Sono anni ormai che in Italia si sente parlare di fissare per legge il salario minimo; anche di recente è stato indicato dal Premier Conte come una delle tre misure cardine della manovra, benché poi, nella querelle di maggioranza tra PD e M5S sul Meccanismo Europeo di Stabilità, sia un po’ scomparso dall’orizzonte, pur restando una proposta centrale, specialmente per i grillini. Chiunque ne parli, però, affronta il tema in maniera “strana”, come se fosse, appunto, una spesa da inserire nella manovra di bilancio, come se fosse un’uscita a cui garantire delle coperture, al pari del reddito di cittadinanza o della flat tax. Apparentemente questo modo di parlarne è inspiegabile: l’aumento del salario minimo non c’entra niente con il bilancio dello Stato, riguarda unicamente i soldi con cui le aziende pagano i loro dipendenti. In un paese dove il potere d’acquisto dei lavoratori è pari a quello degli anni Settanta1, ed in cui un quarto dei lavoratori guadagna meno di 10.000 euro all’anno2, far uscire un po’ di euro dalle tasche degli imprenditori e dei proprietari d’azienda per darle a chi lavora non dovrebbe destare tanto scandalo, tanto più se consideriamo che la progressività dell’imposizione fiscale, teoricamente prevista dalla Costituzione, è sempre più un miraggio. Eppure negli ultimi mesi i politici di ogni partito si stanno impegnando per scovare delle “coperture economiche” al salario minimo, per far sì che l’aumento dei salari sia a “costo zero per le imprese”.
Sebbene inizialmente si era parlato di aumentare il salario minimo senza nessun tipo di merce di scambio da dare alle imprese (il presidente dell’Inps aveva stimato un trasferimento dalle tasche dei capitalisti a quelle dei lavoratori di ben 10,8 miliardi di euro3) ormai di salario minimo se ne parla solo legandolo al taglio del cosiddetto cuneo fiscale, cioè della differenza tra la quantità di denaro che spende per ogni dipendente un’azienda e il salario lordo (a cui verranno sottratte le tasse e i contributi che spettano al dipendente) che finisce nella busta paga del lavoratore. Ma tale differenza non è un’inutile gabella, non è una vessazione gratuita delle aziende da parte dello Stato: è in gran parte composta dalla parte dei contributi Inps ed Inail spettanti alle aziende, ed in piccola parte dall’Irap, la tassa sul lavoro che finisce nelle, già esangui, casse regionali. Tagliare il cuneo fiscale vuol dire, in poche parole, diminuire i soldi che finiscono nelle casse dell’Inps, a coprire le pensioni dei lavoratori, e quelli che servono a finanziare i servizi pubblici degli enti locali4.
Sul taglio del cuneo fiscale appaiono d’accordo tutti: M5S, PD, Lega e tutta la destra. Sul salario minimo un po’ meno: per il M5S rappresenta una riforma da spendere come simbolo della lotta al lavoro povero (e la nomina a ministro del lavoro di Nunzia Catalfo, relatrice del loro ddl, è un altro segnale della loro volontà a portarlo avanti); in teoria il PD dovrebbe essere d’accordo (ha anche presentato una proposta di legge simile a quella del M5S quando era all’opposizione) ma nella pratica sta avendo molta cautela, dovuta anche alle posizioni assunte da Confindustria (contraria) e sindacati confederali (contrari perché ne vedono i pericoli alla contrattazione collettiva).
Per noi non c’è dubbio: vogliamo che la riforma del salario minimo sia fatta, ma non nella forma truffaldina che sta assumendo, in cui il salario minimo viene alzato al prezzo di un taglio del cuneo fiscale, non facendo spendere un euro in più alle aziende, ma sostanzialmente anticipando in busta paga parte del salario differito – pensioni, indennità di infortunio, disoccupazione o di malattia – e di quello indiretto – i servizi pubblici – che quindi diminuiranno per tutti.
Oltre ai danni connessi ad un taglio del cuneo fiscale, i contorni che sta assumendo la proposta di salario minimo lasciano fuori molte categorie di lavoratori e alcune questioni che riguardano il lavoro povero, ossia quelle persone che pur lavorando non riescono a raggiungere un reddito sufficiente ad avere una vita tranquilla. Abbiamo provato ad elencarle, provando a ricavarne delle proposte che possono diventare delle rivendicazioni nella lotta per la realizzazione di un vero salario minimo.
