Fonte: Corriere del Mezzogiorno
di Fabrizio Geremicca
Alle 13 in punto Mauro Migliazza, cinquantenne romano che si è trasferito da alcuni anni a Napoli ed alla Sanità svolge un intenso lavoro sociale con Alex Zanotelli, sale sul terrazzo dell’ex convento e fa rintoccare la campana, muta da almeno nove anni. Il suo gesto diventa il simbolo, per le ragazze ed i ragazzi che tre piani più giù sono impegnati a rimuovere calcinacci e, per quanto possibile, a pulire, del nuovo corso della chiesa di Sant’Antonio a Tarsia, a poche centinaia di metri da piazzetta Montesanto. Un edificio di culto dei Padri Redentoristi in totale abbandono dal 2009, come del resto i tre piani soprastanti dell’ex convento, e che è stato sottoposto a furti e danneggiamenti.
Ieri mattina è stato occupato da alcune decine di persone, con l’obiettivo di trasformarlo, per lo scorcio di inverno che rimane, in un ricovero notturno per i senza fissa dimora.
L’iniziativa è partita dagli attivisti dell’ex Opg occupato, che corrono alle politiche di marzo sotto l’insegna Potere al Popolo, ed ha raccolto, lungo il percorso, altre adesioni. Una delle più significative è quella di don Francesco Esposito, il cappellano del penitenziario di Poggioreale, che si aggira tra gli striscioni issati in chiesa ed all’esterno dalla Rete di Solidarietà Popolare – questa la sigla che raggruppa tutti i promotori dell’occupazione – senza imbarazzo. «Magari qualcuno – commenta – verrà a dirmi che hanno profanato un edificio sacro. Ebbene, risponderò io, la profanazione è un’altra e si è compiuta già. E’ stata quella di lasciare un luogo religioso e di tanta bellezza ai ladri ed al degrado, piuttosto che utilizzarlo per dare un riparo alle persone che stentano la vita in strada senza un tetto».
Giuseppe Aragno, ex docente universitario di Storia, si spinge oltre e parla di un miracolo. «È quello – precisa – che stamane hanno realizzato questi giovani. Stanno dando alla città ed alle istituzioni una lezione di politica e di solidarietà». Non a caso il professore fa un riferimento alle istituzioni. La decisione di occupare la chiesa dei Padri Redentoristi in Piazzetta Sant’Alfonso e Sant’Antonio a Tarsia, infatti, è stata adottata dopo che invano la Rete Solidale aveva cercato di interloquire con la Curia e con il Comune di Napoli.
«Abbiamo inviato – ricostruisce Chiara Capretti, un’altra attivista – due richieste di mettere a disposizione spazi nei quali potessero trovare accoglienza di notte i clochard. Una è stata indirizzata alla Curia, che non ha risposto. La seconda è stata recapitata al Comune di Napoli, che ci ha fatto sapere di non avere spazi adeguati e disponibili». Nella missiva al cardinale Crescenzio Sepe gli attivisti chiedevano «di destinare temporaneamente all’attività di accoglienza dei senza fissa dimora, durante il periodo di maggior freddo, strutture o chiese che possano garantire un riparo».
La Rete Solidale garantiva l’impegno dei suoi volontari nella gestione dell’accoglienza. Analogamente proponeva al Comune «di mettere a disposizione uno o più immobili» e, anche in questo caso, offriva il contributo volontario dei suoi militanti.
Tramontata l’ipotesi della collaborazione con le istituzioni, ragazze e ragazzi hanno deciso di fare da soli, di agire autonomamente.
«Per noi – conclude Capretti – non è del resto una novità. Già un anno fa aprimmo le porte dell’ex Opg ai clochard durante l’inverno».
Si stima che a Napoli la popolazione dei senza fissa dimora sia di circa 2000 unità. Ne fanno parte stranieri, persone con problemi di dipendenza da sostanze, italiani che hanno perso lavoro ed affetti
familiari. Caritas, parrocchie ed associazioni di volontariato garantiscono pasti e docce, ma resta irrisolto il problema del ricovero notturno.
I posti letto disponibili nei dormitori pubblici sono insufficienti – circa 300 – e ad ogni inverno si contano uno o più decessi di chi, magari stordito dall’alcol oppure avvilito dalla disperazione, si adagia in strada all’addiaccio e non si rialza mai più. L’ultimo episodio pochi giorni fa: Pasquale Fiorenzano, 58 anni, che viveva della carità dei passanti e dormiva nei giardinetti del Molosiglio, è morto nella notte tra il 18 ed il 19 gennaio.