Per moltissimi studenti il secondo semestre dell’anno 2017-2018 è cominciato con la scoperta di un vertiginoso aumento della seconda rata. Tutti gli atenei, dallo scorso anno, hanno introdotto la “No Tax Area” (un provvedimento inserito nell’ultima legge di bilancio) che prevede che i redditi da 0 a 13mila euro siano esentati dal pagamento delle tasse, mentre quelli da 13mila a 30mila abbiano una riduzione. Quest’ultima, dal secondo anno in poi, è legata a doppio filo al raggiungimento di 35 Crediti Formativi Universitari.
Si tratta, quindi, di un provvedimento che in astratto avrebbe dovuto salvare la vita economica (e non) di molti studenti, ma che invece, inserendosi in una ristrutturazione per niente incentrata sulle esigenze degli studenti, non ha fatto altro che accendere i riflettori su ulteriori contraddizioni.
Quali università sono veramente agevolate dalla “No Tax Area”?
Sono anni, ormai, che tutti i governi che si sono susseguiti hanno tagliato i fondi all’istruzione pubblica e alla ricerca. I finanziamenti che vengono erogati sono distribuiti sulla base dei criteri ANVUR, basati ovviamente sul “merito”, che vanno a premiare i poli già di “eccellenza” e (contro ogni logica) a penalizzare le università che stanno “a pezzi”.
Si viene così a creare, in questo modo, una situazione sbilanciata e non omogenea: ci sono università in cui la “No Tax Area” funziona e agevola realmente gli studenti, basti pensare all’università di Bologna in cui arriva fino a 30mila euro; ci sono, invece, università dove, come alla Federico II di Napoli, a causa della mancanza di finanziamenti adeguati, sono gli studenti stessi a dover coprire i costi della “No Tax Area”, tramite l’aumento vertiginoso delle tasse per chi, da “fuoricorso”, è considerato “non meritevole” di portare avanti gli studi. Le ragioni di questo (mal)funzionamento arbitrario ed ingiusto non sono di certo frutto del caso.
Che tipo di università viviamo?
Se non sembrasse presuntuoso diremmo che già da anni denunciamo i problemi che oggi portano tantissimi studenti a lasciare l’università o a condurre il proprio percorso di studi troppo lentamente, impoverendosi. Non avevamo la sfera di cristallo, né ci interessa “avere ragione”: semplicemente vedevamo innalzarsi di fronte a noi, mattoncino dopo mattoncino, un modello di università sempre più lontano da quello che dovrebbe essere un’università degna di questo nome. Vedevamo che il susseguirsi delle “riforme” aveva un impatto sempre più catastrofico sulla vita di milioni di persone, eravamo preoccupati e abbiamo tentato in ogni modo di fermarle.
Certo, qualcuno potrebbe pensare che le mobilitazioni che fino al 2010 hanno messo in piazza centinaia di migliaia di persone in tutta Italia non abbiano portato a nulla, ma pensiamo pure che l’attacco che ci viene rivolto è totale e che noi, per rispondere su tutti i fronti, eravamo ancora troppo impreparati.
Ancora oggi, d’altronde, abbiamo molta strada da fare, ma siamo anche consapevoli del fatto che dobbiamo cominciare a strappare anche qualcosa di “piccolo” per puntare in alto, e che i semi della lotta fioriscono anche tempo dopo, se annaffiati con cura e dovizia.
Provvedimento dopo provvedimento, i governi degli ultimi 10 anni hanno messo al centro della formazione la stessa idea che muove la fase finale della “ristrutturazione” del mondo del lavoro e di tutta la nostra società: “c’è crisi e la supereremo spremendo sempre di più chi concretamente porta avanti il Paese, preservando i nostri interessi e il nostro bottino.”
E cosa succede, quindi, alla vita degli studenti delle università di “serie B?
