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In corteo a Venezia, fuori le grandi navi dalla Laguna: questa non è economia ma devastazione e sfruttamento

Oggi Potere al Popolo! scenderà a fianco di abitanti e comitati che si oppongo da oltre dieci anni alle navi da crociera nella Laguna di Venezia e alla monocultura turistica.

La contrapposizione tra ambientalisti e lavoratori, che la stampa e gran parte delle forze politiche incita, è strumentale. Serve solo a chi guadagna da questo lucrativo business a tenere separate, e quindi a indebolire, due forze che dovrebbero invece proseguire insieme nella lotta.

La costruzione e gestione delle navi da crociera costituisce un cospicuo giro di affari solo per poche categorie economiche, tra cui i costruttori di navi, gli operatori turistici nazionali e internazionali di grandi dimensioni. Mentre i costi sono sopportati dagli abitanti che subiscono involontariamente le esternalità negative legate all’ inquinamento, all’impatto sui cambiamenti climatici, all’ invivibilità dei luoghi e al degrado dell’ecosistema lagunare. Ma si consuma anche un supruso sui lavoratori del porto, della cantieristica, e del turismo, sempre più malpagati e poco tutelati.

I costi del crocerismo li pagano gli abitanti!

Il turismo croceristico, come confermato da studiosi del settore, ha delle esternalità negative molto pesanti sull’ambiente e sulle persone, ma rimane il settore meno regolamentato dei trasporti.
Un rapporto pubblicato da “Transport & Environment” – coalizione europea impegnata nella lotta all’inquinamento atmosferico – evidenzia come, nonostante l’esiguità del loro numero e la loro breve permanenza nei porti, le navi da crociera rappresentino una sorgente imponente di emissioni inquinanti, in alcuni casi perfino maggiore del traffico veicolare.
Non basta l’accordo volontario Blue Flag II siglato dalle compagnie da crociera per la navigazione nella Laguna e imposto per le navi all’ormeggio, perché tale concentrazione di zolfo è comunque 100 volte superiore a quella imposta per i combustibili usati sulla terraferma. Non sono più accettabili, in nessun porto, navi che funzionano a diesel pesante e superiori alle 20.000 tonnellate; Occorre attivare misure per la creazione di sistemi portuali a zero emissioni rendendo immediatamente obbligatori sistemi di approvvigionamento elettrico da fonti rinnovabili in banchina

Le grandi navi contribuiscono notevolmente al moto ondoso che erode barene, argini e rive, richiedono l’approfondimento di canali esistenti e lo scavo di nuovi, cambiando l’assetto idrologico e atrofizzando la rete dei canali naturali. No grandi navi nella Laguna significa che l’ipotesi di spostare l’approdo a Porto Marghera non è neanche da prendere in considerazione. In primo luogo perchè questa proposta significa mantenere le navi dentro la Laguna, con tutti i problemi già sopra elencati. In secondo luogo, l’approdo a Porto di Marghera prevede lo scavo di ulteriori canali, con produzione di fanghi da smaltire e l’ingresso di ulteriori metri cubi di acqua contrastando con le leggi speciali per Venezia e la sua Laguna. Inoltre, bonificare a costi stratosferici l’area industriale inquinata del Porto per sostenere un’attività che oltre a mettere a rischio l’equilibrio lagunare, non porterebbe benefici economici diffusi, è una scelta contraria all’interesse generale.
Le grandi navi costituisco anche un rischio per l’incolumità di abitanti, lavoratori, e turisti e per l’integrità delle infrastrutture e della laguna, come una serie di incidenti hanno dimostrato. Fu proprio a seguito della tragedia della Concordia nel 2012 nei pressi dell’ isola del Giglio che entrava in vigore nel 2012 il decreto Clini-Passera che impediva alle grandi navi – imbarcazioni superiori alle 40 mila tonnellate – di entrare nel Bacino di San Marco e nel Canale della Giudecca. Non ci sarebbe bisogno di conferme, ma sono arrivate. E’ del 12 maggio 2021 l’ultimo provvedimento convertito in legge sulle Disposizioni urgenti per il traffico crocieristico e delle merci nella laguna di Venezia stabilendo che i punti di attracco utilizzabili dalle navi adibite al trasporto passeggeri di stazza lorda superiore a 40.000 tonnellate e dalle navi portacontenitori debbano essere fuori dalle acque protette della laguna di Venezia. Ma neanche i decreti e le leggi sono valsi a fermare questi mostri d’acciaio. Complici politici e governanti, inclusa l’amministrazione locale che continua a dimostrare di non essere interessata né alla tutela della città né al benessere dei suoi abitanti.
La presenza di questi colossi non turba tanto e solo il panorama di Venezia. Sconvolge la quotidianità che si sobbarca non solo i costi diretti dell’inquinamento e del degrado dei monumenti, ma anche quelli indiretti di una mopnocultura totalmente dipendente da un turismo mordi e fuggi, che produce rifiuti, trasforma drasticamente le destinazioni d’uso di negozi e abitazioni e appende l’economia urbana a un unico settore, tra l’altro altalenante come questo ultimo anno di pandemia ha confermato.

