Abbiamo raccolto in un “foglio”, in occasione del Primo Maggio, gli articoli e le iniziative di Potere al popolo che riguardano la festa dei lavoratori. Di seguito, i testi degli articoli raccolti nel foglio. Buona lettura, e soprattutto buona festa dei lavoratori!
Primo Maggio, festa del lavoro: osare lottare, osare vincere!
Ci riconosci? Siamo quelle e quelli che lavorano a nero, nei campi e nei ristoranti del nostro bel paese. Siamo le maestre e i maestri precari e sottopagati che si trattengono oltre l’orario in scuole che crollano, le operaie e gli operai delle fabbriche che chiudono perché il padrone è il protagonista del film “Prendi i soldi e scappa!”. Siamo le centinaia di migliaia di giovani emigrati all’estero perché qui non abbiamo trovato nulla. Siamo le studentesse e gli studenti che si fanno male in Alternanza Scuola Lavoro, le lavoratrici pagate sempre meno dei loro colleghi, siamo tra quelli che lavorano di più e vengono pagati di meno in Europa, quelli senza lavoro che non possono permettersi il lusso di campare di rendita, quelli che ogni giorno rischiano la salute e la vita sul lavoro: 197 morti di noi sono già morti sul lavoro quest’anno e oltre 1400 nel 2018.
Dall’altra parte ci sono loro. Quelli che ti impongono di rinunciare ad ogni diritto quando inizi a lavorare, quelli che ti fanno firmare le dimissioni in bianco, ti pagano fuori busta. Quelli che accettano di assumerti a tempo indeterminato quando non sei più giovane e poi vogliono trattenerti finché crepi.
Ma noi siamo di più, siamo tutto, siamo stanchi. Molti di noi non hanno più niente da perdere perché non hanno mai avuto niente. Non vediamo interessi in comune tra noi e chi ci sfrutta, nemmeno mascherati da interessi nazionali. Vediamo solo il futuro che vorremmo per noi, molto diverso da quello che ci hanno costruito addosso. Cosa chiediamo? Vogliamo lavorare al massimo 32 ore a settimana per un salario dignitoso e andare tutte e tutti in pensione ben prima di 67 anni; contratti decenti ed essere riassunti se licenziati ingiustamente; essere sicuri di tornare a casa dal lavoro, e di tornarci sani; che lo stato salvi le fabbriche come salva le banche, mettendoci i soldi e togliendole a chi ha rubato o mal gestito. Vogliamo che il lavoro sia pubblico se l’interesse è pubblico, che istruzione, salute, sicurezza siano garantiti gratuitamente.
I soldi ci sono, li hanno le banche, le multinazionali, i ricchi, bisogna prenderli a loro.
I soldi si trovano, se si finisce di ubbidire all’austerità e ai vincoli imposti dalla UE.
I soldi possono esserci per tutte e tutti, la guerra tra poveri e contro i migranti che viene alimentata dal potere serve solo a rendere i ricchi più ricchi.
È giunto il momento di tornare a chiedere, a rivendicare, come già fanno quelle lavoratrici e quei lavoratori che hanno deciso di alzare la testa e di rifiutare i ricatti.
Basta con la rassegnazione, organizziamo la nostra ribellione!
Viva il primo maggio, prima gli sfruttati! Potere al popolo!
Napoli. Le camere del lavoro: una risposta contro lo sfruttamento.
Con la nostra rete di sportelli legali e camere del lavoro animiamo una campagna politica e sindacale contro il lavoro nero. La nostra è una campagna informativa, legale e politica. Solo negli ultimi due anni abbiamo rimesso nelle tasche dei lavoratori che si sono rivolti ai nostri sportelli ben 46.000 euro, abbiamo ottenuto dal Comune di Napoli una delibera contro il lavoro nero che prevede multe agli esercenti che non rispettano i diritti dei propri lavoratori e la sigla del Protocollo di intesa con l’Ispettorato del lavoro come ulteriore argine alla rapina sociale di chi -sfruttando le risorse pubbliche- restituisce alla collettività solo precariato e lavoro nero.
