L’Italia del 2018 non è un paese per donne: è questa la realtà che ognuna di noi vive quotidianamente sulla propria pelle. I casi di femminicidio sono all’ordine del giorno e ancora non si riesce a uscire dalla dimensione strettamente interpersonale nel comprenderli e affrontarli; le aggressioni e gli stupri sono anch’essi una minaccia potenziale per tutte le donne e troppo spesso vengono usati strumentalmente per legittimare narrazioni e scelte politiche esplicitamente razziste, senza tenere conto che, anche in questo caso, il problema non è la nazionalità o di chi commette certi crimini: strumentalizzare determinati episodi significa continuare a strumentalizzare anche il corpo delle donne, il nostro dolore fisico e psicologico. La discriminazione nel mondo del lavoro, l’essere condannate a farsi carico in via esclusiva delle incombenze del lavoro domestico e della cura della famiglia, la rassegnazione a percepire salari inferiori a parità di mansioni e il ricatto di dover scegliere se fare un figlio o realizzarsi a livello lavorativo, poi, sono fenomeni ormai ritenuti “normali”, tanto da non essere mai affrontati in maniera seria e coerente. E la discriminazione, in tutte le sue dimensioni, non riguarda solo le donne, ma anche altre soggettività quali gay, lesbiche, trans, queer…
Ma se l’Italia non è un paese per donna, non lo è neanche il mondo nel suo complesso. E’ questa la realtà che la marea transfemminista che ha invaso le piazze di tutto il mondo al grido di Non Una Di Meno ci ha sbattuto in faccia con tutta la sua forza dirompente. Ovunque le donne sono stanche di subire in silenzio e pretendono diritti, rispetto e uguaglianza concreta. Nel nostro paese poi stiamo assistendo a un duro attacco al diritto all’autodeterminazione femminile che si articola su più fronti: dal disegno di legge Pillon che mina il diritto al divorzio per le donne prive di indipendenza economica, agli attacchi quotidiani al diritto all’aborto attraverso la presentazione di specifiche mozioni a livello comunale, passando per l’utilizzo squallido di un tema così importante come quello della sicurezza delle donne per legittimare militarizzazione, controllo sociale e speculazione.
Per tutti questi motivi anche Potere al Popolo scenderà in piazza a Roma il 24 novembre a sostegno della grande mobilitazione transfemminista di Non Una Di Meno: siamo convinti che quella della violenza di genere sia una priorità politica a tutti gli effetti. Cosa volgiamo? Il diritto a decidere per noi stesse, a scegliere se come e quando avere un figlio, la possibilità di vederci riconosciuta pienamente la nostra dignità di lavoratrici, la sicurezza data da quartieri vivi e accessibili a tutt*, l’accesso a un sistema sanitario pubblico ed efficiente, un lavoro di educazione sessuale e affettiva nelle scuole, il riconoscimento della libertà di ciascun* a vivere liberamente la propria sessualità e le proprie relazioni, l’eliminazione di leggi razziste legittimate dalla storiella della donna italiana da difendere dallo straniero cattivo (chi ci dovrebbe difendere dai nostri mariti, compagni, padri violenti, piuttosto?)
Sappiamo bene che le donne non hanno bisogno di protezione, ma semplicemente di rispetto e supporto nella loro lotta, che è una lotta comune, quella per il superamento di ogni forma di violenza e discriminazione e perciò invitiamo tutte e tutti a scendere in piazza sabato a Roma: non possiamo più aspettare, occorre reagire e organizzarsi come il movimento Non Una Di Meno sta facendo già da anni a livello globale per fare in modo che anche diritti troppo spesso dati per scontati non ci vengano sottratti.
Potere al Popolo supporta e sostiene Non Una Di Meno: ci vediamo in piazza sabato!