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L’ASPETTATIVA DI VITA DEI E DELLE PALESTINESI È DIMINUITA DI 11,5 ANNI NEI PRIMI TRE MESI DEL GENOCIDIO

L’idea di un cessate il fuoco è vecchia quanto l’idea della guerra. Nei vecchi archivi, si legge di interruzioni del fuoco per consentire alle persone di mangiare o dormire. Le regole di combattimento venivano dalla consapevolezza che entrambe le parti dovevano riposare o rinfrancarsi. A volte, questi accordi includevano anche la vita degli animali. Durante la Rivolta di Pasqua del 1916, ad esempio, i ribelli irlandesi e le truppe britanniche smisero di sparare intorno a St. Stephen’s Green a Dublino in modo che James Kearney, il guardiano del parco, potesse entrare e dare da mangiare alle anatre. È stata questa cesura, o pausa, degli spari che ha reso popolare il termine “cessate il fuoco”.

Per i e le palestinesi di Gaza, qualsiasi cessate il fuoco che prometta di fermare i bombardamenti e di consentire l’arrivo di aiuti umanitari (in particolare cibo, acqua, medicine e coperte) è un sollievo. Nei giorni successivi al 19 gennaio, quando è entrato in vigore un cessate il fuoco temporaneo, aiuti su larga scala sono arrivati alle persone di Gaza, come confermato dal portavoce del dipartimento delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari Jens Laerke. Il primo giorno del cessate il fuoco, 630 camion sono entrati a Gaza – molti di più dei cinquanta/cento camion al giorno che hanno fatto fatica a entrare durante i bombardamenti israeliani. Questi camion stanno “portando cibo, aprendo panetterie, fornendo assistenza sanitaria, rifornendo gli ospedali, riparando le reti idriche, riparando i rifugi, favorendo i ricongiungimenti familiari” e svolgendo altri lavori essenziali, ha detto Laerke. Dopo quasi cinquecento giorni di violenze genocide, questo aiuto è più che un sollievo. È un’ancora di salvezza. Ma questo accordo di cessate il fuoco era stato presentato per la prima volta nel maggio 2024, quando è stato approvato dal governo israeliano e successivamente concordato da Hamas fino a quando non è stato infine respinto da Netanyahu. Le armi avrebbero potuto essere messe a tacere allora.

La Palestina è stata profondamente colpita dal genocidio. Utilizzando le stime del World Population Prospects 2024 delle Nazioni Unite, il Tricontinental: Institute for Social Research e Global South Insights ha analizzato il calo dell’aspettativa di vita causato dai bombardamenti israeliani a Gaza e ha scoperto che l’aspettativa di vita alla nascita dei e delle palestinesi è diminuita di 11,5 anni tra il 2022 e il 2023, passando da un rispettabile 76,7 anni nel 2022 a soli 65,2 anni nel 2023. Sono stati i primi tre mesi dei bombardamenti israeliani sostenuti dagli Stati Uniti – da ottobre a dicembre 2023 – a determinare questo terribile calo dell’aspettativa di vita totale. Non siamo a conoscenza di un declino dell’aspettativa di vita così rapido in nessun altro periodo della storia umana moderna. Una vita palestinese è ora più di diciassette anni più corta di una israeliana. Questo divario è maggiore di quello che esisteva tra neri e bianchi nel Sudafrica dell’apartheid, che nel 1980 era di quindici anni.

Undici anni e mezzo persi per ogni persona palestinese. Si tratta di quasi 60 milioni di anni persi per i restanti 5,2 milioni di palestinesi che sono rimastə in Palestina e sono sopravvissutə al genocidio. Questa perdita non può essere facilmente recuperata. Ci vorranno anni di immenso lavoro per ricostruire la società palestinese e raggiungere qualcosa di simile all’aspettativa di vita pre-genocidio. I sistemi sanitari dovranno essere ricostruiti: non solo ospedali e cliniche, che a Gaza sono stati quasi tutti distrutti, ma dovrà essere formato nuovo personale medico e infermieristico per sostituire coloro che sono statə uccisə. I sistemi alimentari dovranno essere recuperati: non solo le panetterie, ma anche i campi dovranno essere disintossicati e le barche da pesca riparate. Le abitazioni dovranno essere ricostruite per sostituire il 92% delle case di Gaza che sono state distrutte o danneggiate (quello che l’ONU ha definito un “domicidio”). Le scuole dovranno essere ricostruite. Il trauma mentale che affligge bambini e bambine dovrà essere guarito in modo che sentano che queste strutture non sono tombe ma luoghi di sicurezza e di apprendimento.