Grazie alla pressione mediatica, con cui proviamo a tenere alto il livello di attenzione e di tensione sul problema e al controllo popolare sull’operato dell’Ispettorato del lavoro, siamo riusciti a far contrattualizzare e migliorare le condizioni di quei lavoratori che prima di rivolgersi a noi non erano a conoscenza dei loro diritti e della possibilità di vederli riconosciuti.
E’ stata una vittoria condivisa: solo grazie al lavoro collettivo, al supporto reciproco, alla lotta e all’organizzazione si possono ottenere grandi risultati.
Il lavoro negli ultimi anni ha visto una ulteriore preoccupante espansione in alcuni settori dell’economia regionale come i servizi turistici, la ristorazione, gli alloggi e l’intrattenimento. Sommerso e irregolare è lo specchio del degrado delle condizioni complessive che colpisce il mondo del lavoro salariato e che trova nell’indifferenza delle istituzioni locali una tacita accettazione. Ai lavoratori vengono negati contratti equi, salari degni, una copertura assicurativa adeguata e i diritti sindacali. Per questo continueremo in modo sempre più capillare e costante ad offrire tutti quei servizi di informazione, assistenza e pressione perché nessuno resti prigioniero di questo dramma.
Salerno. Treofan Battipaglia: quale futuro dopo l’accordo? Nonostante gli accordi del Mise resta ancora poco chiaro il futuro dei 65 lavoratori.
L’accordo firmato lo scorso 28 marzo presso il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, non aiuta a diradare la nebbia sul futuro dei lavoratori dello stabilimento Treofan Italy srl di Battipaglia.
Dopo mesi di presidio e diversi incontri al Mise, si è giunti ad una cassa integrazione per cessazione della durata di 12 mesi e ad un progetto di reindustrializzazione, con l’advisor milanese Vertus impegnato alla ricerca di un acquirente per mantenere il sito produttivo.
Lo scetticismo è d’obbligo, dato che abbiamo già assistito a grandi proclami sulla reindustrializzazione che puntualmente finivano nel dimenticatoio (la Bekaert né è un esempio), lasciando trasparire più la volontà di prendere tempo da parte delle istituzioni che di una vera e propria capacità di gestione delle crisi aziendali.
Le continue operazioni predatorie da parte di multinazionali e speculatori non offrono molta scelta: nazionalizzare o subire in maniera passiva.
Nel caso specifico della Treofan c’è la possibilità di realizzare un’operazione che preveda l’ingresso dello stabilimento in Versalis, costola del gruppo Eni, che lavora le materie prime necessarie per continuare la produzione a Battipaglia.
IN BREVE
HEIDELBERGCEMENT – Cassa integrazione fino al 31 Dicembre 2019 per i 22 operai dello stabilimento di Salerno ex Italcementi licenziati dal gruppo tedesco dopo l’acquisizione nel 2016. I lavoratori sono impegnati nella lotta per la nazionalizzazione della produzione del calcestruzzo.
QUOTIDIANO “LA CITTA’” – La redazione de “La Città” licenziata in blocco dopo lo sciopero indetto dai lavoratori a seguito dell’annuncio di 4 licenziamenti. La proprietà ha chiuso e subito riaperto i battenti con la stessa testata e con la sostituzione quasi integrale dell’intera redazione. I lavoratori hanno appena firmato la cassa integrazione e portano avanti la lotta a Salerno distribuendo il foglio “A testa alta”.
LAVORATORI APU – I 2600 lavoratori del progetto Apu (Attività di pubblica utilità) della Regione Campania continuano la lotta per la continuità del progetto e per la stabilizzazione occupazionale. Dopo i ripetuti tentativi di aprire un dialogo con il governatore De Luca che si è sempre rifiutato di ricevere una loro delegazione, gli operai hanno portato la vertenza a Roma per aprire un confronto col Ministero del Lavoro. Venerdì 3 MAGGIO ALLE 10 A PIAZZA MANCINI (NAPOLI) i lavoratori saranno di nuovo in piazza per chiedere lavoro e dignità.
Firenze. Da Firenze, una campagna contro lo staff leasing e le esternalizzazioni
Il gruppo lavoro di Pap Firenze è attivo sul territorio e porta il proprio contributo attivo nelle vertenze e nel sostegno all’unità delle lotte.
