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Disabilità e assistenza: una lettera

Ciao Viola, 

Sono una quarantenne che ha lasciato la sua vita, lavoro compreso, perchè come succede a tanti (purtroppo) una gravissima malattia invalidante si è introdotta nella nostra casa e ha reso mia madre incapace di fare qualsiasi attività in autonomia e si è presa anche la sua coscienza di sè.

Ho letto il  programma di Potere al Popolo e ho apprezzato l’attenzione per il tema della disabilità. Voglio aggiungere una nota personale, per informarvi su un tema poco trattato, anzi ignorato dalla gran parte delle forze politiche: l’invisibilità dei caregiver famigliari di disabili non autosufficienti.

In tutta Europa, dai paesi dell’Est alla Grecia, non solo nei paesi civilissimi dell’estremo nord, sono riconosciuti come figure che svolgono un lavoro che diversamente lo Stato dovrebbe prendere in carico. Per farvi capire il carico di lavoro che ogni mamma o figlia o padre, fratello di persona disabile gravissimo sopporta, basta vedere il personale necessario in una struttura, per la pulizia personale, degli ambienti, la cucina, l’assistenza diretta alle più normali attività quotidiane, i farmacisti,  i medici e le 24 ore da coprire per la sorveglianza di chi è incapace del tutto (mangiare, vestirsi, andare in bagno):  ci vogliono non meno di tre persone per ogni disabile grave. 

Noi lo facciamo da soli/e, lasciando il lavoro, perdendo ogni diritto personale, molti/e di noi rinunciano a curarsi, non ci sono i soldi ma manca anche il tempo per dedicarsi a sè stessi. 

Questo, molto cinicamente, si potrebbe commentare dicendo che i paesi che riconoscono i diritti del caregiver, sanno che risparmiano aiutando le famiglie a curare a casa, senza ospedalizzare tutti i malati, bambini compresi, con costi molto più elevati.

Perché questa lunga introduzione? Perché anche io prima di diventare una caregiver non avevo la più pallida idea di cosa fosse vivere così. E poi ho scoperto che siamo tra 1 e 3 milioni, visto che, nell’invisibilità, tra le altre cose non siamo censiti. 

Il diritto alla realizzazione, alla salute, ci è negato, ma quello che più duole: viene dato per scontato che il ns lavoro, fatto per amore,  sostituisca il welfare state inesistente. 

Noi lavoriamo, ma lo stato nemmeno ci vede. Vede a mala pena il malato. 

I diritti che chiediamo non sono solo civili (individuali) ma anche sociali, in una società – la nostra- che non riconosce il valore del mutuo soccorso, del lavoro senza intermediazione di denaro. 

Nella scorsa legislatura una prima iniziativa è stata portata avanti dalla senatrice Bignami (misto), chiedeva il riconoscimento dei contributi figurativi e della malattia per noi caregiver. Un primo passo è stato fatto: qualcuno ci ha rappresentato, ma dopo venti anni è ancora poco e chiediamo a tutti voi di aiutarci.

Faccio parte del Coordinamento Famiglie Disabili, che questa battaglia la conduce da 20 anni, vi invito a sentire la ns voce, vi invito a condividere con amici e parenti che hanno il problema la nostra comunità : ci trovate qui goo.gl/AvF8Yr , ( http://www.famigliedisabili. ) . A me personalmente ha aiutato tantissimo, nella condizione di perenne isolamento e fatica, sapere che avevamo una battaglia comune da fare, in tutta Italia, in migliaia di case, dove spesso si rimane soli a curare i propri famigliari.

Ogni giorno leggo le storie di mamme e padri con figli con malattie orribili, persone che si prendono cura dei loro cari con un amore talmente grande che non trovo le parole per descriverlo. 

Non lasciateci soli.

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