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Scuola: sicurezza per tutte e tutti!

scuola sicurezza per tutte e tutti

[riceviamo e volentieri pubblichiamo un contributo di un insegnante precario sulla tragica vicenda della morte del piccolo Leonardo, avvenuta all’interno della scuola, e sulla condanna di una maestra e una collaboratrice scolastica]

Una maestra ed una collaboratrice scolastica della scuola Pirelli di Milano sono state condannate rispettivamente ad un anno e due anni di reclusione in seguito agli avvenimenti che portarono alla morte del piccolo Leonardo.

Il bambino, uscito alle 9 e 30 per andare in bagno, probabilmente attratto dalle voci di altri bambini ai piani inferiori, salì su una sedia girevole lasciata incustodita, si sporse dalla balaustra e cadde nella tromba delle scale.

Era il mese di Ottobre del 2019: il bambino morì 4 giorni dopo.

La morte di un bambino di 5 anni e mezzo è sempre una tragedia.

E se avviene a scuola, luogo che dovrebbe tutelare i nostri figli, la rabbia è enorme.

I colpevoli sono stati individuati da un tribunale, ma bisogna dirlo senza paura: la colpa non può essere dell’insegnante.

Di chi è la colpa?

Dal punto di vista legislativo, l’insegnante e la collaboratrice (un’altra insegnante ha scelto il rito ordinario) pagano l’omessa vigilanza e il mancato rispetto del regolamento che non avrebbe consentito di mandare i bambini in bagno a quell’ora.

Per il giudice tutto fila. Nell’ora di lezione gli alunni sono sotto la responsabilità dell’insegnante e quindi, secondo le norme vigenti, è colpa sua se il bambino è morto.

Questa equazione legislativa si scontra però con una realtà differente, tragicamente diversa, è il caso di dire.

Per questo riteniamo che le persone condannate oggi, per quanto “giusto” possa essere stato il processo, paghino per colpe non proprie, e sul banco degli imputati dovrebbero finire altri.

Il rischio è nell’organizzazione stessa del lavoro

Innanzitutto, gli insegnanti non possiedono il dono dell’ubiquità.

Tutti gli alunni chiedono più volte al giorno di andare in bagno e l’insegnante, di qualunque classe e grado, quasi sempre concede il permesso.

Come si fa a negare, specialmente ad un bambino, la possibilità di andare in bagno, magari perché l’orario non è quello “giusto”?

L’insegnante dovrebbe seguire il discente in bagno, lasciando la classe scoperta, oppure deve restare in classe a controllare gli altri.

Nel caso in questione, le insegnanti in classe erano due, ma non cambia molto. Immaginiamo che stessero lavorando e avranno pensato che nel corridoio ci fosse la collaboratrice.

AAA personale cercasi

Quest’ultima, però, purtroppo in quel momento non era al suo posto nel corridoio. Fannullona? No. Come si apprende facilmente dalla stampa, a lei spettava il controllo di tutto l’enorme edificio, dal momento che l’unico altro collaboratore presidiava, a norma di legge, l’ingresso.

La carenza di collaboratori scolastici nell’istituto era nota, dato che il DS nel mese di Agosto 2019 aveva richiesto altro personale, ma aveva avuto solamente una persona per 18 ore a settimana. Niente.

Chissà, forse la collaboratrice stava consegnando dei messaggi, rispondeva al telefono, oppure copriva un’altra classe momentaneamente senza insegnante…

La legge non prevede, purtroppo, l’assoluzione in casi del genere, perché l’unica evidenza “legale” è che non era al suo posto a vigilare.

Ma le evidenze politiche sono altre.

Di chi è allora la colpa di questa tragica morte? Evidentemente è da ricercare altrove.

In italia si stima che l’80% degli istituti non è a norma di legge.

Mancano le più basilari norme di sicurezza che dovrebbero vigere in qualsiasi luogo di lavoro.

Nella stessa scuola Pirelli, la balaustra dalla quale si sporse Leonardo era di 8 centimetri più bassa rispetto alla norma (102 invece di 110).

L’edificio però risultava a norma, perché costruito prima della norma stessa, che non era retroattiva.

E se anche lo fosse stata, quasi sicuramente non ci sarebbero stati soldi per mettere in regola la balaustra, dal momento che in moltissime scuole mancano addirittura per la carta igienica.

Ma il problema di fondo è che la scuola italiana è drammaticamente sotto organico.

Non parliamo delle 200.000 cattedre vuote che ci saranno a settembre 2021, ma del fatto che è impensabile, nel mondo reale, poter garantire sicurezza nelle attuali condizioni di lavoro.

Classi di almeno 23-24 alunni (ma spesso 30-31) da dover sorvegliare da soli, sia in classe che nei corridoi, in bagno, nei cortili e all’uscita. E la pandemia non ha fatto altro che peggiorare tutto questo.

Pensiamo un attimo ai protocolli anti-covid e al loro rapporto con la realtà
  1. Distanziamento di un metro tra gli alunni in classe. E come si fa? 25 persone nelle aulette bunker…?
  2. Entrate differenziate e scaglionate. Come, se spesso la scuola ha un unico ingresso agibile, per di più fuori norma?
  3. Aerazione delle classi. E come se le finestre, essendo pericolanti, sono state sbarrate e saldate?

Non è un caso infatti che anche quando si sarebbe potuti tornare al 100% in presenza nessuna scuola lo ha fatto.

E che ha fatto il Governo, tramite il MIUR, per provare a risolvere in maniera sistematica questi problemi?

Banchi a rotelle – che spesso sono rimasti accatastati, inutilizzati, nelle palestre – e mascherine, in buona parte inutili.

Ridurre il numero di alunni per classe? Nemmeno a parlarne!

Per tutto questo non può pagare un insegnante o un collaboratore scolastico.

Non siamo i carnefici, siamo le vittime di un sistema assurdo, dove a tante belle parole contenute nelle circolari e negli ordini di servizio non corrispondono mai i fatti.

Siamo le vittime di un precariato decennale che ci rende schiavi, e contemporaneamente il motore inesauribile che manda avanti la baracca, tra le offese di politici e giornalisti e purtroppo anche di una consistente fetta di società civile manipolata da falsa informazione.

Siamo noi che svolgiamo sempre il nostro lavoro con passione, chiudendo gli occhi di fronte a tutte queste carenze e soprusi, spendendo risorse economiche e fisiche per assicurare sempre il meglio ai nostri alunni.

Basta quindi chinare il capo.

Vogliamo lavorare in sicurezza, per noi e per i/le nostr* alunn*.

Vogliamo essere tutelat*, vogliamo che la scuola sia un luogo sicuro e accogliente per tutte e tutti.

La morte tragica di un bambino a scuola ci strappa il cuore, ma se pensiamo che sia compensata dalla condanna delle “responsabili” non stiamo facendo nulla per evitare che un evento del genere si ripeta.

Se vogliamo evitare altre morti, smettiamo di girare la testa dall’altra parte: i responsabili sono lì, da decenni ai posti di comando; iniziamo ad inchiodarli alle loro colpe.

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