Da ormai tre settimane il popolo algerino sta scendendo in piazza per protestare contro l’annuncio del presidente in carica Abdelaziz Bouteflika di candidarsi per la quinta volte alle elezioni presidenziali previste il prossimo 18 aprile. L’ottantadueenne Bouteflika, eletto presidente nel 1999, attualmente si trova all’Ospedale Universitario di Ginevra, in Svizzera, dove si sta curando le conseguenze di un ictus che lo lega alla sedia a rotelle da ormai 6 anni.
Le proteste sono esplose a metà febbraio e sin dall’inizio erano caratterizzate da una partecipazione giovanile molto larga. Ricordiamo che il 45% della popolazione algerina (42 milioni) ha meno di 25 anni e che quindi una gran parte di chi oggi scende in strada non ha vissuto nessun’altra guida politica del paese. Bouteflika rappresenta la punta dell’iceberg di una burocrazia clientelistica legata al primo partito algerino, il Fronte di Liberazione Nazionale (FLN) che governa il paese sin dall’indipendenza del 1962. Ed è in primo luogo contro questo status quo cementatosi ormai da decenni che il movimento #non_au_5eme_mandat protesta.
Proprio l’ultima delle tre grandi manifestazioni del venerdì, quella di ieri dell’8 marzo, è stata però caratterizzata da una presenza ancora più importante della componente femminile della società algerina. Il qutodiano El Watan scrive: “Questo venerdì 8 marzo, oltre agli slogan popolari dalle manifestazioni del 22 febbraio [e del 1° marzo], ci saranno quelli specifici della componente femminile del popolo algerino: piena cittadinanza e pari diritti civili. La lotta per uno Stato di diritto li riguarda in particolare, perché le donne sono considerate cittadine di seconda classe, minori a causa dell’ignominioso codice di famiglia contro il quale le donne si battono dalla sua promulgazione nel giugno 1984. Ricordiamo questo formidabile movimento portato avanti da associazioni femministe e artisti contro il “famigerato” codice familiare.”
Alla rivendicazione di abbandono di Bouteflika dalla scena politica, si aggiungono sempre di più rivendicazioni sociali. Infatti, la situazione socio-economica non lascia ben sperare per il futuro: La disoccupazione colpisce l’11,7% della popolazione attiva e raggiunge il 28,3% tra i giovani (16-24 anni). I laureati non trovano opportunità di lavoro, mentre il 43% dei dipendenti non è iscritto alla previdenza sociale. Il potere d’acquisto dei lavoratori, dei disoccupati, dei contadini senza terra, dei piccoli artigiani e commercianti sta continuamente cadendo sotto il triplice effetto dell’aumento dei prezzi, del deprezzamento del Dinaro algerino e della stagnazione dei salari e delle pensioni. La riduzione degli investimenti dello Stato per l’istruzione e la salute sanziona pesantemente le classi popolari.
Le proteste per il momento rimangono “spontanee” e senza guida politica. I partiti tradizionali di opposizione – anche quelli di sinistra – vengono spesso marginalizzati durante i cortei, visto che non vengono visti come alternativa all’attuale governo, anzi: per decenni hanno legittimato l’attuale sistema politico mangiando sulle spalle delle classi popolari.
Se l’Unione Europea non ha esistato un attimo a sostenere un’opposizione golpista, reazionaria e finanziata da potenze estere in Venezuela, sull’Algeria si esprime con molta più cautela. Soprattutto la Francia chiede “stabilità politica” e questo per varie ragioni: L’Algeria è uno dei principali fornitori di energia della Francia, il 10% del gas importato proviene dall’ex colonia. In caso di una profonda destabilizzazione del paese, centinaia di migliaia di giovani potrebbero cercare di raggiungere la Francia, il che rappresenterebbe ovviamente una grande sfida politica per il governo francese, visto che l’immigrazione algerina verso la Francia è numerosa e attenta a ciò che sta accadendo sull’altra sponda del Mediterraneo (infatti in queste ultime settimane ci sono state delle manifestazioni di sostegno importanti nelle grandi città francesi). Infine, la precedente crisi politica algerina della fine degli anni ’80 ha aperto la strada a forze religiose radicali che hanno sia terrorizzato il paese durante tutto un decennio, sia minacciato la Francia in diverse occasioni. Queste sono tutte prospettive che ovviamente preoccupano Emmanuel Macron, ma anche gli altri capi politici europei.
Esprimiamo piena solidarietà al popolo algerino che sta dimostrando coraggio, forza e volontà per cambiare un sistema politico-sociale che ormai da troppi anni si arricchisce sulle loro spalle!
(Foto: “non ci volete far sognare, allora non vi faremo dormire)