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No alla propaganda, sì ai diritti! Potere al Popolo sulla vicenda “Normale” e sull’istituzione dell’ennesima Scuola d’eccellenza

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Da settimane ormai si parla dell’istituzione di una Scuola Normale a Napoli, prevista dal governo in questa nuova finanziaria. Il Movimento 5 Stelle – che a Sud e in particolare a Napoli ha fatto il pieno dei voti – ha dato massimo risalto a questa iniziativa, che doveva servire, nella sua propaganda, a dimostrare che questo governo non è a trazione Lega (Nord).

I facili entusiasmi, però, sono stati subito gelati dal sindaco leghista di Pisa Conti, un loro alleato di Governo, contrario alla realizzazione della scuola perché i meridionali terroni avrebbero “rubato” il nome della Normale…

Ma, al di là della pagliacciata leghista, contro questo progetto improvvisato si sono schierati anche ricercatori, assegnisti e personale tecnico-amministrativo della scuola Normale di Pisa, che, ricorrendo ad una mozione di sfiducia (come ratificato poi in una nota del Senato Accademico), hanno indotto Vincenzo Barone, Direttore della Scuola, a rassegnare le dimissioni. Sono forse diventati tutti leghisti? Al contrario! Aspetto cruciale della controversia è stato il mancato coinvolgimento delle parti interessate al processo consultivo riguardante il progetto della creazione di un’ennesima Scuola d’Eccellenza.

Il vero punto politico di tutta la questione infatti — a cui nessuna testata giornalistica (a parte questa) ha dato alcuna rilevanza, facendo torto alle ragioni dei tanti studenti, ricercatori, docenti e tecnici amministrativi contrari — era e continua ad essere l’appropriatezza o meno di un progetto di tale portata. Da anni assistiamo a una tendenziale e ormai cronica decrescita del finanziamento degli atenei. Da questo punto di vista, l’attuale Legge di Bilancio 2019, non segna una grande discontinuità: c’è un tiepidissimo aumento dello 0,5% dei fondi (FFO) destinati a tutte le Università, ma questi appena 40 milioni potranno essere disponibili solo dopo la verifica del bilancio dello Stato prevista a luglio. Nel frattempo è confermato anche per il 2019 il blocco alle assunzioni del personale.

Curiosamente, però, si arrivano a stanziare ben 50 milioni per la creazione di una Scuola Superiore Meridionale (93 milioni spalmati fino al 2025). Una scelta che nel suo impianto teorico è in linea con quanto fatto dai governi precedenti: alimentare la logica dell’eccellenza ed aumentare la polarizzazione tra Atenei serie A e di serie B (leggi anche la nota degli studenti della normale e di Noi restiamo ), invece di dare diritti agli studenti, ai lavoratori e migliorare i servizi degli atenei, i quali, soprattutto nel Mezzogiorno, stanno assistendo a una vera e propria fuga di studenti, che vanno al Nord in cerca di migliori opportunità formative e lavorative.

Anche questo governo infatti conferma di voler affrontare l’ormai cronica condizione emergenziale degli atenei italiani con interventi di spending review, compromettendo offerta formativa, didattica e diritto allo studio di milioni di studenti, salvando però con finanziamenti ad hoc la formazione d’eccellenza di quella che viene definita la “futura classe dirigente”. Un processo di élitarizzazione accademica questo alimentato anche e soprattutto dall’ANVUR (Agenzia Nazionale di Valutazione del Sistema Universitario) che importa all’interno della massima istituzione scientifica e culturale del Paese logiche aziendalistiche di meritocrazia, efficienza e competitività ai fini dei ranking nazionali ed internazionali e del meccanismo premiale nella concessione dei finanziamenti. Va certo detto che il sistema dell’Alta Formazione riconosce ancora una centralità del pubblico, anche se sappiamo bene come all’interno della cornice dei Trattati europei il termine “pubblico” non sia necessariamente sinonimo di “interesse collettivo per il bene comune”. In questo caso il pubblico, cioè lo Stato, scegliendo di sostenere finanziariamente pochi centri di eccellenza iper-specialistici, squalifica tutti quegli atenei non direttamente funzionali alle esigenze produttive del mercato capitalistico europeo.

Risultano inoltre ancora inevasi i dubbi sulle future ricadute del progetto sia sul sistema universitario del Sud sia sulla specifica Università Federico II di Napoli che, come descritto nella Legge di Bilancio (art.1, comma 214), dovrà assicurare un supporto amministrativo e logistico alla Scuola Superiore Meridionale per i primi 3 anni di avvio. Atenei napoletani (Federico II insieme all’Orientale e a Parthenope) che da alcuni anni non riescono nemmeno più a garantire l’erogazione delle borse di studio o l’assegnazione di residenze universitarie sicure e a norma di legge. Per non parlare poi dell’assunzione del personale precario, su cui tutto il sistema universitario si regge!

Quanto emerso a Pisa con la vicenda della Scuola Normale Superiore riaccende dunque l’attenzione sulla necessità di invertire la rotta della politica universitaria per come è stata concepita dai governi degli ultimi 30 anni. E questo può avvenire solo redistribuendo equamente adeguati finanziamenti a seconda dei bisogni degli atenei e della popolazione di quei territori. L’Italia è uno dei paesi europei che investe di meno in Università e Ricerca (solo lo 0,16% del PIL) e con il numero più basso di laureati. Solo aumentando i finanziamenti di 40 volte tanto quanto stanziato dagli ultimi governi sarà possibile rilanciare l’Istruzione e la Ricerca per dare risposte concrete anche ai tanti ricercatori e docenti precari.

Insomma: non ci serve propaganda, o spot dal sapore elettorale in vista delle europee. Ci servono fatti, misure concrete, rispetto dei diritti. Quanto al grottesco e ridicolo teatrino sollevato dalla Lega in merito al presunto brand pisano, che dire se non che “l’unico pericolo sociale è l’ignoranza”? Quella che è in dote a chi governa oggi il nostro Paese.

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