Legando a doppio filo l’agevolazione sulle tasse e il raggiungimento dei CFU siamo ormai costretti a vivere in un’università che è sempre più un “esamificio”, basata sulla meritocrazia e legata alle logiche del mercato.
E allora non si frequenta l’università per formarsi, ma per accumulare crediti, per trovare il prima possibile un lavoro di 3 mesi senza diritti, senza contributi, con un salario bassissimo, dove al primo “NO” sarai cacciato. E sì, questo, nel quotidiano, è certamente meglio della disoccupazione continuativa, è esistenzialmente meno umiliante. Non ci sentiamo di condannare i nostri coetanei che si affannano per portare a termine gli studi e mai penserebbero di prendere parte ad una mobilitazione, che gli farà sicuramente perdere altro tempo, senza produrre nemmeno un CFU. Ma vorremmo mettere in luce che un’università così “combinata” non ha senso di esistere, oltre ad essere profondamente ingiusta!
Che senso ha un’università in cui si corre a prendere la firma al seminario di cui non ci si ricorda il tema, in cui si studia per accumulare crediti formativi di esami che non abbiamo potuto approfondire e di cui non ricorderemo più niente il mese successivo?!
E se corri lentamente, perché i tuoi ritmi sono diversi, perché per mantenerti gli studi devi lavorare – sottopagato, magari a nero e in condizioni disumane –, perché alle scuole superiori studiavi per svolgere i test INVALSI e non hai sviluppato un metodo di studio, vieni punito: sei un fannullone, non meriti di stare all’università e se proprio ci devi stare devi considerarla come un “bene di lusso” per cui scegli tu, individualmente, di fare sacrifici per ottenerlo. Nessuno ti ha chiesto di fare una crociera se non potevi permettertelo!
…Eppur si muove
Proprio per questo, nonostante l’università sia cambiata, proprio come il mondo che ci troviamo a vivere, pensiamo che valga ancora di più la pena lavorare quotidianamente per cambiare le cose!
E’ ormai più di un mese che come Collettivo Autorganizzato Universitario, insieme agli altri collettivi della Federico II, ci stiamo mobilitando contro questo vertiginoso aumento delle tasse.
Il 26 marzo si è tenuta un’assemblea pubblica che ha visto la partecipazione di centinaia di studenti, durante la quale sono state elaborate delle chiare e semplici rivendicazioni:
• l’ampliamento della “No Tax Area” fino a 25 mila euro e l’introduzione di scaglioni anche per i
redditi superiori a 60mila euro;
• l’eliminazione dei “criteri di merito” stabiliti dall’ateneo c he impongono agli studenti una corsa
all’accumulo di crediti e ci restituiscono l’immagine di un’università sempre più simile a un’azienda;
• la reintroduzione degli appelli eliminati all’inizio di quest’anno accademico.
Da quel giorno più volte ci siamo recati al rettorato per denunciare la situazione e chiedendo, anche con una lettera, di accogliere le nostre richieste, ma il dialogo ci è sempre stato negato!
Forse al rettore di Napoli, presidente della C.R.U.I., interessa più mantenere la propria posizione di prestigio, invece che accogliere le richieste della componente studentesca, la quale, ricordiamo al “magnifico”, è l’anima dell’istituzione che lui stesso presiede, è l’unico motivo di esistenza della sua stessa carica!
Così, il 24 aprile, abbiamo interrotto la normale routine universitaria travestiti dai personaggi de “La Casa de Papel” per informare tutto il personale dell’università che non resteremo in silenzio di fronte ad una situazione insostenibile; per far sapere a tutti gli studenti che c’è in corso una mobilitazione, che abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti per riuscire a vincere!
Il prossimo appuntamento è il 3 maggio alle 9 a piazza san Domenico per un corteo nel centro universitario! [EVENTO FACEBOOK]
I diritti non si meritano, si conquistano!
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> Intervista di Onda Web Radio al Collettivo Autorganizzato Universitario1
> Invito alla mobilitazione per il 3 maggio
> Articolo de Il mattino