Fonte: Il Fatto Quotidiano
di Fabio Marcelli
Nel corso della sua storia millenaria, l’Italia è stata, nel bene e nel male, un importante laboratorio politico e culturale.
Il sistema politico, sempre più autoreferenziale, non offre nessuna alternativa ma è parte integrante del degrado della vita nazionale, e ne costituisce anzi uno dei fattori determinanti. Quelle che un tempo furono le forze della sinistra più importante e radicata del mondo occidentale sono oramai quasi del tutto estinte. Renzi e il PD hanno da tempo smesso di essere una forza di sinistra da ogni punto di vista. I residui del Parlamento in cerca di riciclaggio raggruppati attorno a Grasso, che pure è una degna persona, evocano un’impressione di stantio e sembrano più che altro interessati alla loro riconferma e del resto fra di loro vi sono molti dei responsabili dell’attuale sfascio della sinistra, a cominciare da Massimo D’Alema, ma non solo lui.
L’alternativa promossa dai Cinquestelle, che pure otterranno un significativo successo che costituirà un importante indice dello stato di esasperazione dei cittadini italiani, si caratterizza per una sostanziale vacuità dei programmi e confusione delle proposte, vacuità e confusione ben simboleggiate dalla figura del candidato a premier. Sembra quindi fatale e inevitabile che alle prossime elezioni prevalga la destra peggiore, con la riproposizione delle gerarchie sociali tradizionali, dalle imprese alla mafia, e del maschilismo patriarcale e una sistematizzazione del discorso razzista che discrimina i migranti solo per poterli meglio sfruttare.
In questa situazione apparentemente disperata sta emergendo tuttavia una possibile alternativa, ancora giovane e gracile, ma che tuttavia sta crescendo impetuosamente e non si fermerà di certo alle prossime elezioni. La sua nascita e il suo sviluppo corrispondono a una legge elementare e fondamentale della politica e della storia: la liberazione del popolo può provenire solo dal popolo medesimo, non già da conventicole di politicanti che da tempo hanno perso, se mai lo hanno avuto, ogni rapporto con esso.
L’ambizione è semplice e cristallina “battersi per contrastare la barbarie che oggi ha mille volti: il lavoro che sfrutta e umilia, la povertà e l’ineguaglianza, i migranti lasciati annegare in mare, i disastri ambientali, i nuovi fascismi, la violenza sulle donne, la crescente repressione, i diritti negati”. Il programma, frutto di una scrittura collettiva e partecipata, è denso, chiaro e preciso e, a differenza di altri, non presenta omissioni o censure.
Esso si articola in 15 punti e si conclude con un capitolo davvero strategico dedicato a mutualismo, solidarietà e potere popolare laddove si afferma “per noi potere al popolo significa restituire alle classi popolari il controllo sulla produzione e sulla distribuzione della ricchezza; significa realizzare la democrazia nel suo senso vero e originario”. Una scommessa difficile ma l’unica possibile, anche per ridare all’Italia un futuro degno di essere vissuto e il ruolo di laboratorio politico e culturale che da tempo sembra aver perso per lo squallore insanabile della sua classe politica e imprenditoriale. Accettiamo la sfida!