Condividiamo la tesi di questa vertenza, secondo la quale profitto e servizio pubblico restano incompatibili, così come la delegazione sindacale dell’Unione Sindacale di Base ha riferito nell’incontro con il governo lo scorso 9 novembre.
In particolare due aspetti sono centrali per comprendere la vertenza; da una parte come stabilito dalla normativa vigente (L.21/92) è fondamentale mantenere il carattere territoriale del Servizio, affinché questo mantenga la funzione complementare e integrativa nel Trasporto Pubblico Locale, e possa contribuire a fornire una risposta ad un diritto alla Mobilità che viene enunciato anche Costituzionalmente. Dall’altra c’è l’esigenza di contrastare proprio per il precedente aspetto, ogni tendenza speculativa in quello che deve rimanere un SERVIZIO e pertanto non governabile con dinamiche orientate a processi di mercato. La posizione da sempre portata avanti da USB, anche in questo ambito, è proprio l’incompatibilità tra Servizio e Profitto, tra Diritti e Mercato. La complice cecità dei vari Governi che si sono succeduti, rispetto alla situazione di questo segmento del Trasporto Pubblico è gravissima. L’aver abdicato al ruolo di garante di queste esigenze da parte dello Stato ha allettato appetiti ancor più smisurati e pericolosi da parte di nuovi soggetti. Società Multinazionali con enormi disponibilità economiche (fondi d’investimento) che aspirano ad assumere posizioni monopoliste, in un settore che viceversa non può tollerare tale conformazione, sono una realtà con cui ci stiamo scontrando quotidianamente, senza che neppure gli altri due enti che sovraintendono al Trasporto Pubblico, Regione e Comune, intervengano. Le stesse modalità operative attraverso cui queste Società sviluppano la loro proposta commerciale manifestano in maniera lampante la loro volontà d’intercettare solo la parte più appetibile della domanda, quindi non più in maniera indifferenziata (normativa vigente), ma ancora una volta selezionando l’utenza e ponendo sempre più in difficoltà la parte più debole.
Lo fanno come spesso accade con la complicità dei mezzi d’informazione, usando il cavallo di Troia della cosiddetta innovazione tecnologica, fingendo di voler contribuire a modernizzare il settore attraverso l’utilizzo delle APP, rispetto alle quali non ci sono problemi (anche perché lo strumento era già presente nel settore), ma celando invece il vero elemento discriminante, ovvero chi deve gestire lo strumento e le finalità di questa gestione. L’inganno nascosto dentro il cavallo, non è quindi l’innovazione, il moderno che avanza, ma piuttosto una regressione lavorativa, che ripropone la mezzadria medievale, che trattiene per il potente una percentuale, spesso pressoché esentasse e assolutamente priva perfino del rischio d’impresa, e che pone lavoratori e utenza in una posizione estremamente pericolosa e subalterna.
Potere al Popolo segue questa vertenza dei taxi , e con essa vuole difendere e tutelare l’intero Trasporto Pubblico Locale, perché si inserisce in quella più grande e collettiva contro le privatizzazioni, per nazionalizzare le aziende strategiche e difendere il pubblico dove ancora c’è, contro il profitto di pochi per gli interessi di tutti coloro che in questi anni ne hanno subito le conseguenze devastanti e gravissime nei territori e nei luoghi di lavoro. E lo facciamo con grande convinzione, diversamente dai proclami populisti dell’attuale Governo, che si limita ad evocare le nazionalizzazioni più che a realizzarle realmente.