Piemonte

[Avigliana] Sul nostro 1° Maggio 2018

In “momenti” di crisi permanente (come quello che stiamo vivendo da oramai dieci anni), i lavoratori si trovano obbligati a comportarsi come le merci che producono, ossia come uno dei tanti modi del padronato per creare profitto, inumani e succubi; concetti come libertà o dignità vengono espulsi dall’orizzonte di chi si trova a dover competere con il proprio simile per accaparrarsi, in qualsiasi modo e a qualsiasi costo, la possibilità di sopravvivere. Intere generazioni cresciute nell’idea imperante del farsi da sé, diffidando di sindacati e solidarietà, si convincono che quando si trova un lavoro è meglio non reclamare alcun diritto e cercare di reggere anche ritmi lavorativi molto duri fino a quando la propria salute e le proprie condizioni psicofisiche lo permettono. Lavoratori che evitano le pause fisiologiche utilizzando pannoloni e bottigliette, omicidi durante le rivendicazioni, morte sul lavoro di persone che si trovano a dover lavorare invece di essere giustamente in pensione: questo lo scenario che il liberismo sfrenato ci pone davanti, nell’assenza quasi totale di lotte e proteste.
Il dettato della nostra Costituzione, che all’art. 41 recita che l’iniziativa privata, pur essendo libera, “non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana” viene sistematicamente ignorato, avallato anche dalla difficoltà dei lavoratori di far valere le proprie ragioni nelle sedi giudiziarie.
Se l’ignoranza rispetto ai propri diritti come lavoratori comporta malattie professionali non riconosciute, turn over eccessivi, tempi di lavoro massacranti e non più contrattabili, questo non significa che chi si occupa di politica non possa (o meglio non debba) richiedere a chi ne ha la responsabilità, che venga restituita dignità ai lavoratori e che i metodi di organizzazione del lavoro non ledano le libertà personali. Esercitare il diritto costituzionale di manifestazione del pensiero per richiamare le aziende ai propri doveri (e alle leggi che regolano il lavoro), non significa sostenere che le aziende debbano chiudere, bensì ritenere che il ruolo della politica sia proprio quello di occuparsi di tutelare i più deboli, poiché chi li sfrutta sa già ampiamente tutelarsi da sé.
Le ultime elezioni politiche hanno dimostrato che, purtroppo, la deriva a destra di questo Paese è sempre più ampia, di conseguenza anche esercitare dei diritti costituzionali viene fatto passare come un atto disdicevole e ricordare a chi è potente quali sono i doveri di tutela che ha verso i deboli viene considerato non un atto di responsabilità collettiva, ma come un affronto irreparabile.
Se la Costituzione e i suoi valori fondanti, che si festeggiano il 1° Maggio, e il 25 Aprile, diventeranno patrimonio comune di tutte le forze politiche, la Festa dei Lavoratori potrà tornare davvero ad essere per i lavoratori. La festa per tornare a essere liberi di lavorare per vivere, e non di vivere per lavorare o peggio, di morire per lavorare.
Noi, dal lato nostro, non possiamo che essere felici del fatto che chi non ha nemmeno idea di quali siano i diritti costituzionali sia relegato a fare l’opposizione, perché altrimenti Avigliana sarebbe amministrata da personaggi che riescono solo ad essere servili con i forti e protervi con i deboli.

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