Due parole sulle proteste dei distributori.
Partiamo dal Governo: il tentativo da parte dell’esecutivo di addossare ai benzinai la responsabilità dell’aumento di benzina e diesel è semplicemente ridicolo.
Perché?
Come dimostrano i dati sull’andamento dei prezzi alla pompa i rialzi sono dovuti essenzialmente al ripristino pieno delle accise e i fenomeni di speculazione da parte dei distributori sono assolutamente residuali.
A tal proposito è bene ricordare che le imposte indirette, come le accise, sono sempre regressive e più che rivendicare una riduzione generalizzata sarebbe il caso di pensare a come renderle progressive in modo da indirizzare le risorse verso chi ha realmente bisogno.
La protesta dei distributori però è altrettanto ridicola perché mettere un cartellone in più con il prezzo medio regionale non è questo grande adempimento e oggettivamente aiuta i consumatori a scegliere meglio da chi rifornirsi.
Stesso discorso vale per l’innalzamento delle sanzioni per chi omette di comunicare al ministero i prezzi praticati.
Governo e distributori rimuovono totalmente dal discorso pubblico il nodo centrale della faccenda che è costituito dagli extra-profitti realizzati dalle aziende petrolifere.
Tutti concentrano l’attenzione sulla componente fiscale (58% benzina, 45% gasolio) e sul margine dell’operatore (12% e 8%) ma “curiosamente” tutti trascurano il costo della materia prima che è la seconda voce che incide sul costo finale ed è pari al 30% per la super e il 41% per il diesel.
In realtà è proprio qui che si potrebbe agire per ridurre i prezzi.
Grazie agli aumenti le aziende del settore petrolifero negli ultimi anni hanno registrato e continuano a registrare enormi profitti.
Nel solo ultimo anno in Europa le compagnie petrolifere hanno triplicato i propri utili e l’hanno fatto a scapito delle classi popolari che fanno sempre più difficoltà ad arrivare alla fine del mese.