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Battisti, un’arma di distrazione di massa per un governo che perde credibilità

Ma solo a noi sembra di assistere da giorni a un vero e proprio delirio mediatico e politico? Tutti i problemi del nostro paese, il poco stipendio e la precarietà, gli ospedali e i trasporti che non funzionano, tutto quello che ci interessa perché riguarda la nostra vita e i nostri bisogni, scompare di fronte all’arresto di Cesare Battisti.
Battisti, di cui tantissimi sanno poco e niente, viene trasformato nel mostro che deve catalizzare l’attenzione pubblica: si fanno dirette sui TG, all’arrivo all’aeroporto si mettono i cecchini sui tetti per dare un po’ di brivido, come se chissà che dovesse succedere, mentre nel nostro paese tanti mafiosi girano a piede libero o vivono indisturbati per anni…

A noi non ci va di essere mossi dall’alto come dei burattini, non ci va di essere preda di un’emotività indotta.
Vogliamo conservare un minimo senso critico. Ci vogliamo chiedere il perché di tutta questa enfasi mediatica, a quali scopi corrisponde? Perché forse tutto questo battage potrebbe essere l’ennesima mossa di Salvini per distogliere l’attenzione dai problemi reali, per costruire consenso a costo zero, fare egemonia culturale, riscrivere la storia a vantaggio dei più forti…

Salvini ci ha ormai abituato a questo modo becero di fare politica: urla sui social, mette in giro fake news, fa uso spregiudicato della propria posizione per creare nemici fittizi. Di solito sono i migranti e i “buonisti”, ogni tanto gli omossessuali, le donne e le femministe.
Nelle ultime ore invece ha istituito una nuova categoria di nemico pubblico su cui scagliare la rabbia collettiva: i militanti comunisti degli anni ’70 (i fascisti che hanno provocato stragi e che ora vivono tranquillamente in giro per il mondo non sembrano infatti essere un suo problema).

In questo modo, lanciando una nuova campagna di odio, Salvini può coprire l’ormai evidente incapacità del suo governo di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale, e distrarre l’attenzione dall’aver recentemente “calato le braghe” di fronte ai tecnoburocrati di Bruxelles nella stesura della manovra di bilancio.

Inoltre può far vedere, relazionandosi al neopresidente del Brasile Bolsonaro (un fascista dichiarato, che ha riempito il suo governo di militari e che si fa portatore in Sudamerica degli interessi degli USA), di essere lui il vero capo del Governo, marginalizzando per l’ennesima volta i 5 Stelle.

Ma l’occasione è ghiotta per Salvini e per tutta la destra anche perché, attraverso la vicenda Battisti, si può criminalizzare un’intera stagione politica del nostro paese, gli anni ’70, che certamente non può essere rinchiusa nella definizione di “terrorismo”, viste le importanti conquiste per i lavoratori, le classi popolari, le donne…

In questo modo Salvini fa egemonia, impone i suoi temi. Così chiunque non si allinei alla linea dettata dalla destra viene fatto apparire come un criminale, un pazzo, anche se chiede solo di ragionare, di conoscere bene la storia, di interrogarsi sul senso della giustizia, che dovrebbe essere rieducativo, non vendicativo.

Così non ci sorprende che al coro di Salvini e della parte più visceralmente fascista del paese si aggiungano anche alcuni esponenti di sinistra, come Boldrini o Fassina. Non è la prima volta che certi personaggi si fanno difensori di una visione delle vicende politiche e storiche più simile a quella della vecchia Democrazia Cristiana, abbandonando una visione critica e che sappia fare i conti con la storia di una generazione che ha immaginato e lottato per la costruzione di un mondo diverso e più giusto, pagando in prima persona un prezzo molto pesante.

Lo spettacolo allestito su Battisti in fondo è l’ennesima puntata dell’eterna campagna contro il cosiddetto «terrorismo rosso», sempre buona per distrarre dai veri problemi delle classi popolari di questo paese e richiamare tutti all’obbligo di un’«unità nazionale» sotto il comando del potere di sempre. Per rendersene conto, basta pensare alla ben diversa sorte degli autori delle «stragi di Stato», agli insabbiamenti e depistaggi impuniti da Piazza Fontana in poi; compreso l’omicidio di Giuseppe Pinelli nella questura di Milano…

La cosiddetta «giustizia italiana» si segnala invece da decenni per la pratica dei «due pesi e due misure». Mentre si parla di estradare “gli assassini comunisti”, ci sono dei ricercati di cui il governo non ha mai chiesto l’estradizione, come Harald Espenhahn, ex amministratore delegato della Thyssen, condannato in via definitiva per la strage di operai nello stabilimento di Torino, che vive ricco e felice in Germania.

Questo solo per far notare come, in questo caso, la «giustizia» non c’entra nulla: il problema è tutto politico. Gli anni ’70 sono passati da 40 anni; incredibile come in Italia su quella stagione non si sia mai potuto avere un serio dibattito storico, incredibile come non sia mai stata chiusa quella pagina con un’amnistia, con la quale era d’accordo 30 anni fa persino parte della Democrazia Cristiana (e che era stata realizzata dal comunista Togliatti verso i fascisti l’anno dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, nel 1946!).

Dovremmo quindi fare uno sforzo di sottrarci al rumore e approfondire la vicenda, il contesto, le parti in causa. Noi abbiamo trovato utili, per farci un’idea diversa da quella di Salvini, questi articoli di alcuni fra i più importanti scrittori italiani: Wu Ming e Valerio Evangelisti.

Il Caso Battisti: tutti i dubbi sui processi e le condanne; esposti punto per punto 

Cesare Battisti: quello che i media non dicono, di WuMing

Ne consigliamo la lettura: davvero vedrete come tutto è molto diverso da come ce lo raccontano.

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