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Nel Pd non rimane niente della tradizione comunista

 

“Io non ho quel problema lì”, dice Bonaccini. Quel problema lì è il problema del comunismo. Bonaccini ci tiene a rivendicare di essere stato il primo presidente dell’Emilia-Romagna a rompere con la parte comunista: non c’è nessun partito comunista al governo in regione. In altre parole che nel dopoguerra ha saputo dirigere la crescita economica verso l’uguaglianza sociale, il welfare state e i diritti del lavoro. Ecco spiegati in pochi secondi il suo amore per i grandi imprenditori, il suo entusiasmo per la privatizzazione dei servizi sociali (a partire dalla sanità) e la competizione fra e dentro le regioni che prende il nome di autonomia differenziata.
E su tutto questo è perfettamente in linea con Lega e M5s. Lo dimostra quello che lui stesso dice subito dopo: “Mentre alle europee la Lega in regione spopolava, contemporaneamente il Pd vinceva le amministrative in moltissimi comuni”. A lui sembra un segnale di una possibile vittoria. In realtà, questo dato è la conferma di come il suo partito e la Lega siano visti come la stessa cosa, uno vale l’altro: l’elettorato sa meglio di tanti analisti che ormai non c’è più differenza.
Per questo abbiamo sentito la responsabilità di presentare una proposta fuori dal coro, per dare voce a quella maggioranza della società che in un’epoca estremamente rumorosa è paradossalmente messa sotto silenzio: Potere al Popolo si candida per questo, per rompere con il partito che fa gli interessi di pochi sulla pelle di tutti.

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