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SCUSATE IL DISTURBO: COME IL RECENTE DECRETO SUI CONTROLLI DÀ CARTA BIANCA ALLE IMPRESE.

Lo scorso 2 agosto è entrato in vigore il D.lgs. n. 103/2024, rubricato “Semplificazione dei controlli sulle attività economiche (leggasi imprese), in attuazione della delega al Governo di cui all’articolo 27, comma 1, della legge 5 agosto 2022, n. 118”.

Nonostante il titolo che richiama il buonsenso, a livello sostanziale si tratta dell’ennesima norma a favore delle imprese: il testo, infatti, prevede una limitazione dei poteri di controllo delle pubbliche amministrazioni, come, ad esempio, l’ispettorato nazionale del lavoro, nei confronti degli imprenditori – datori di lavoro.

Le nuove linee guida previste nel testo di legge che liberalizzano ulteriormente, di fatto, l’agire dell’impresa, senza nessuna ripercussione, sono svariate.

Si parte dall’art. 3 che introduce un “sistema di identificazione e valutazione del livello del rischio basso”: l’Ente nazionale italiano di unificazione (UNI) dovrà elaborare norme tecniche o prassi di riferimento idonee a definire un livello di rischio basso al quale è associabile un Report certificativo. Il report potrà essere rilasciato da organismi accreditati e, qualora l’imprenditore lo abbia ottenuto, sarà sottoposto ad audit periodici (l’art. 4, comma 5 parla di controlli ordinari per “non più di una volta l’anno”) per verificare il mantenimento dei requisiti richiesti.

Detto in termini meno aulici, come succede per le certificazioni ambientali, le imprese potranno di fatto comprarsi la certificazione di “basso rischio” garantendosi così non solo una sorta di immunità dai controlli ispettivi, ma anche la possibilità di non investire concretamente sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

Continuando, poi, l’art. 5 introduce la disposizione più regressiva e pericolosa dell’intero decreto: si prevede, infatti, che l’amministrazione che deve effettuare controlli ispettivi ordinari (tra i quali rientrano anche quelli relativi a contratti, lavoro straordinario e lavoro nero) “fornisce in formato elettronico, almeno dieci giorni prima del previsto accesso presso i locali dell’attività economica, l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva”.

In sostanza, l’amministrazione avvisa l’imprenditore che effettuerà un controllo di lì a 10 giorni, vanificando dunque tutto il senso dell’ispezione stessa, dando invece tempo all’imprenditore di regolarizzarsi dove può e di sbarazzarsi di quanto non può o non vuole regolarizzare, come ad esempio i lavoratori in nero.

Infine, l’ultima novità viene introdotta dall’art. 6 e riguarda la diffida amministrativa, ossia un semplice avvertimento. Il testo, infatti, prevede che per le violazioni per le quali è prevista l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria non superiore nel massimo a cinquemila euro, se l’ispettore riscontra violazioni sanabili, “diffida l’interessato a porre termine alla violazione, ad adempiere alle prescrizioni violate e a rimuovere le conseguenze dell’illecito amministrativo entro un termine non superiore a venti giorni dalla data della notificazione dell’atto di diffida. In caso di ottemperanza alla diffida, il procedimento sanzionatorio si estingue limitatamente alle inosservanze sanate”.

Ricapitolando, si dà preliminarmente all’imprenditore la possibilità di comprarsi una garanzia dai controlli con i report di indice di basso rischio; se si rileva la necessità di effettuare comunque dei controlli, gli si dà un preavviso di 10 giorni, dandogli il tempo di “mettersi in regola”; ma se, nonostante queste due agevolazioni, l’organismo che effettua l’ispezione, riscontra delle irregolarità, il nostro imprenditore avrà comunque altri 20 giorni per “sanare i vizi”, senza che si apra nei suoi confronti alcun tipo di procedimento sanzionatorio.

Il messaggio politico della norma è dunque molto chiaro: non preoccupatevi imprenditori, potete fare quello che volete perché, comunque, non vi faremo niente, anzi, vi aiutiamo a passarla liscia e non pagare mai.

L’assurdità della manovra è così lampante che lo stesso ispettorato nazionale del lavoro ha fatto uscire una nota di chiarimento per l’applicazione delle nuove linee guida dove prevede che “non appare invece sostanzialmente applicabile agli accertamenti dell’Ispettorato nazionale del lavoro la previsione secondo cui le amministrazioni sono tenute a fornire, prima di un accesso nei locali aziendali, “l’elenco della documentazione necessaria alla verifica ispettiva”. Da tale obbligo sono infatti esonerate tutte le iniziative avviate dalle amministrazioni che hanno esigenze di ricorrere ad accessi ispettivi “imprevisti o senza preavviso”, esigenze che ricorrono pressocché ogni volta l’ispettorato avvii una attività di vigilanza sia in materia lavoristica, sia in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Va da sé, infatti, che l’eventuale richiesta di documentazione alle imprese prima di un qualsiasi accesso ispettivo vanificherebbe l’efficacia della tipologia di accertamenti di competenza di questo ispettorato”.

Un dato interessante da sottolineare, prima che scoppi un’ipocrita levata di scudi da parte del centro-sinistra, è che il decreto in questione è in applicazione della legge n. 118/2022, rubricata “Legge annuale per il mercato e la concorrenza 2021” emanata durante il governo Draghi.

La libertà di impresa, anche a discapito della sicurezza sui luoghi di lavoro, è dunque un dogma che unisce tutti: dalla destra di Meloni, al centro-sinistra al movimento 5 stelle. Non si salva nessuno.

A fronte di una carenza importante di organico dello stesso Ispettorato che già compromette ampiamente l’efficienza dei controlli, la soluzione trovata è quindi quella di renderlo ancora più innocuo svuotandolo di quei pochi poteri che gli sono rimasti e che possono limitare lo strapotere delle aziende.

L’unica soluzione possibile e che faccia gli interessi e protegga i diritti della classe lavoratrice è iniziare un controllo popolare delle imprese: il comma 3 del citato art. 5, prevede un obbligo di “immediata effettuazione dei controlli nel caso di richieste dell’Autorità giudiziaria o di circostanziate segnalazioni di soggetti privati o pubblici, nei casi previsti dal diritto dell’Unione europea, nei casi di controlli per la sicurezza sui luoghi di lavoro e, comunque, ogni qual volta emergano situazioni di rischio”, senza dare il preavviso di 10 giorni.

È necessario costruire una rete dal basso che faccia pressione sugli ispettorati provinciali, favorendo le denunce dei lavoratori e supportandoli nella lotta. Questa legge va cancellata!

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