Finalmente un accordo allo stabilimento Italpizza che metta pace in una città giudicata in pericolo ordine pubblico. In una Modena produttiva e silente che non può politicamente tollerare che dei lavoratori evidenzino, come il sistema Modena, quello governato dal Partito Democratico, e i suoi connubi con le cooperative e imprese globalizzate, sia tollerante e remissivo nei confronti dei diritti dei lavoratori. La faccia del Sindaco e della sua maggioranza è salva.
Ma i suoi elettori e i cittadini tutti, possono davvero stare tranquilli?
Noi non lo crediamo. Anche perché quando in una città è necessario che dei lavoratori sfruttati per legge, appaiano tali solo perché in rivolta e in scontro anche fisico con le forze dell’ordine, la cosiddetta “Sinistra del nuovo Millennio” ha perso o meglio, ha mostrato il suo vero e definitivo volto. Quello che riconosce il Diritto degli uomini, una variabile dipendente dal profitto.
Noi non possiamo tollerare che il popolo della città di Modena, che si è schierata con i lavoratori, si consideri perdente. Anche perché chi ha veramente perso, sono proprio quei sindacati confederali che sbandierano come conquista quell’accordo.
Con quella firma, per il momento, la pace in città è fatta ma il prezzo è stato l’accettazione scandalosa di una profonda dipendenza dei sindacati dalle decisione delle organizzazioni imprenditoriali. Un azione questa evidenziata non solo dall’accettare in modo scandaloso l’assenza dei Cobas, che quelle rivolte hanno guidato, legittimando così la possibilità della controparte e non dei lavoratori di scegliersi gli interlocutori ma, la divisione dei lavoratori stessi e il riconoscimento dei loro diritti come una conquista contrattuale da raggiungere e non un diritto sancito ed esigibile da un contratto nazionale. Questo il punto di maggiore gravità. Con quella firma è stata inferta una ferita profonda al quel riconoscimento e all’art. 1 della Costituzione.
Quell’accordo non “sancisce un importante precedente”, come sostenuto da CGIL CIS e UIL, perché quello era già avvenuto con la vicenda della Castelfrigo. Al contrario, ha contribuito a mortificare un focolare di lotta spontanea per i Diritti e la Democrazia attuata da lavoratori disperati.
La necessità di sostenere sino in fondo il riconoscimento dell’applicazione del contratto nazionale, doveva essere la loro prerogativa, come di tutti i cittadini democratici di questa città. In quella lotta vi era la possibilità, di nuovo, di riaprire una seria denuncia ed azione contro un sistema di sfruttamento uomo-lavoro, spesso rappresentato dalla forma cooperativa e non solo, nella nostra provincia. Il mancato rispetto e riconoscimento economiche e delle mansioni di quei lavoratori che tutti i giorni svolgono “a chiamata” per molte ore a turno dentro e fuori quella fabbrica, rappresenta un serio pericolo per la tenuta stessa della nostra Democrazia. Dentro e fuori i luoghi di lavoro.
Non esistono e non possono esistere rimborsi economici per questo perché la Costituzione, “non è e non può essere” in vendita. Questo noi non possiamo tollerarlo e per questo saremo sempre al fianco di chi, insieme a noi, vorrà rivendicala e difenderla.