Non succedeva da 8 anni, eppure ieri, in uno dei momenti più bassi per il movimento operaio e i diritti dei lavoratori del nostro paese, lo sciopero di otto ore del personale di Trenitalia e Trenord ha avuto un’adesione altissima (dell’80%, con punte fino al 100% in alcuni comparti).
Checché ne dica il “liberale” Capezzone – che ne ha subito approfittato per gridare al divieto di sciopero – la mobilitazione di ieri è una buona notizia perché:
1) Hanno scioperato uniti tutti i sindacati del settore, dai sindacati conflittuali e di base, ai confederali;
2) la piattaforma affronta i problemi strutturali del trasporto su rotaia: la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro in 15 anni e la necessità di un piano assunzioni (quando invece bisognerebbe investire sui treni, in particolare sulle tratte locali), la mancanza di investimenti, la necessità di internalizzare servizi che vengono ceduti in appalto, aumentando precarietà e insicurezza dei lavoratori;
3) dimostra che quando ci sono le condizioni, anche i lavoratori italiani sanno farsi valere. Non siamo antropologicamente inferiori ai francesi, ai tedeschi o ai britannici, non siamo “dei pecoroni”.
Quando daremo voce alle vittime delle tante ingiustizie che ci sono in tutti i settori lavorativi? Quando un vero sciopero generale che blocchi tutto e metta al centro la dignità offesa di chi porta avanti questo paese?