Che cosa è successo a Genova? In molti in questi giorni vogliono raccontarcelo. Nessuno di noi ha aperto un giornale per saperlo, nessun tweet da politicante ce lo ha spiegato. Alle 11.36 del 14 agosto sappiamo tutti dove eravamo e cosa facevamo perché quello che è successo a Genova lo abbiamo vissuto.
Già nelle ore successive, mentre un silenzio di rabbia e paura ci stringeva la gola, qualcuno già urlava additando colpevoli diversi da se stesso, urlava nel tentativo di ammaestrare una rabbia che nel nostro silenzio cresceva trattenuta solo dal rispetto verso chi sopra quel ponte o sotto ha perso la vita o gli affetti.
Oggi quel silenzio non ci basta più, oggi quel silenzio sarebbe complicità coi colpevoli, e sono tanti.
Noi non abbiamo tutte le certezze che in questi giorni in molti sbandierano piangendo lacrime false tra un selfie e l’altro. Noi non abbiamo le loro certezze fatte di verità monche e capovolte, verità utili per rifarsi una verginità per dire “ io non c’ero io non sapevo”, utili per chiudere un capitolo e aprirne un altro tragico ed assassino come quello che lo ha preceduto. Non abbiamo le loro certezze ma qualcosa sappiamo: sappiamo di essere feriti ma non stupidi.
Sappiamo che a Genova non è successa una tragedia ma una strage, una strage di stato. Uno stato che, governo dopo governo (compreso quello attuale), porta avanti da anni lo smantellamento di tutto quello che è pubblico, sostituendo benessere e sicurezza di tutti con profitto e interesse di pochi. Sappiamo chi quelle privatizzazioni le ha volute e chi successivamente non le ha contrastate allargando sempre più le libertà delle concessioni, barattando obblighi di manutenzione con guadagni.
Il partito delle privatizzazioni ha esponenti ovunque, in Regione, in Comune, alcuni di loro siedono ancora al Governo (Giorgetti, Salvini…). Sappiamo che i soldi di Autostrade per l’Italia li hanno in tasca molti partiti, sappiamo anche però che Atlantia o la famiglia Benetton non sono migliori ne’ peggiori di quelli con cui oggi vogliono sostituirli. Non basta (ma è il minimo e questo Governo non sembra in grado di farlo) ritirare le concessioni a una società: ciò che va cambiato è il sistema che ha generato questa strage, perché quando la logica è il profitto i risultati sono quelli che abbiamo visto a Genova o tra le macerie dei terremoti, fra le lamiere dei treni in Puglia,o fra i binari della strage di Viareggio. Servizi e sicurezza non possono essere delegati: devono essere pubblici e sotto controllo popolare.
Sappiamo che la Gronda non avrebbe evitato la strage. Il progetto sarebbe stato pronto solo nel 2029 e il ponte sarebbe rimasto. Chi già dai primi minuti diceva il contrario mentiva sapendo di mentire, per coprire le proprie responsabilità politiche e per difendere il sistema di potere politico e affaristico che ci ha portati a questa tragedia.
Sappiamo che l’unica grande opera che oggi vogliamo è la messa in sicurezza del territorio, non la sicurezza fasulla di truppe e forze dell’ordine a caccia di poveri e immigrati buona solo per la propaganda da elezioni. Vogliamo la sicurezza vera che oggi in Italia non c’è: quella di vivere e lavorare senza rischiare la vita.
Sappiamo che le pacche sulle spalle a pompieri e soccorritori non ci bastano. Sappiamo che gli elicotteri dell’elisoccorso che ci volano sulle teste in queste giornate a fine anno cederanno il servizio ai privati: ancora una volta più costi e meno garanzie. Un copione che si ripete e che ben conosciamo.
Sappiamo che Genova è divisa in due, non solo da un ponte spezzato. Da tempo esistono due città: una esclusiva, luccicante ad uso e consumo di bottegai e turisti, e un’altra fatta di periferie abbandonate, di quartieri dormitorio, di valli sacrificabili al progresso di pochi.
Sappiamo che 300 famiglie aspettano risposte, siamo con loro. Avranno quelle risposte e il prezzo non dovrà essere pagato da chi, per altre ragioni, attende una casa o dal taglio dell’ennesimo servizio: case e soldi ci sono, sappiamo dove prenderli.
Sappiamo solo questo. Non è molto, ma è già abbastanza per non fidarci di chi ieri poteva evitare questa strage annunciata e che oggi va a braccetto con chi questa strage l’ha resa possibile. “Genova rialzati” ci dicono in molti: siamo già in piedi per dare a queste verità voce per parlare, braccia e gambe per lottare. Genova è ferita, non stupida.