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Dai campi ai supermercati, più diritti meno sfruttati. Solidarietà ai braccianti in sciopero

Il 21 maggio nei campi di raccolta della Piana di Gioia Tauro, del Foggiano e di tante altre regioni d’Italia i lavoratori migranti agricoli hanno deciso di incrociare le braccia contro il provvedimento di regolarizzazione previsto nel “Decreto Rilancio”, un provvedimento insufficiente sia per rispondere ai bisogni economici e sociali dei braccianti stessi, sia per far fronte all’emergenza sanitaria ed economica che sta colpendo tutto il paese.

I braccianti in sciopero chiedono che vengano rispettati tre diritti fondamentali da parte dei padroni e dello stato: 1° un documento di soggiorno per tutti i migranti come primo passo che permette di emergere dallo sfruttamento del lavoro nero; 2° il rispetto e la garanzia di pagamento di un salario dignitoso; 3° un programma di inserimento abitativo come risposta alle condizioni iper-precarie nei ghetti che costeggiano i campi.

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Che cosa c’entra con noi questo sciopero?

Il lavoro agricolo costituisce il primo anello della filiera agroalimentare. Nel suo insieme, si tratta del primo settore economico italiano in quanto a fatturato: ma a questa immensa ricchezza corrisponde una enorme diseguaglianza per quanto riguarda la sua distribuzione. I colossi della Grande Distribuzione Organizzata (GDO), infatti, esercitano una enorme pressione – che sfocia nel ricatto vero e proprio e nell’imposizione di prezzi e condizioni – nei confronti dei produttori agricoli, in larghissima parte aziende di piccole dimensioni che non possono trattare ad armi pari. Questa pressione si traduce nel tentativo di risparmiare il più possibile sull’elemento più semplice da colpire per qualsiasi tipo di azienda: il costo del lavoro. Da qui hanno origine le condizioni di lavoro disumane e i salari infami che vengono imposti ai lavoratori agricoli. Ma questa disuguaglianza di base non colpisce solo i braccianti: ogni anello della filiera prova a massimizzare il profitto scaricando tutto sui lavoratori e sulle lavoratrici, dai campi fino ai supermercati, passando per le industrie della lavorazione e le compagnie della logistica.

Nei mesi d’emergenza queste disuguaglianze si sono manifestate con maggiore intensità: in un periodo in cui una larga parte dell’economia infatti lamenta la paralisi o la crisi, milioni di euro sono finiti nelle casse della GDO. Le nostre spese si sono concentrate nei supermercati, e allo stesso tempo abbiamo comprato di più rispetto al solito. Tra marzo e aprile le vendite sono aumentate del 18% rispetto all’anno precedente, con acquisti concentrati per il 44% nei supermercati della GDO!

E mentre aumentavano vendite, prezzi e profitti della GDO, aumentavano anche gli orari e i ritmi di lavoro di cassiere e magazzinieri dei supermercati. Sono numerosi i loro racconti che denunciano le condizioni di sfruttamento che si sono intensificate durante gli ultimi mesi. A questo si aggiungono la mancanza di dispositivi di protezione individuali e minacce di licenziamento per chi chiedeva semplicemente di lavorare in sicurezza. La ciliegina sulla torta? Molte aziende hanno deciso di approfittare della copertura offerta dalla pandemia e dai provvedimenti presi per contrastarla, e i lavoratori della GDO stanno cominciando a essere messi in cassintegrazione a migliaia.

Dopo mesi che si parlava di una regolarizzazione, adesso è arrivata e sembra una beffa, un provvedimento utile solo a continuare a sfruttare il lavoro dei braccianti e lasciare così com’è il meccanismo generatore di sfruttamento e diseguaglianze su cui si regge l’intera filiera. Lo sciopero dei braccianti agricoli mette in questione questo meccanismo di sfruttamento in tutta la filiera agroalimentare. È fondamentale sostenere chi chiede diritti, uguaglianza e unità tra i lavoratori – perché i diritti di alcuni diventano diritti di tutti.

Ma quanto costa la produzione agricola? Trasparenza dei prezzi subito!

Oggi per produrre 1kg di clementine biologiche ci vogliono 26 centesimi di euro. A questi vanno aggiunti i costi per la raccolta, per il confezionamento e per il trasporto. La GDO acquista la frutta sempre attraverso intermediari, praticamente mai direttamente dal produttore. Quindi, un produttore, per non fallire, deve vendere le clementine almeno a 60 centesimi.

Nel 2019 le clementine biologiche della Piana di Gioia Tauro sono state pagate 32 centesimi al kilo, con raccolta a carico dei produttori. Se si tolgono 11 centesimi per la raccolta, il prezzo di produzione diventa di 21 centesimi – quindi si tratta di un prezzo nettamente sottocosto. E sono le stesse clementine che si trovano sui banchi dei supermercati della GDO a € 2,50/kg.

Questo semplice calcolo dimostra che esiste solo una variabile sulla quale si riesce a risparmiare: la manodopera! Lo sfruttamento dei braccianti e dei piccoli produttori, ma anche dei lavoratori del trasporto e dei supermercati della GDO è quindi un elemento strutturale della filiera agroalimentare che genera enormi profitti da un lato, mancanza di diritti, salari bassi e condizioni di lavoro disumani dall’altro.

È necessario che la GDO pubblichi nei cartellini dei loro banchi non solo il prezzo di vendita, ma anche il prezzo pagato al produttore al netto di tutte le intermediazioni (il cosiddetto prezzo sorgente). In questo modo non si elimina lo sfruttamento della manodopera, ma si da un elemento in più per tracciare la distribuzione della ricchezza lungo la catena di valore della filiera agroalimentare – un elemento di coscienza indispensabile per combattere e cambiare l’ordine delle cose.

Cosa vogliamo quindi?

Il 21 maggio ci troveremo davanti ai supermercati della GDO in primo luogo per esprimere la nostra massima solidarietà ai braccianti agricoli in sciopero contro le condizioni di sfruttamento che vivono quotidianamente. Con le nostre azioni vogliamo portare le loro rivendicazioni fuori ai campi di raccolta. Le loro rivendicazioni sono le nostre:

  • un permesso di soggiorno per tutti i migranti per emergere dal lavoro nero e per ottenere diritti fondamentali per ogni uomo e ogni donna;
  • il rispetto di condizioni di lavoro e salariali dignitosi in tutta la filiera agroalimentare: braccianti, trasportatori, cassiere, magazzinieri ecc.;
  • una legge nazionale che costringa i supermercati a indicare i prezzi di sorgente in modo da tracciare i costi lungo tutta la catena di valore della filiera agroalimentare.

Per noi la giustizia e i diritti non possono essere selettivi!

Leggi anche:

 

 

https://poterealpopolo.org/pandemia-filiera-agroalimentare-salari-profitti/

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