News

I lavoratori Indiani nel più grande Sciopero Generale della Storia: tempo scaduto per Modi?

I lavoratori Indiani nel piu’ grande Sciopero Generale della storia: tempo scaduto per Modi?

L’8 e il 9 gennaio scorsi oltre 150 milioni di lavoratori Indiani hanno partecipato ad una delle piu’ grandi mobilitazioni che il subcontinente abbia vissuto a partire dall’indipendenza. Cortei, sit-in e proteste in tutte le maggiori citta’ e nei piu’ grandi poli industriali del paese hanno composto uno sciopero generale senza precedenti, che ha espresso rabbia e scontento nei confronti del Governo Modi e delle sue misure estremamente anti-popolari.

Questo sciopero generale rappresenta il culmine di un periodo di crisi economica e sociale, che ha visto le altisonanti promesse di Modi progressivamente smascherate, e ha reso le sue politiche autoritarie, nazionaliste e reazionarie sempre piu’ intollerabili. Nonostante l’annunciata creazione di milioni di posti di lavoro e l’impegno a contrastare la disoccupazione soprattutto giovanile, la jobless growth Indiana non si e’ arrestata. Piuttosto, centinaia di migliaia di posti di lavoro sono andati persi, anche nelle aree industriali che negli anni precedenti sembravano trainare una sostenuta crescita economica (es. Gurgaon, Haryana). Nel frattempo, la crisi dell’agricoltura si e’ fatta sempre piu’ acuta, con milioni di piccoli contadini alle soglie della fame, costretti all’indebitamento, che ancora troppo spesso ricorrono a disperati suicidi. La folle demonetizzazione (improvvisa eliminazione dalla circolazione delle banconote di grossa portata), presentata principalmente come manovra anti-corruzione, accompagnata dall’introduzione di una nuova, piu’ alta tassa sui consumi (la GST, Goods and Services Tax), non hanno fatto altro che gravare sulle classi meno abbienti e sui milioni di poveri del paese. La crescita del settore manifatturiero e dei servizi continua ad essere associata ad un’estrema informalizzazione e precarizzazione della forza lavoro, che resta una delle piu’ sottopagate e vulnerabili al mondo. Tutto cio’ da aggiungere a politiche identitarie aggressive che nel corso del governo Modi non hanno fatto altro che alimentare conflitti su base castale, religiosa, etnico- linguistica, secondo un chiaro progetto di divide et impera.

In risposta a tale crisi, e ai recenti tentativi di riformare l’intera legislazione sul lavoro in direzione pro-capitalista e a scapito dei lavoratori gia’ vulnerabili (licenziamenti piu’ facili, ancora meno ostacoli all’impiego di lavoratori a contratto, ispezioni ancora piu’ blande, attacco ai diritti sindacali), lo Sciopero Generale dell’8-9 ha dimostrato forza e unione. Insieme, le 10 principali federazioni sindacali (tra cui INTUC, AITUC, CITU, HMS, SEWA, AIUTUC, con l’appoggio delle due federazioni internazionali ITUC e WFTU), 25 federazioni indipendenti, 21 partiti politici e un largo numero di ONG, associazioni studentesche, movimenti per i diritti civili etc. hanno sfilato
insieme e presentato istanze comuni, condannando il Governo Modi senza riserve. Oltre ai numerosi settori rappresentati amministrazione pubblica, comunicazioni, istruzione, settore bancario, trasporti, ecc.), senza precedenti sono state anche la massiccia partecipazione di lavoratori dei settori informali (costruzioni, venditori ambulanti, trasporto informale) e l’unione di lavoratori industriali e agricoli in un fronte comune.

Le istanze avanzate attaccano Modi su tutti i fronti. Vengono chiesti un salario minimo a partire da 18.000 rupie (INR) (circa 220€; al momento si aggira intorno a 10.000/12.000 rupie), la regolarizzazione dei lavoratori a contratto, il contrasto alla disoccupazione giovanile, misure di sicurezza sociale estese anche ai lavoratori informali, uno stop alle privatizzazioni sfrenate, piu’ supporto all’agricoltura, l’opposizione alle discriminazioni di genere sul posto di lavoro, e cosi’ via.

Una sfida multilaterale per Modi, che a maggio dovra’ ridiscutere il suo mandato e affrontare nuove elezioni. Se il fronte della sinistra sapra’ contrastarlo, rinvigorendo l’opposizione del Partito del Congresso o lanciando nuove proposte, si vedra’ nei prossimi mesi. Nel frattempo, Modi ha risposto come ha fatto finora: con repressione e violenze poliziesche a soffocare le proteste (vedi caso lavoratori Daikin, a Neemrana, Rajasthan). Che il tempo per questo reazionario autoritarismo sia scaduto, e l’India democratica e progressista possa riprendere le redini del paese?

Lorenza Monaco

Lascia un commento