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Lettera al Ministro Di Maio: l’Italia deve agire per fermare il massacro di Erdogan!

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Caro Ministro Di Maio,
finalmente giovedì 10 ottobre, dopo 4 giorni dalla decisione di Trump di spostare le truppe statunitensi dal confine turco-siriano, lasciando così campo libero alla Turchia di attaccare uno Stato sovrano, e a 24 ore dalle prime bombe di Erdogan contro i curdi e le popolazioni della Siria del Nord, apprendiamo che il governo italiano “condanna con forza” l’offensiva turca. Nell’era dei tweet che arrivano pochi secondi dopo la notizia dei fatti, un ritardo davvero “inspiegabile”. Meglio tardi che mai, direbbe comunque qualcuno.
Purtroppo, però, non basta una condanna morale, servono i fatti. Bisogna fermare Erdogan con tutti i mezzi.

L’Italia deve:
Fermare subito l’export di armi ad Ankara, nel rispetto dell’articolo 6 della legge 185 del 1990 che afferma il divieto di commercio di armi “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani” e “l’esportazione e il transito di armi sono altresì vietati verso paesi in stato di conflitto armato”. Dal 2013 (11mln di euro) a oggi c’è stato un incredibile balzo in avanti delle esportazioni di armi alla Turchia, in maniera inversamente proporzionale ai rapporti indipendenti che hanno denunciato l’inasprimento di un regime autoritario e irrispettoso dei più elementari diritti delle popolazioni dentro e fuori i confini turchi. Secondo la “Relazione sulle operazioni autorizzate e svolte per il controllo dell’esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento” (2018) della Camera dei Deputati, l’anno scorso abbiamo venduto armamenti per un valore di 362,3mln di euro (70 autorizzazioni), il che fa della Turchia il maggior beneficiario di armi italiane all’interno della NATO e il terzo su scala globale; allo stesso tempo, l’Italia risulta per Ankara il quarto paese per import di armi. In prima fila c’è la Leonardo, azienda il cui maggior azionista è il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sia per la fornitura di elicotteri che di sistemi satellitari. L’Italia deve fare ciò che il 9 ottobre, per bocca del Ministro della Difesa Antti Kaikkonen, ha fatto la Finlandia e il 10 ottobre la Norvegia, paese membro della NATO: fermare immediatamente l’export di armi;

Sospendere il programma relativo a F-35 Joint Strike Fighter, ad oggi in cooperazione con diversi paesi tra cui la Turchia, per lo “sviluppo, industrializzazione e supporto alla produzione di un velivolo multiruolo di quinta generazione in sostituzione degli aeromobili attualmente in servizio”, per una spesa prevista di 690mln di euro per il 2019 e di 859mln di euro per il 2020 (è prevista poi una fase 2 con avvio nel 2021) – vedi “Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2019-2021”;

Ritirare il contingente di 130 unità che opera in Turchia sotto l’ombrello della NATO, nell’ambito dell’operazione “Sagitta”, una missione “di difesa anti-missile a favore della Turchia” – vedi “Documento Programmatico Pluriennale per la Difesa per il triennio 2019-2021”. Alleanze come la NATO dimostrano una volta di più di servire solo gli interessi di dominio dei suoi membri, soprattutto quelli più forti.

Lunedì 14 ottobre, in occasione dell’incontro dei Ministri degli Esteri dell’UE in Lussemburgo, rivendicare la fine del Programma di aiuti finanziari UE alla Turchia, che ha il solo obiettivo di tenere i migranti siriani lontani dai nostri occhi ed è un’arma di ricatto che Erdogan non ha alcuno scrupolo a utilizzare per avere più spazio di manovra;

Congelare la cooperazione tra servizi segreti italiani e turchi, come richiesto anche da deputati del Labour Party nel Regno Unito: sarebbe imperdonabile offrire ai turchi informazioni che li agevolerebbero nel genocidio delle popolazioni siriane, come pare abbia purtroppo già fatto l’intelligence statunitense, secondo quanto riportato dal New York Times;

Imporre sanzioni diplomatiche ed economiche ai governanti di Ankara, Erdogan in primis.

 

Queste le misure da applicare immediatamente. Il rifiuto morale dell’aggressione turca è assolutamente privo di forza e non basterà sfortunatamente a bloccare l’offensiva. Servono fatti, non parole. L’Italia deve adottare una diplomazia di pace attiva, contribuendo alla giustizia e alla pace tra i popoli.

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