Sono stati mesi intensi e faticosi, prima l’incontrarci; l’annusarci, poi la decisione che, forse, si poteva fare, e poi la campagna elettorale, bella, faticosa ai limiti dell’assurdo.
Personalmente erano quasi venti anni che non facevo politica attiva, uscito da Rifondazione all’inizio degli anni 2000, vedevo che il mio vecchio partito si lacerava in continue scissioni, perdeva consensi, fino a diventare un partitino extraparlamentare. Io continuavo a fare politica personalmente, nei miei film, nella mia vita quotidiana, ma non riuscivo ad appassionarmi a nessun progetto politico che abbia cercato di nascere in questi anni (e ce ne sono stati tanti).
Neanche l’esperienza del Brancaccio mi aveva entusiasmato.
Poi, per caso, mandando un messaggio all’ex OPG (dove avevo girato alcune scene di un film) su Facebook, mi rispondono: “Sì, la proiezione non prima di marzo”, “Accidenti che fila che c’è”, penso io. “Ma no, non sai niente delle elezioni, di Potere al Popolo?” E per la prima volta dopo anni provo quell’emozione, quella voglia di partecipazione che sembrava avermi abbandonato.
Partecipo alle assemblee nazionali, a quelle romane, non mi perdo una riunione di coordinamento romano, conosco decine di compagni nuovi e ne rincontro alcuni dopo vent’anni.
Non c’è molto tempo, si discute molto, ma si agisce ancora di più. Divento il regista “ufficiale” romano, poi si aggiungono altri, anche se non riesco a fare tutto quello che vorrei, per mancanza di tempo soprattutto, ma anche di organizzazione, siamo appena nati, non siamo ancora “rodati”. Ed è l’impressione che mi danno molti altri compagni: vorrebbero fare di più, ma in questa foga ci pestiamo i piedi l’un l’altro, ci scontriamo, litighiamo, ma continuiamo a lottare insieme.
Lungo la strada molti si uniscono a noi, ma molti sono restii, rimangono a guardare dalla finestra, tra questi ci sono i centri sociali romani e altre realtà territoriali, ed è un peccato.
Dopo questa follia che ci toglie le energie, quando esco dal seggio elettorale alle 4,30 e vado al pub dove avevamo appuntamento, vedo che c’è Viola, c’è la televisione e lì scopro l’esito delle elezioni (nelle sezioni dove facevo il rappresentante di lista andavamo dal 3 al 9 percento).
Un momento di scoramento, ma una cosa è certa, neanche dobbiamo dircela: si continua, indietro non si torna.
Poi una nuova sorpresa, a urne chiuse abbiamo una copertura mediatica superiore di quella avuta in campagna elettorale (e bravissima Viola a non averlo detto in TV, o avremmo fatto la figura dei piagnoni, come qualcun altro) e questo fa sì che tantissime persone ci scoprono a elezioni terminate. Così nei giorni immediatamente successivi, quando pensavamo di tirare un po’ il fiato, veniamo sommersi di richieste, addirittura qualcuno cerca di organizzarsi da solo in nome di Potere al Popolo, quindi bisogna invitarlo alle riunioni, guidarlo, integrarlo.
Ora serve il passaggio successivo, tutto quello che non abbiamo fatto perché non c’era tempo bisogna farlo ora, democratizzare la vita interna, aprire a tutti quelli che erano alla finestra a vedere come andava a finire, dire loro: “Ecco siamo ancora qui, non era solo una alleanza elettorale, vogliamo esistere, essere veri, cambiare questo paese, la sua economia, certo, ma anche la sua cultura, il suo modo di essere, e vogliamo farlo non solo con le elezioni, ma soprattutto vivendo le città, i quartieri, i territori, e vogliamo farlo con voi, perché uniti siamo tutto”.
Il fatto di non avere una tessera in tasca, di essere un “cane sciolto” da una parte mi ha fatto sentire solo, quando i partiti decidevano tra di loro e io, insieme a pochi altri, restavo privo di rappresentanza politica, ma dall’altra ne andavo orgoglioso: “A quale formazione politica appartieni tu?” (intendendo di quelle interne a Potere al Popolo)”, io rispondevo, con orgoglio: “A Potere al Popolo”.
Avanti compagni, soprattutto voi che ancora ci guardate ma non avete ancora fatto il passo decisivo, e so che siete una marea, vorrei che anche voi poteste dire, col mio stesso orgoglio: “Io sono di Potere al Popolo!”.