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Il liberismo è di sinistra? Un commento all’editoriale di Alesina e Giavazzi

Il Corriere e il PD : ecco il giornalismo che serve ai padroni

 

Il caffé del sabato mattina, per chi se lo può godere con un po’ più di calma, è allietato, oggi, dall’editoriale del Corriere della Sera dal titolo « La sinistra e il popolo : ecco il liberismo che serve ai deboli ». La firma è di Alesina & Giavazzi, noto duo comico contemporaneo che, nel solco della gloriosa tradizione di Cochi & Renato, Gigi & Andrea, Boldi & De Sica rinnova il talento tutto italiano della supercazzola. I due bocconiani sono autori delle più divertenti barzellette degli ultimi anni: nell’agosto 2007 Alesina spiegava che i primi sintomi di instabilità dei mercati non erano altro che “una correzione, come ce ne sono state altre”; Giavazzi, nello stesso mese spiegava che “la crisi del mercato ipotecario americano è seria, ma difficilmente si trasformerà in una crisi finanziaria generalizzata”. Ardenti sostenitori delle peggiori politiche di austerity, negli anni non solo hanno contribuito ad attuarle – G. era dirigente del Tesoro e responsabile delle privatizzazioni tra il ‘92 e il ‘94 – ma hanno passato il tempo a farcele digerire, come l’effervescente che beviamo dopo un pasto pesante. Lodevole, ad esempio, l’impegno profuso per farci accettare il Jobs Act come panacea di tutti i mali del mercato del lavoro; non ricordiamo però editoriali a commento del fallimento di quella misura in termini di occupazione e salari. Solitamente, rispettosi del loro status di illustri ed indipendenti economisti, non si schierano esplicitamente, ma oggi hanno deciso di stupirci, con un editoriale che è una vera e propria lettera al PD in vista del congresso. Lettera nella quale, amorevolmente, indicano al partito del capitalismo più liberista in che direzione deve andare, cioè esattamente nella stessa direzione in cui è andato finora. In nome dei deboli, dicono, bisogna liberalizzare il mercato del lavoro (ancora?), eliminare la cassa integrazione, non toccare il sistema pensionistico riformato, privatizzare (ancora?), tagliare il debito (che con le politiche da loro sostenute negli ultimi dieci anni è sempre aumentato), pagare i lavoratori diversamente a seconda di dove vivono e altre amenità. Tutto questo lo scrivono nelle pause che riescono a ricavare dal duro lavoro di poltronisti che svolgono da almeno 30 anni, che ha fatto loro buttare sangue e sudore ma almeno ci ha regalato due perle della scienza economica, due geni che non hanno indovinato mai una scelta o una previsione ma che continuano, nonostante questo e anzi in virtù di questo, ad essere editorialisti di punta del secondo quotidiano italiano. In un paese dove vigesse la meritocrazia, A&G non sarebbero mai usciti dalle pagine del giornalino della parrocchia, visto che tutto ciò che hanno sostenuto, in virtù del disegno di traghettare il paese verso una maggiore ricchezza ed equità, ha prodotto sempre e costantemente maggiore povertà e disuguaglianze.

“Il liberismo è di sinistra”: questo il titolo della loro raccolta di battute divertenti di undici anni fa.

Il liberismo ha i giorni contati”, invece: non lo diciamo noi, ma lo dice il mercato stesso, l’abbassamento proporzionale dei salari, della qualità del lavoro, l’aumento della povertà assoluta e relativa, la fine del welfare, l’aumento delle disuguaglianze, l’accelerazione verso una vita di miseria per tanti e lusso per pochi. Lo dicono i popoli che dicono no alle politiche neoliberali degli ultimi decenni, quale che sia la forma che il loro no prende. Gli unici che non l’hanno ancora capito, o fanno finta, sono loro, A&G, e quelli come loro: come i vecchi comici ripetono sempre la stessa battuta, senza rendersi conto che il pubblico è stanco e che non fanno ridere più nessuno.

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