Un avviso di fine indagini preliminari è stato recapitato ad un membro del collettivo “Operatori Sociali Autorganizzati” di Perugia, a Dicembre scorso. Il motivo? Due scritte comparse sulle sedi di PD e CGIL qualche tempo fa, in pieno scandalo Sanitopoli che fece dimettere la governatrice inquisita Marini.
MA PERCHÉ LE INDAGINI SI SONO CONCENTRATE PROPRIO SU QUESTO COLLETTIVO? E PERCHÉ NIENTE TORNA IN QUESTA STORIA?
Ci viene da pensare che il motivo sia ricollegabile al fatto che, due anni fa, le lavoratrici e i lavoratori che poi fondarono OSA aprirono una vertenza nientedimeno che contro l’ARCI, soli contro tutti, abbandonati anche da chi si definisce “di sinistra”.
Per un imbrattamento – perché di questo si tratta – hanno speso mesi di indagini, fatte di perizie calligrafiche e biometriche, analisi dei contenuti della pagina Facebook del collettivo, dei tabulati telefonici e delle celle agganciate, con costi spropositati (anche se sicuramente inferiori a quelli dello scandalo che vedeva coinvolta proprio la giunta PD), questo a seguito delle denunce – querele sporte da CGIL e PD e alle cui indagini i denuncianti stessi hanno particolarmente contribuito con fantomatici riconoscimenti, ricerche web, indicazione di fonti di prova!
Quello che ci meraviglia è soprattutto la dedizione con la quale un funzionario CGIL ha visionato meticolosamente tutto ciò che il collettivo ha scritto (dai post ai comunicati ufficiali alle foto su Facebook) pur di trovare una prova che lo incastrerebbe: un “inconfondibile” paio di scarpe Adidas ed alcuni post di critica nei confronti del sindacato. Ci spaventa che un funzionario sindacale abbia indicato un sospetto agli inquirenti, citando le posizioni critiche alla propria organizzazione come possibile nesso con un atto vandalico. Questa è criminalizzazione del dissenso, un atto che colpisce non una persona ma un intero processo di autorganizzazione dei lavoratori.
L’episodio non è un caso isolato, ma si inserisce in una tendenza più generale alla repressione e alla criminalizzazione del dissenso . A Prato, ad esempio, gli operai della Superlativa, in sciopero e senza paga da mesi, sono stati colpiti da multe da 4000 euro sensi dei due decreti sicurezza voluti da Salvini e che il PD e i 5 Stelle ora al governo insieme non hanno nessuna intenzione di cancellare.
La verità è che mentre ovunque in Italia lavoratrici e lavoratori – iscritti o meno ai sindacati confederali – si organizzano e lottano contro i soprusi, a livello centrale le dirigenze politico-sindacali di PD e CGIL tentano di ricostruire un blocco di “sinistra” solo apparente, agitando lo spauracchio del fascismo in salsa verdepadana, che però tutto vuole tranne che rimettere in discussione il furto di salari, diritti e dignità perpetrato alla classe lavoratrice e ai settori popolari del nostro paese negli ultimi vent’anni.
Basti pensare al fatto che i decreti sicurezza sono ancora in vigore, che si sta lasciando chiudere uno degli ultimi grandi stabilimenti produttivi del Sud – la Whirlpool di Napoli – senza riuscire a dire una parola, o ancora che a Taranto si continua a morire stretti nel ricatto tra salute e lavoro.
Ci sembra evidente, mai come ora, che solo ricostruendo una prospettiva autonoma del lavoro e delle classi popolari possiamo iniziare a ribaltare questo destino apparentemente ineludibile; altrettanto evidente è la necessità di sostenere tutte le lotte, favorendo l’autorganizzazione a prescindere dalle sigle sindacali di appartenenza, perché la radicalità si può recuperare solo nel conflitto e non nelle stanzette degli accordi al ribasso.
Potere al Popolo si schiera nettamente al fianco dei lavoratori colpiti dalla repressione e sostiene la loro lotta perché è la lotta di tutte e tutti noi.
Colpevole è chi ci affama, e le vittime hanno ogni diritto di ribellarsi.
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