E chi ci guadagna sono solo i padroni!

Il crocierismo genera ricavi dovuti alle spese dei turisti-crocieristi in città e alle spese delle compagnie di crociera relative all’approdo, stazionamento e rifornimento delle navi. Questo settore è uno dei più dinamici settori industriali, con tassi di crescita molto elevate, il cui mercato è caratterizzato da una alta concentrazione delle compagnie armatrici in alcuni grandi gruppi, e il porto passeggeri di Venezia rispecchia questa situazione. Siccome I costi sopra descritti non vengono conteggiati ma solo scaricati sugli abitanti, le compagnie di navigazion hanno un forte incentivo a comportarsi da sfruttatori che traggono beneficio da risorse collettive o servizi senza pagarne il relativo prezzo!

Anche la costruzione delle navi da crociera è un business per la Fincantieri, un’azienda pubblica leader nella costruzione di navi da crociera. Ma non sono certamente gli operai ad arricchirsi, che vedono erodersi salario e diritti. Attorno alla Ficantieri gravita un sistema di appalti che ha generato un dumping sociale, un mancato rispetto delle leggi in materia di sicurezza e diritti del lavoratore mediante il meccanismo criminale della cosiddetta “paga globale”, che consente di ridurre i costi di produzione e di vendere le proprie merci a costi più bassi rispetto a quelli del mercato. Le illegalità contrattuali sono state più volte denunciate e dimostrate nelle aule di tribunali.
Quindi chi ci ricava profitto sono gli azionisti e i livelli dirigenziali più alti delle multinazionali, che sfruttano e incentivano il desiderio di questo tipo di vacanza, ma che non hanno alcun interesse a salvaguardare i luoghi visitati, o difendere ambiente e salute.

Non siamo noi “ambientalisti” a fermare l’economia

Oggi a ben nove anni di distanza dal Decreto Clini-Passera non si è ancora applicato questo decreto e non si sono messe in campo nessuna strategia per trasformare la base economica della città. Nonostante la pandemia abbia messo in luce tutti i limiti della monocultura turistica, il business continua, anzi peggio di prima per poter recuperare dei mancati guadagni di un anno.
Sia la Fincantieri, una grande azienda statale potenzialmente capace di orientare le trasformazioni economiche e la programmazione industriale italiana, che l’industria del turismo, definita il petrolio italiano, preferiscono sfruttare l’ambiente e le risorse umane piuttosto che improntare a un economia industriale innovativa, stabile e rispettosa della salute umana e del pianeta dal quale dipendiamo.
É fondamentale per la vivibilità, la salute, la sicurezza e la salvaguardia di Venezia e della sua Laguna l’estromissione delle grandi navi dalla laguna come misura urgente, immediata e senza compromessi.

La croceristica dovrebbe essere sospesa, almeno sino a se quando avranno dimostrato di saperle costruire e gestire in modo esemplare, senza inquinare, senza distruggere la laguna e retribuendo i lavoratori adeguatemente, sia nella fase di costruzione che in quella di viaggio.

Le lotte contro lo sfruttamento del lavoro e la prevaricazione del profitto sulla salute umana e ambientale hanno uno stesso obiettivo: costruire un’economia capace di tenere insieme utilità, diritti, salute facendo fronte all’emergente crisi climatica.

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