La Camera del lavoro prevede uno sportello legale a disposizione delle lavoratrici e dei lavoratori che hanno bisogno di sostegno nella selva del lavoro decontrattualizzato e impoverito.
Nel corso di quasi due anni di attività il gruppo lavoro di Potere al Popolo! – Firenze ha sostenuto la VERTENZA BEKAERT. La Bekaert è una multinazionale che ha prelevato la Pirelli, industria che aveva un sito storico di Figline. A giugno del 2018 è stato comunicato ai lavoratori e alle lavoratrici dello stabilimento che il sito di Figline avrebbe chiuso e loro sarebbero stati rimandati tutti a casa. Si è subito aperta una vertenza che ha visto impegnati lavoratori, sindacati e forze del territorio. Come Potere al Popolo abbiamo sostenuto i lavoratori, utilizzando i nostri canali di comunicazione come megafono per la loro vertenza. Quando i lavoratori hanno deciso di fare un presidio permanente di 15 giorni ad agosto fuori ai cancelli, li abbiamo sostenuti con la presenza e con la campagna ‘I lavoratori Bekaert sono io’. A novembre e dicembre abbiamo poi sostenuto la cassa di resistenza dei lavoratori organizzando cene di solidarietà sul territorio e nei gruppi di Potere al Popolo! della Toscana.
Da marzo sosteniamo con un gruppo di supporto esterno la GKN, fabbrica di componenti auto che lavora per Fca, da sempre fortemente sindacalizzata e combattiva che risente degli effetti nefasti delle ultime leggi sul lavoro, non ultimo il Decreto Dignità, che non avendo cancellato il Jobs Act e il precariato, ha dato modo di introdurre meccanismi di sfruttamento non nuovi, ma mai entrati prima in GKN, come lo staff leasing, l’utilizzo, cioè di interinali assunti a tempo indeterminato dall’agenzia di somministrazione. Insieme ai lavoratori, alla RSU e ad altri gruppi solidali, stiamo lavorando ad una campagna contro staff leasing ed esternalizzazioni, per ricomporre il blocco dei lavoratori all’interno della fabbrica.
Diamo il nostro supporto anche mettendo a disposizione il nostro spazio in centro ai lavoratori che hanno bisogno di un luogo dove ritrovarsi: è successo per i lavoratori Dada, per i Riders e per l’assemblea autoconvocata degli educatori e delle educatrici. È fondamentale per noi essere anche uno spazio in cui far convergere e unire le lotte di tutti, provare a fare da collante ai lavoratori, soprattutto per i lavoratori in appalto, atomizzati in mille corpuscoli che rendono le lotte divise e troppo spesso inefficaci, soprattutto nella pubblica amministrazione.
Piacenza. Il licenziamento politico dei lavoratori della GLS di Piacenza
Dal 16 Aprile a Piacenza 33 lavoratori dopo un licenziamento collettivo, hanno occupato il tetto del magazzino della multinazionale GLS, che opera nel settore dei trasporti e della logistica.
Nel 2016 in quel magazzino perse la vita Abd Elsalam, sindacalista 53enne egiziano, investito da un tir che cercava di forzare un blocco formato dai lavoratori in protesta per i mancati rinnovi contrattuali.
Quello dei 33 lavoratori ancora in protesta è un licenziamento politico che viene dopo una serie di scioperi, azioni e rivendicazioni per il diritto a un salario dignitoso, a più sicurezza sul lavoro e al rispetto dei diritti negati.
I lavoratori prima di ogni cosa chiedono il loro reintegro e la libertà di associazione e di sciopero. La risposta della multinazionale è ovviamente l’indifferenza verso le loro richieste.
Il problema dello sfruttamento nel settore dei trasporti e della logistica in Italia, rappresenta una vera e propria piaga ed è in continuo peggioramento. Orari massacranti, zero tutele e continui ricatti, hanno portato lavoratori e lavoratrici allo stremo. Altro aspetto cruciale è l’assoluta mancanza di sicurezza: si rischia la vita sia sulle lunghe percorrenze che su quelle brevi e all’interno dei depositi stessi la situazione è altrettanto precaria.
E’ necessario aprire uno spazio di lotta e di confronto, da nord a sud, affinché le condizioni di lavoro migliorino sensibilmente.