I dati sono confusi. Decine di migliaia di palestinesi sono statə uccisə nella carneficina, tra cui almeno 14.500 bambinə. Secondo un rapporto prodotto dal Consiglio danese per le persone rifugiate, dall’Associazione per lo sviluppo agricolo e dal Centro per gli affari delle donne, tra ottobre 2023 e ottobre 2024 “oltre il 90% della popolazione di Gaza è stata sfollata, con individui sfollati in media sei volte e alcuni fino a 19 volte”. Inoltre, afferma il rapporto, i e le palestinesi hanno subito ordini di sfollamento forzato con “preavviso inadeguato” e hanno lottato per sopravvivere poiché le “zone sicure ” sono state “sottoposte a bombardamenti e private delle risorse di base”. I problemi neurologici affrontati da chi è sopravvissutə sono estremi. “C’è una continua preoccupazione per la salute mentale di tutti e tutte a Gaza, in particolare per le bambine e i bambini che sono così profondamente traumatizzati”, ha detto Nebal Farsakh della Mezzaluna Rossa Palestinese, sottolineando che “ci sono almeno 17.000 bambinə non accompagnatə o separatə dalle loro famiglie”. Come abbiamo notato nella prima newsletter di quest’anno, un rapporto del dicembre 2024 condotto dal Centro di formazione comunitaria per la gestione delle crisi a Gaza ha rilevato che “il 96% di bambini e bambine di Gaza riteneva che la morte fosse imminente”.

Una valutazione preliminare suggerisce che la ricostruzione di Gaza costerà 80 miliardi di dollari. Il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo ha siglato un accordo con l’Università Iuav di Venezia per la progettazione di una nuova Gaza che propone prima di costruire un “nucleo” urbano per 50.000 persone in mezzo alle macerie e poi di costruirlo verso l’esterno. Ci sono almeno 50 milioni di tonnellate di macerie a Gaza a causa della distruzione di oltre due terzi delle infrastrutture dell’area (compreso il 92% delle unità abitative), che richiederà anni per essere ripulita. Tra le macerie, accanto ai corpi dei palestinesi dispersi, ci sono munizioni inesplose e materiali tossici: non è possibile schierare una fila di ruspe e guidare da un capo all’altro della Striscia di Gaza.

Le istituzioni palestinesi non hanno i soldi per ricostruire Gaza. Gli Stati arabi del Golfo, che hanno i soldi, cercheranno certamente di strappare concessioni politiche imperdonabili alle fazioni politiche palestinesi in cambio di qualsiasi aiuto. I paesi che vogliono far pagare a Israele la devastazione che ha causato al popolo palestinese non hanno l’influenza politica per farlo, né possono sperare di spingere i paesi che hanno armato Israele (come gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Germania) a pagare per i danni fatti con le loro munizioni.

Gli autori del genocidio vogliono trasformare Gaza nel loro parco giochi immobiliare. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che Gaza è un “luogo fenomenale” che attualmente sembra un “massiccio sito di demolizione”, facendo eco alla valutazione di suo genero e consulente per la strategia in Medio Oriente Jared Kushner nel febbraio 2024 secondo cui la “proprietà sul lungomare di Gaza potrebbe essere molto preziosa”. L’anno scorso, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che la parte settentrionale di Gaza, compresa Gaza City, sarebbe rimasta in rovina e sarebbe stata annessa, mentre Israele avrebbe controllato il resto di Gaza e costruito insediamenti lungo i suoi confini. Il movimento dei coloni, che è deciso a fare pulizia etnica dei e delle palestinesi – e parte della base di Netanyahu – è pronto a impadronirsi delle spiagge e a costruirvi i propri insediamenti. La pressione sulle persone palestinesi affinché lascino Gaza rimarrà intensa, nonostante questo momentaneo cessate il fuoco.

I e le palestinesi, che hanno perso almeno 11,5 anni della loro vita a causa di questo orrore, accettano quello che possono ottenere ora, anche questo misero cessate il fuoco. Ma meritano molto di più, e continueranno la loro lotta per ottenerlo.

Questo è il motivo per cui il 27 gennaio, centinaia di migliaia di palestinesi che si sono rifugiatə in tutta Gaza hanno iniziato a marciare verso nord verso le loro case. Non vivranno un’altra Nakba (Catastrofe). Se necessario, ricostruiranno con le dita nella terra.

Il grafico qui sopra fa parte di una nuova serie di Tricontinental: Institute for Social Research e Global South Insights (GSI) chiamata Facts. Ogni mese, pubblicheremo una nuova rappresentazione visuale di questa serie basata sulla ricerca prodotta dal sistema di big data di GSI.

Con affetto,
Vijay

*Traduzione della quinta newsletter (2025) di Tricontinental: Institute for Social Research.

Come Potere al Popolo traduciamo la newsletter prodotta da Tricontinental: Institute for Social Research perché pensiamo affronti temi spesso dimenticati da media e organizzazioni nostrane e perché offre sempre un punto di vista interessante e inusuale per ciò che si legge solitamente in Italia. Questo non significa che le opinioni espresse rispecchino necessariamente le posizioni di Potere al Popolo. A volte accade, altre volte no. Ma crediamo sia comunque importante offrire un punto di vista che spesso manca nel panorama italiano.

Chi è Vijay Prashad?

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