Non c’è lotta al lavoro povero senza lotta al lavoro nero
La proposta attuale del M5S fissa per legge il salario minimo lordo a 9 euro l’ora, con un netto che varia a seconda del reddito annuo (e della relativa tassazione), e che diventa in media poco meno di 7 euro l’ora5. Secondo le stime dell’Inps il 22% dei lavoratori del settore privato (tranne quelli dei settori agricolo e domestico, finora esclusi dalla proposta di legge) prende un minimo orario inferiore, quasi la metà di questi (il 9% dei dipendenti del settore privato) è anche al di sotto degli 8 ora l’ora. In totale siamo a circa 4,3 milioni di lavoratori che vedrebbero aumentare il loro netto in busta paga. Ad essi si devono aggiungere tutti quei lavoratori in nero che nella maggior parte dei casi ricevono una paga oraria largamente inferiore a quella fissata nel disegno di legge. Si tratta di una parte consistente dei working poors (lavoratori poveri) italiani, visto che secondo le stime dell’Istat i lavoratori in nero sono in Italia più di 3 milioni, il 15% dei lavoratori totali6. Il loro salario minimo è già più basso di 9 euro (infatti anche quando è superiore al netto, che in media oscilla attorno ai 7 euro, va ricordato che il dipendente in nero è privato di tutti gli istituti e le tutele previste dal CCNL, di cui parleremo nel prossimo paragrafo), e non verrà toccato dall’introduzione della legge, visto che le aziende che li sfruttano non rispettano la legge già ora. Per fargliela rispettare va approntato un massiccio piano di controlli con nuove assunzioni di ispettori del lavoro.
Salario minimo e tutele contrattuali di base
Il salario minimo va subito alzato a 9 euro lordi orari, ma non basta. Come definito dai Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (CCNL) la busta paga di un lavoratore si compone anche di altre importanti voci, che sono tutte parte del salario che viene corrisposto ad ognuno: mensilità aggiuntive, TFR, buoni pasto, maggiorazioni per straordinari, ferie, malattia, contributi previdenziali ed assicurativi (disoccupazione)… inoltre il CCNL regola, per chi lo applica, le condizioni generali di esercizio come orari, turni, ferie, permessi, diritti e doveri, mansioni, qualifiche, livelli di inquadramento. Per questo la contrattazione collettiva va difesa ed oltre al salario minimo vanno garantite per tutti, indipendentemente dal settore e dalla tipologia contrattuale applicata, delle condizioni minime che contraddistinguano un rapporto di lavoro accettabile, poiché non vi può essere un rapporto di lavoro che si intenda correttamente regolato esclusivamente con l’applicazione della minima retribuzione oraria. Al momento, per come è formulata l’attuale proposta del M5S il salario minimo rischierebbe di diventare quello massimo. La proposta di legge sembrerebbe, infatti, definire i 9 euro lordi sulla paga complessiva, per cui tutta la parte accessoria al salario prevista dal CCNL potrebbe andare perduta. I rapporti di forza tra lavoratori e imprenditori risulterebbero, di conseguenza, ancora più indeboliti.
La nostra proposta è quindi quella di definire l’importo dei 9 euro lordi sulla paga base in maniera esplicita e non su quella complessiva, senza intaccare le voci del salario accessorio, le ferie e tutti quei diritti che andrebbero allargati e per i quali deve rimanere centrale lo strumento della contrattazione collettiva nazionale.
Salario minimo mensile per una vita degna
Il problema del salario minimo va ribaltato. Non è solo una questione di minima retribuzione oraria, ma di un salario minimo che ci consenta di vivere tutti i mesi, tutti i giorni dell’anno. Come mostravano i dati usciti all’epoca del varo del reddito di cittadinanza, in Italia c’è un problema di lavoro povero che non riguarda semplicemente i minimi orari, ma quanto un lavoratore o una lavoratrice riescono a portare a casa a fine mese, o nel corso di un anno. Lavorare qualche ora a 9 euro, non risolve il problema di dover campare per 365 giorni all’anno, ed i dati sul reddito dei lavoratori sono impietosi: come già detto oggi in Italia 1 dipendente su 4 ha redditi annui lordi sotto i 10.000 €, si tratta soprattutto di lavoratori discontinui o part-time (di questi, secondo i dati Inps riportati dal Sole 24 Ore, appena il 9% ha lavorato tutto l’anno, il 20% tra 6 e 12 mesi, il 27% tra 3 e 6 mesi e il 44% meno di tre mesi)7. Tra questi ci sono alcuni che scelgono volontariamente di lavorare poche ore, per integrare altre fonti di reddito familiare, ma per molti si tratta di sottoccupazione involontaria: vorrebbero lavorare di più ma non possono. Il salario minimo mensile avrebbe la funzione di argine contro questo part-time involontario (che secondo l’Istat riguarda quasi 3 milioni di lavoratori, soprattutto donne8) poiché se il minimo mensile è fissato per legge (un’ipotesi potrebbe essere quella di assumere il valore francese del salario minimo mensile, 1500 euro lordi all’incirca), alle imprese non converrebbe più fare contratti da 10 ore a settimana per risparmiare. Questa proposta si integra alla nostra lotta per la riduzione dell’orario di lavoro – 32 ore settimanali in luogo delle attuali 40 – a parità di salario: redistribuire i carichi di lavoro tra chi lavora troppo e chi è disoccupato vuol dire riuscire a garantire a tutti il reddito minimo per avere una vita dignitosa.
