L’abbiamo detto sin dal principio. Un lungo cammino inizia sempre con un piccolo passo.
Di piccoli passi, in questi mesi, Potere al Popolo ne sta facendo molti. Piccoli grandi passi. Continui e coraggiosi. Giorno dopo giorno, la strada si allarga e noi prendiamo consapevolezza della nostra forza e del nostro potenziale. L’assemblea del 23 settembre a Bologna, cui hanno partecipato oltre venti realtà territoriali da tutto il nord Italia, si inserisce in questo cammino e ha voluto essere tanto un punto d’accumulo quanto uno slancio in avanti.
Potere al Popolo in questi mesi si sta organizzando, sta mettendo in campo una quantità di iniziative che ha dell’incredibile. Da anni non si vedeva una comunità di compagni e compagne tanto viva, tanto propositiva, tanto sana. E mentre si va a avanti a colpi di 50 iniziative a settimana in tutta Italia, mentre si discute legittimamente sulla forma organizzativa del soggetto collettivo, sullo Statuto, la festa di Bologna ha voluto significare la forza che possiamo mettere in campo se organizzati adeguatamente.
L’assemblea è giunta al termine dei quattro giorni di una festa che ha visto momenti assembleari partecipati da centinaia di persone, in cui abbiamo cercato di indagare più aspetti del rapporto tra Centro e Periferia. La “questione settentrionale” che abbiamo cercato di far emergere nel Manifesto di convocazione di questo incontro si inserisce proprio in questa dinamica: settori abbandonati e altri potenziati secondo le necessità del blocco dominante, porzioni di società che vengono distrutte mentre altre vengono salvate, territori che vengono meridionalizzati perché altri devono essere agganciati ai vincenti. In questo gioco all’aumento dei profitti sappiamo bene come in ogni area, in ogni luogo, in ogni periferia, a perderci sono sempre i nostri.
Abbiamo detto con forza che la crisi ha operato in modo assai diverso a Nord e a Sud: la questione meridionale ritorna prepotente con disoccupazione ed emigrazione di massa, desertificazione industriale e crisi dei servizi essenziali, mentre l’altra parte del paese sembra aver trovato la giusta combinazione per posizionarsi dal punto di vista produttivo con il nord politico dell’UE. E mentre ai piani alti si festeggia noi “polentoni” delle periferie dalle mille varietà dialettali (da quelle autoctone al napoletano a al pugliese..) ci troviamo a vivere in un territorio dove ha stravinto la propaganda leghista, in cui l’ idea del “privato è bello” è stata sostituita ormai da “privato è l’unica opzione”, mentre intanto intere aree sono sventrate da opere di cementificazione, consumo di suolo e esempi di inquinamento ambientale decennali a favore del profitto delle grandi industrie. Nelle nostre regioni le politiche di privatizzazione stanno vincendo su tutti i settori lavorativi e le cooperative si sono consolidate come nuovo strumento di sfruttamento del lavoro e della gestione del welfare privato. Sembra che i padroni siano in molti casi riusciti a diventare amici dei lavoratori sfruttati. Sembra che chi emigra forzatamente sia riuscito a convincersi che voleva farlo. Sembra che tutto riesca a tenersi a galla…ma le apparenze spesso sono ingannevoli, e l’ultima tornata elettorale è stato un detonatore forte. Siamo sempre più convinti che Potere al Popolo sia nato al momento giusto, sia stato un cambio di passo necessario nel nostro non essere più autosufficienti (tutti, nessuno escluso) a fronteggiarci con la Storia.
Siamo dunque consapevoli che ci siamo uniti per produrre uno scarto qualitativo innanzitutto, per fare i conti con il nostro compito storico, al di là delle percentuali prese o proiettate, che è quello di affrontare i problemi degli sfruttati con soluzioni strutturali, che come ci dice l’esperienza greca non possono che essere di rottura. A breve ci saranno le elezioni europee e noi saremo chiamati a prendere una posizione coerente e di classe, senza cadere nelle trappole propagandistiche di un potere che indica solo la dicotomia tra élite europeista (compresi i vari Tsipras..) e destra reazionaria fascista. Noi sappiamo che esiste un Piano B, una via d’uscita tra queste posizioni servili e strumentali, una possibilità alternativa che si sta coagulando intorno alla France Insoumise e al Patto di Lisbona.
Per questo unire le lotte esistenti in una sola voce che parli di prospettiva, d’alternativa possibile e concreta, significa continuare quella battaglia politica che ci siamo assunti accettando la sfida meno di un anno fa. Dobbiamo dedicarci alla (ri)costruzione della coscienza tra la nostra gente, tra le fila degli sfruttati terrorizzati e rassegnati alla macelleria sociale cui sembriamo essere destinati. Dovremo essere in grado di declinare parole d’ordine alte, percepite nella loro astrazione come impossibile, folli, fuori dalla realtà, con il nostro vivere di tutti i giorni: “nazionalizzazione” deve perdere il suo tratto irrealistico e disorientante per calare nella concretezza reale dei nostri luoghi di lavoro e della nostra quotidianità.
