Nel febbraio 2021, all’inizio del suo insediamento, il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi, riconoscendo l’alta dispersione e gli enormi squilibri territoriali e sociali nei livelli di apprendimento che attraverso l’istituzione scolastica, parlò della necessità di una “nuova fase costituente” per la scuola. Oggi si può dire che nulla di tutto ciò è avvenuto.
Perché si avvii una nuova fase della scuola andavano infatti affrontati in maniera strutturale i problemi rivelati dalla pandemia.
La ricetta che invece ci propone il governo Draghi continua ad avere gli stessi ingredienti di sempre: risparmi, riduzione dei diritti, nessun dialogo o confronto con la base scolastica.
La “montagna di soldi” proveniente dai fondi europei per l’ennesima volta si limita solo a sfiorare la scuola e i suoi lavoratori e lo si evince chiaramente da quanto previsto nel PNRR e dalla Legge di Bilancio 2022 con finanziamenti ancora al di sotto della media OCSE (-24 miliardi) che continuano a mortificare la categoria. Persino il tanto sbandierato “Patto per la Scuola al centro del Paese”, documento sottoscritto lo scorso maggio dal ministro dell’istruzione e dalle Confederazioni sindacali, che accanto a ricette discutibili invocava interventi urgenti, strutturali e organici per rilanciare il sistema nazionale di istruzione, è stato disatteso, spingendo buona parte del sindacalismo scolastico a mobilitarsi. Oggi, venerdì 10 dicembre incrociano le braccia la quasi totalità dei sindacati confederali, Cub Sur e COBAS per ribadire la centralità della scuola e l’esigenza di investimenti cospicui.
Perché abbiamo ritenuto giusto appoggiare lo sciopero del personale scolastico?
- Perché con un contratto scaduto nel 2018, gli stipendi fermi al 2008 e un tasso di precariato di oltre il 20%, si lede la dignità dei lavoratori e delle lavoratrici e si abbatte la qualità del servizio scolastico. Per le 250mila persone precarie non è stato previsto un sistema strutturale di abilitazione e assorbimento, come non è ancora previsto un sistema di formazione e reclutamento degno di questo nome per le nuove leve. Il precariato ha un effetto deleterio sulla continuità didattica. Come possono precari che – quando va bene – cambiano classe una volta l’anno, garantire quel servizio continuativo che solo può produrre risultati pedagogici concreti? A fare le spese dell’altissima rotazione sono in particolare i “ghetti” scolastici – i professionali – e gli alunni con disabilità o disturbi dell’apprendimento, seguiti dagli insegnanti di sostegno, che spesso scontano un’assenza di percorsi formativi seri.
Con la mobilitazione di oggi abbiamo chiesto il rinnovo immediato del CCNL e l’adeguamento degli stipendi alla media europea; l’assegnazione in forma stabile di ogni posto disponibile in organico, un piano di assorbimento del precariato e un percorso di formazione e reclutamento annuale dei nuovi docenti; una formazione retribuita in orario di lavoro. -
Perché manca del tutto un ragionamento sulla sicurezza.
La vaccinazione di massa è stata e resta fondamentale, ma non sufficiente. La foglia di fico del Green pass ha cancellato qualsiasi riflessione sulle classi pollaio, sui tamponi e su un tracciamento efficace, come sulla presenza di enormi problemi strutturali. Un esempio macroscopico: l’aerazione nella maggior-parte delle scuole avviene tramite l’apertura delle finestre, cosa che in pieno inverno non può che favorire l’insorgere di malattie, e questo perché nella maggior parte delle scuole mancano moderni impianti di aerazione.
Abbiamo chiesto la tutela della salute di lavoratori e studenti, più efficaci misure di contenimento dei contagi attraverso: un legame più stretto tra scuola e medicina territoriale; l’adozione di valide misure di protezione individuale e distanziamento, sanificazione e ventilazione forzata degli ambienti; produzione massiccia di tamponi pubblici interventi volti a garantire un distanziamento reale, scuole a norma: non vogliamo ammalarci a scuola! -
Perché c’è un’assenza totale di un’idea di scuola come istituto di cultura di tutti e tutte.
La scuola viene ormai vista unicamente come strumento di avviamento al lavoro e di selezione tra studenti e lo hanno ben capito tutte e tutti quegli studenti che in questi ultimi mesi stanno occupando i licei romani. Ed è partendo proprio dalle rivendicazioni dei più giovani che abbiamo chiesto il recupero di una concezione di scuola di tutti e tutte, che punti a costruire un nuovo umanesimo, senza ghetti né culture di serie A e di serie B, che sia in grado di non lasciare indietro nessuno. Per questo ci siamo opposti e continueremo a farlo, all’Autonomia differenziata e ad ogni forma di regionalizzazione della scuola e dei servizi pubblici.