Non escludere lavoro domestico ed agricolo
L’attuale proposta di legge del M5S esclude i lavoratori domestici e quelli agricoli dall’applicazione del salario minimo, con la scusa che la riforma per loro avrebbe il risultato di incentivare il lavoro nero. Si tratta di una parte molto grande dei lavoratori e delle lavoratrici che oggi si trovano sotto la soglia dei 9 euro: 480 mila quelli del settore domestico, e 415 mila quelli del settore agricolo, secondo i numeri dell’Inps9. La legge sul salario minimo, nel testo delle stesse proposte di legge presentate, si propone esplicitamente di attuare l’articolo 36 della Costituzione – Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. È paradossale che si richiami una norma costituzionale per rivendicare un diritto dal quale si vogliono escludere una parte dei lavoratori. La legge sul salario minimo va applicata a tutti.
No a leggi sulla rappresentanza che diano privilegi esclusivi ai sindacati confederali
Un punto ha incontrato il netto favore di Cgil, Cisl e Uil (dubbiosi sul resto della riforma): il richiamo ai contratti firmati dalle Organizzazioni Sindacali (OO.SS.) più rappresentative che prelude ad una legge che stabilisca un trattamento di favore ai sindacati confederali. Addirittura nella proposta legislativa dei Cinque Stelle c’è un richiamo esplicito all’Accordo sulla Rappresentanza firmato il 10 gennaio 2014 da Confindustria, Cgil, Cisl e Uil e recentemente – 19 Settembre – sottoscritto anche da INPS e Ispettorato del Lavoro. Tale accordo ha posto gravi limiti all’agibilità sindacale nei luoghi di lavoro, e garantisce ai sindacati confederali un primato sugli altri sindacati (tra i quali sindacati di base più conflittuali di quelli confederali) anche nei settori e nei luoghi di lavoro dove non sono loro le OO.SS. con più iscritti. Per noi una battaglia per il salario minimo deve contestare questo impianto, rifiutando l’Accordo sulla Rappresentanza e chiedendo criteri oggettivi per certificare la rappresentatività delle organizzazioni dei lavoratori.
Per chiarezza ricapitoliamo le nostre proposte:
– Sì al salario minimo orario lordo subito a 9 euro.
– Deve essere applicato a tutti i settori (compresi lavoratori agricoli e domestici oggi esclusi)
– Non deve essere accompagnato da un taglio del cuneo fiscale. L’aumento deve essere pagato dalle aziende, senza forme di aiuti di Stato (sgravi fiscali, indennizzi…).
– Lotta per l’eliminazione del lavoro nero, senza la quale non si combatte veramente il lavoro povero.
– Difesa della contrattazione collettiva e contratto minimo.
– Salario minimo mensile a 1500 euro lordi legato ad una riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali, a parità di salario per tutti i lavoratori e le lavoratrici.
– No alla leggi sulla rappresentanza che diano privilegi ai sindacati confederali, sì a quelle che certifichino la rappresentatività reale delle organizzazioni sindacali e dei lavoratori.
1XVIII Rapporto annuale Inps, Luglio 2019, https://www.inps.it/nuovoportaleinps/default.aspx?itemdir=52957
2Francesca Barbieri, Reddito di cittadinanza, un lavoratore su 4 guadagna meno di 780 euro al mese, 11-03-2019, https://www.ilsole24ore.com/art/lavoro-42-milioni-guadagnano-meno-reddito-cittadinanza-ABy9kWcB
3Tridico al convegno USB: con il salario minimo 10,8 miliardi ai lavoratori. Ridurre l’orario di lavoro, 20-05-2019, https://www.usb.it/index.php?id=1132&tx_ttnews[tt_news]=109473&cHash=5d5eea2e4d
4Una buona analisi su cosa consiste il taglio del cuneo fiscale l’ha fatta il collettivo di economisti Coniare Rivolta. Cfr. Salario minimo e cuneo fiscale: la fregatura è servita, Coniare Rivolta, 18-07-2019, https://coniarerivolta.org/2019/07/18/salario-minimo-e-cuneo-fiscale-la-fregatura-e-servita/
5Antonio Barbato, Salario minimo a 9 euro lordi all’ora: cosa prevede il disegno di legge, FanPage, 01-05-2019, https://job.fanpage.it/salario-minimo-a-9-euro-lordi-cosa-prevede-il-disegno-di-legge/
6Istat, Anni 2013-2016. L’economia non osservata nei conti nazionali, 12-10-2018, https://www.istat.it/it/files//2018/10/Economia-non-osservata_2013-2016_rev.pdf
7Francesca Barbieri, Reddito di cittadinanza, un lavoratore su 4 guadagna meno di 780 euro al mese, Il Sole 24 Ore, 11-03-2019, https://www.ilsole24ore.com/art/lavoro-42-milioni-guadagnano-meno-reddito-cittadinanza-ABy9kWcB
8Simona Temperini, Part time involontario, è boom, Adnkronos, 23-06-2019, https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2019/06/23/part-time-involontario-boom_MUtpubso0WnRoA8tBrmrcK.html
9Salario minimo a 9 euro, ci sono 4,3 milioni di rapporti di lavoro sotto la soglia, La Repubblica, 01-07-2019, https://www.repubblica.it/economia/miojob/lavoro/2019/07/01/news/salario_minimo_a_9_euro_ci_sono_4_3_milioni_di_rapporti_di_lavoro_sotto_la_soglia-230061605/