Marcianise (CE). Lavoro nero, grigio, mal pagato, a mala pena contrattualizzato, senza straordinari riconosciuti
Nella giungla degli appalti ad essere divorati sono sempre i lavoratori. Con questo slogan siamo scesi in piazza insieme ai lavoratori della ditta Lucio Montella srl nel napoletano e delle cooperative ad essa collegate. Parliamo di oltre quaranta lavoratori – con compiti da autista, magazziniere e facchino – addetti al trasporto medicinali per farmacie, laboratori di analisi e ospedali.
I lavoratori (la cui ditta si trovava a Marcianise, nel pieno di una delle cosiddette zone economiche speciali) dopo anni di lavoro mal pagato e mal contrattualizzato, di straordinari non pagati e di lavoro nero, grigio, sono stati licenziati in blocco, senza il minimo rispetto delle normali procedure.
A permettere al padrone tutto questo è stato il sempre troppo diffuso sistema degli appalti, dei subappalti e delle finte cooperative; vere e proprie “scatole cinesi” che permettono ai datori di lavoro di attaccare con maggiore facilità i diritti dei lavoratori.
Ricevute le lettere di licenziamento si sono rivolti allo Sportello legale della Camera Popolare del Lavoro dell’ex OPG di Napoli. Insieme a noi e sotto le bandiere di Potere al popolo! abbiamo fatto presidi e assemblee riuscendo a portare la vertenza fino all’Assessorato al Lavoro della Regione Campania.
Ad oggi la loro battaglia non è ancora terminata. Pretendiamo che siano fatti tutti i passaggi per garantire la continuità lavorativa per i quaranta dipendenti e perché siano chiamati alle loro responsabilità i committenti per cui svolgevano il servizio di trasporto.
Il caso. Restituire i soldi dello stipendio: prassi tutta italiana
In Italia i lavoratori oggi pagano il proprio datore di lavoro per il proprio diritto a ricevere un compenso. Si lavora per vivere. Lo sanno bene i titolari delle aziende che hanno escogitato una nuova forma di sfruttamento che li protegge dall’essere perseguiti per il ricatto che pongono in essere.
Ricattano i dipendenti assumendoli e poi chiedendo i di essere pagati per il diritto al compenso, senza fare il conto al contrario: senza il lavoro dei dipendenti non esiste azienda.
Parliamo di estorsione ai danni dei lavoratori.
La storia di Maria
Maria ha 35 anni e fa la bracciante agricola. Tutti i mesi deve restituire parte del suo stipendio.
“La pratica è ormai conosciuta: ti assumono, stabiliscono lo stipendio non regolare, ti fanno firmare una busta paga legale ed emettono bonifico, ma vogliono che restituiamo i soldi in più – racconta – I soldi in più non sono altro che la sottrazione dell’avanzo rispetto allo stipendio non regolare stabilito all’inizio. Quindi, se il titolare ti ha detto che in un mese guadagnerai 500 euro, ma la tua busta paga con compenso sindacale è di 1500 euro, una volta ricevuto il bonifico, il lavoratore dovrà prelevare dal suo conto 1000 euro e restituirli al datore di lavoro”. In questo caso sarà il lavoratore a pagare il suo titolare. Tutto ciò non è sempre tracciabile, perché il titolare fornisce regolare contratto ed emette bonifico, ma intanto pratica estorsione. All’ estorsione ovviamente seguono minacce per niente velate. L’alternativa è il licenziamento.
La minaccia successiva è ancora più netta: al licenziamento seguirà un giro di telefonate che metteranno al corrente altri proprietari di aziende del grande affronto fatto dal lavoratore in modo da cercare di impedirgli altre assunzioni. Per il titolare, un lavoratore che denuncia non è un lavoratore onesto, non ci si può fidare di lui, pertanto è bene che non lavori.
Queste sono le condizioni a cui Maria e tanti altri i lavoratori e lavoratrici sono costretti a vivere o a sopravvivere, mentre i loro capi si arricchiscono e conducono una vita florida e serena.
Ma cosa hanno in comune le parole estorsione e ricatto, con le parole diritti e dignità? Non hanno in comune niente.