Oggi è 25 novembre, giornata mondiale contro la violenza sulle donne istituita nel 1981.
La violenza di genere è un fenomeno strutturale della nostra società, e siamo ben lungi dall’averla sconfitta. Ecco perchè riportiamo, sinteticamente, alcune dati e alcune considerazioni che aiutano a focalizzare il problema e, conseguentemente, individuare le proposte e rivendicazioni migliori da ottenre attraverso una battaglia quotidiana, costante, profonda.
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Di violenza di genere si muore ancora
Da gennaio a novembre 2021 sono state uccise solo in Italia 103 donne (il 40% di tutti gli omicidi commessi), di cui 87 assassinate in ambito familiare-affettivo e 60 per mano del partner o ex-partner. Inoltre, dal 1 ottobre 2020 al 30 settembre 2021 sono stati registrati 375 transcidi (omicidi di persone trans). La violenza di genere, quindi, miete vittime non solo tra le donne, ma anche su tutte quelle persone che non siano conformi agli standard eteropatriarcali.
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La violenza di genere è un fenomeno diffuso e pervasivo in tutti gli ambiti di vita
Il numero di queste morti è solo la punta dell’iceberg della violenza di genere: stupri, molestie, discriminazioni, violenze psicologiche sono fenomeni altrettanto gravi. Inoltre, non vi sono sfere della nostra vita esenti da tale violenza, dalla famiglia, al lavoro, dalla scuola agli spazi pubblici. E’ per questo che non si può parlare di violenza di genere senza trattarlo come un fenomeno strutturale da affrontare.
Sono ancora moltissime le donne vittime di compagni violenti: la mancanza di servizi adeguati sul territorio, la carenza di personale con formazione specifica tra le forze dell’ordine, l’idea condivisa socialmente che la gelosia sia una forma di amore, il sottofinanziamento dei servizi sono tutti fattori che limitano le donne nel denunciare per assenze di tutele.
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La violenza di genere affonda le radici nelle disuguaglianze strutturali di questa società
La violenza di genere è un fenomeno strutturale perchè causato dalla struttura economica e sociale di questa società che produce volutamente disuguaglianze economiche e discriminazioni profonde. Sono quasi sempre le donne a pagare per prime, e con più violenza, gli effetti delle crisi economiche, delle ristrutturazioni del mercato del lavoro, della disoccupazione.
Per intenderci: nel 2020 durante la pandemia si sono persi 101mila posti di lavoro in Italia. il 98% di questi, quasi 99mila, erano di lavoratrici donne.Si parla a questo proposito di gender gap. Alcuni esempi concreti:
– una donna guadagna uno stipendio netto mensile inferiore di 500 euro
– a parità di mansioni lo stipendio lordo annuo delle donne è inferiore dell’11,5%
– il gap salariale tra donne e uomini raggiunge il 46,7% nelle persone che hanno livelli di istruzioni alti
– le dimissioni volontarie dei genitori di bambini dai 0 ai 3 anni sono nel 77,2% dei casi di genitori donne
L’indipendenza economica è essenziale: non avere un lavoro stabile e, di conseguenza, un reddito stabile, impediscono a molte donne e soggettività lgbtqia+ di uscire da condizioni di pericolo e violenza (partner violenti, ma anche genitori e altri familiari). Porre fine alla violenza di genere significa necessariamente garantire una vita dignitosa a tutte queste persone: la condizione di povertà al di fuori della propria casa non fa che acuire queste situazioni.
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La violenza di genere non è una questione privata e non va strumentalizzata!
La narrazione mediatica che vede la donna sempre vittima e l’uomo violento come un mostro/ pazzo/malato d’amore non fa che aggravare le cose. Si tratta di una narrazione tossica, che distorce la realtà impedendo di vedere davvero cause e nessi di questa forma di violenza. Essendo un fenomeno strutturale, la violenza di genere non è una questione privata o di coppia, ma dovrebbe essere una priorità politica e pubblica, da affrontare seriamente e in maniera coerente.
Il recente affossamento della legge Zan è sintomo dell’arretratezza della nostra società e testimonia che la violenza di genere fa ancora difficoltà ad essere inquadrata come vera priorità a livello politico. Eppure, l’apparato sanzionatorio non basta, occorre investire in percorsi di fuoriuscita, formazione e servizi adeguati e, soprattutto, occorre l’educazione sessuale e relazionale-affettiva.
La violenza di genere non ha razza né etnia: è un fenomeno diffuso su scala mondiale, seppure declinato diversamente in vari contesti. Strumentalizzare i casi di violenza di genere per alimentare razzismo e xenofobia è controproducente, disonesto e assolutamente inutile.
CHE FARE ALLORA? ALCUNE PROPOSTE!
Vogliamo dire basta alla violenza di genere in tutte le sue forme.
– Vogliamo la parità salariale, condizioni di lavoro degne e continuità di reddito per tutt*
– Vogliamo che si investa seriamente nei centri antiviolenza, nei servizi territoriali e nella formazione del personale coinvolto nei casi di denuncia.
– Vogliamo donne libere dal lavoro domestico e di cura ed economicamente indipendenti.
– Vogliamo più investimenti in sensibilizzazione ed educazione a partire dalle scuole.
– Vogliamo che la violenza di genere venga considerata davvero una priorità sociale e politica, e non più un problema individuale e di coppia.
Per tutto questo sabato 27 novembre saremo alla marcia nazionale contro la violenza di genere convocata da Non Una di Meno a ROMA. Ci vediamo in piazza!