Non scioperi per non perdere i soldi? Tranquillo: già li hai persi. In 10 anni, in Italia, i salari reali sono diminuiti del -10%.
Non scioperi perché hai figli e costa mantenerli? Il governo ti ha già premiato aumentando l’IVA sui pannolini.
“Scioperare serve solo ad allungare i weekend”, sostengono gli esperti al governo, in vacanza da una vita. Forse, ma di sicuro non di quell’italiano su tre che da anni ha smesso di andare in ferie.
“Bisogna contemperare il diritto allo sciopero col diritto dei padroni a non perdere nemmeno un euro di produzione”, afferma chi da anni dà incentivi solo alle imprese.
Non scioperi per non ledere il diritto all’istruzione dei tuoi alunni? Non preoccuparti, la maggior parte di loro, se continua così, sarà disoccupata o costretta a emigrare.
Non scioperi perché il genocidio dei palestinesi a Gaza non ti riguarda? Non preoccuparti, quando toccherà a noi non ci sarà più nessuno a protestare.
“Diritto allo sciopero sì, ma basta incertezze per gli utenti del trasporto pubblico!” Precettano i lavoratori, riducendo lo sciopero a 4 ore, come ha fatto il ministro delle infrastrutture Matteo Salvini. Così si può procedere serenamente verso il completo smantellamento di quei servizi pubblici essenziali, di cui si ricordano solo se c’è da reprimere una protesta.
La risposta a chi cerca di limitare il diritto di sciopero, riducendo i nostri spazi di critica, per mantenere in piedi un sistema iniquo, è una sola: scendere in piazza, riprendere in mano quel conflitto che molti, troppi dirigenti confederali hanno abbandonato, tanto che di fronte alla precettazione autoritaria dell’ultradestra di Governo e del Ministro Salvini CGIL e UIL hanno nei fatti accettato la riduzione dello sciopero.
Potere al Popolo sostiene lo sciopero del pubblico impiego USB, quello indetto dal SI Cobas per fermare il massacro del popolo palestinese e quello CGIL e UIL contro la manovra finanziaria del governo Meloni, che non prevede fondi per i rinnovi contrattuali, la stabilizzazione dei precari, nuove assunzioni nel pubblico e investimenti ed è in generale uno schiaffo alle lavoratrici e ai lavoratori.
Non è niente di nuovo: accade da 30 anni almeno, ma oggi con una protervia e ferocia nuove.
Non è il momento di esitare, è ora di scendere in piazza e riprenderci i nostri diritti.