Sentiamo quindi la necessità di dare forza ai territori sparsi, alla provincia diffusa e perpetua di questo territorio padano estesissimo, che fa perdere ogni orientamento a chi vi abita. Il grigio del cemento, delle continue infrastrutture e delle periferie sconfinate ha inquinato la bussola della nostra analisi e del nostro agire, come uomini e donne e come soggetti collettivi. La costruzione di una rete stabile, la coordinazione che possiamo mettere in campo tra i tanti focolai sparsi può e deve riuscire a colorare nuovamente le nostre esistenze, creando una forza d’uro che rompe la realtà che ci viene imposta è creare un corpo vivo che entra dentro il nostro blocco sociale.
Dovremo mappare la realtà del Nord, per capire cosa mettere in piedi, su cosa concentrarsi nei prossimi mesi, nei prossimi anni. Dall’assemblea emergono due questioni in particolare: l’attacco privatizzatore che investe la sanità pubblica e la salvaguardia dell’ambiente, inteso come scontro da mettere in atto nella faglia che si apre tra le esigenze del Capitale e quelle della Natura. Riuscire a trasformare lotte di eroica resistenza di popolo in trasformazione politica e rivendicazione positiva passa da qui, dal mettere a fuoco le fratture aperte e non ancora chiuse nella percezione degli sfruttati. In molti interventi si è messo in chiaro infatti che a fronte dello sfondamento della propaganda nemica sui temi del lavoro, della povertà, delle migrazioni, la salvaguardia dell’habitat umano ancora regge nella coscienza di molti.
Certamente sarà necessario procedere in tempi brevi a un’integrazione del Manifesto di convocazione, dove nei mesi precedenti alla festa avevamo provato a mettere nero su bianco quelli che più ci sembravano gli elementi strutturali della questione settentrionale. Nel corso di questi quattro giorni ci sono arrivati molte proposte, molti input, e l’attacco alla sanità pubblica e la problematica ambientale si inseriscono proprio in queste linee. Studiare è importante, analizzare è decisivo, la teoria -pensiamo- anticipa e segue sempre la prassi. Fedeli a questa convinzione, stiamo cercando di coinvolgere quanti più compagni possibili in questo percorso d’analisi.
Ma abbiamo già nell’immediato molto su cui concentrarci.
La manifestazione nazionale del 20 ottobre è tutta da costruire, e lo costruiremo anche nei nostri territori. Vogliamo provare a muoverci come un solo corpo, quante più realtà territoriali, la settimana prima di scendere a Roma, per rendere palese anche mediaticamente che noi ci siamo e diamo battaglia.
In quest’occasione andremo a concentrarci sul ruolo delle cooperative, utilizzate negli ultimi due decenni come sperimentazione del lavoro flessibile e precario di matrice neoliberale UE, poi esportato con le varie riforme del lavoro fino al Job Act in tutto il paese. Un sistema di potere, quello delle cooperative, che continua a erodere e distruggere il servizio pubblico sotto la direzione e la complicità di amministrazioni che vanno dai fascisti a certi ambienti della sinistra che pretenderebbe, a parole, di essere più pulita e sincera del Partito Democratico. Attaccare questo sistema di sfruttamento vuol dire aggredire direttamente la falsa opposizione tra fascio-leghisti e soci e democratici e soci, mostrando il loro vero volto di gestori dello sfruttamento per conto terzi.
Caricheremo quindi una delle nostre armi più potenti, il controllo popolare, una pratica che è una scintilla da far brillare nella testa di ogni sfruttato e che trasforma la passività cui si vuole relegarlo in azione positiva in prima persona. Nessuna delega, nessuna fiducia. Il controllo popolare in questo senso interviene nella sfasatura tra quello che dovrebbe essere e quello che è realmente la gestione delle Istituzioni rispetto alla nostra vita.
Quella di Bologna è stata un’assemblea per dire non solo che#indietrononsitorna. È emersa con forza la voglia di andare avanti, riconquistando il terreno perduto nelle periferie che non lasceremo in balia della propaganda incantatrice, tanto quella di Salvini quanto quella del rinnovato fronte democratico.
Andiamo avanti con la forza di chi non ha paura di toccare i punti nevralgici del sistema di potere all’interno della gabbia dell’Unione Europea.
Andiamo avanti coerenti e strutturati, dalla parte di tutti gli sfruttati.