di questi posti letto all’interno della rete ospedaliera pubblica della nostra regione;
- Vogliamo una pronta verifica dell’agibilità e della messa in funzione degli ospedali pubblici abbandonati o riconvertiti sull’intero territorio regionale, per un loro eventuale pronto utilizzo, in alternativa all’allestimento dei tre ospedali da campo già annunciati dalla Regione Campania nei territori di Napoli, Salerno, Caserta.
- Vogliamo la precettazione degli operatori sanitari del privato convenzionato e la riorganizzazione di una pianta organica nel servizio pubblico con contratti di dipendenza diretta per i lavoratori attualmente “esternalizzati” (118, cooperative di pulizie, ecc) e pari garanzie lavorative, pari tutele per tutte e tutti; vogliamo che a tutti i lavoratori contagiati sia garantito accesso immediato al proprio diritto alla malattia e all’isolamento domiciliare e a tutti i dipendenti di poter fruire di una riduzione delle misure di restrizione alla libertà di movimento e della sospensione dei vincoli di fedeltà aziendale;
- Vogliamo un’immediata verifica dei protocolli di prevenzione del contagio ospedale per ospedale, con una messa a verifica dell’adeguata fornitura di DPI e dell’operato delle Direzioni Sanitarie di ciascun nosocomio implicato e delle strutture residenziali e semiresidenziali che insistono sul territorio campano; vogliamo la rimozione o il commissariamento delle figure responsabili di franche inadempienze. Vogliamo l’avvio immediato di percorsi di formazione per un corretto uso dei DPI per tutto il personale socio-sanitario e programmi adeguati per l’assistenza e la prevenzione del contagio volto a tutelare le fasce di popolazione più fragili (anziani, portatori di polipatologie, migranti, senza fissa dimora);
- Vogliamo una riorganizzazione immediata della rete territoriale, con il coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale nella gestione della diagnostica precoce e dell’assistenza domiciliare dei pazienti positivi al coronavirus, la mappatura dei contatti e degli isolamenti domiciliari e la pronta disponibilità di DPI e terapie farmacologiche per il supporto delle persone trattate al proprio domicilio.
- Vogliamo la chiusura immediata delle produzioni non essenziali su tutto il territorio regionale. E una sorveglianza affidabile e documentata delle condizioni di sicurezza sul lavoro e dell’adeguato approvvigionamento di DPI per tutti i lavoratori dei servizi essenziali.
- Vogliamo una rendicontazione trasparente di tutte le spese affrontate finora, la pianificazione dell’impiego delle risorse acquistate anche nel prossimo periodo post-emergenza, con una particolare attenzione all’estensione definitiva dei posti letto di terapia intensiva e rianimazione su tutto il territorio regionale. Vogliamo il rispetto costante delle misure di contrasto al contenimento delle infezioni ospedaliere attraverso il consolidamento e la messa a verifica costante dei protocolli di prevenzione del contagio messi a punto in questa fase emergenziale.
- Vogliamo un’informazione corretta da parte delle autorità sanitarie regionali con aggiornamenti quotidiani relativi al numero di soggetti positivi a Sars-CoV-2 (ricoverati con sintomi, ricoverati in terapia intensiva, in isolamento domiciliare, positivi sintomatici e asintomatici), dimessi/guariti e deceduti con casi totali, tamponi e test sierologici effettuati con corrispondente valore percentuale sulla popolazione cittadina, evidenza dei dati giornalieri e cumulativi; curva dell’andamento e dell’ dell’incremento/decremento giornaliero e dei casi positivi, dimessi e deceduti.