Quella che doveva essere il simbolo dell’innovazione e della politica ecologista del nascente governo Draghi si è rivelata nei fatti come una delle più imbarazzanti operazioni di greenwashing degli ultimi anni.
Il neonato Ministero della transizione ecologica, tanto voluto da Grillo e subito realizzato da Draghi, è stato affidato a Roberto Cingolani, esperto di nanotecnologie e Direttore del dipartimento di tecnologia dell’azienda Leonardo di Finmeccanica, leader nella produzione ed esportazione di armamenti. Ci sembra evidente che questo aspetto del curriculum del nuovo super ministro non sia affatto marginale e anzi la dice lunga rispetto alla lotta ai cambiamenti climatici e all’inquinamento che il governo Draghi vorrebbe portare avanti durante il suo mandato.
Un tecnico molto politico, con le sue partecipazioni alla Leopolda di Renzi, ai meeting di Comunione e Liberazione, agli incontri pubblici di Letta e Casaleggio… Sarà lui a guidare il ministero che dovrà gestire la quota maggiore delle risorse previste dal Recovery Fund.
Non sappiamo che idea di transizione abbia in testa Cingolani, se non per il fatto che la digitalizzazione è il suo argomento forte nelle frequenti dichiarazioni pubbliche, comprese quelle alla Leopolda. Una digitalizzazione che in Italia si sta implementando con un giro d’affari enorme per i gestori delle antenne che hanno comprato le licenze, senza che prima fosse fatta alcuna analisi dei danni possibili che la miriade di nuovi impianti previsti può provocare alle persone, agli animali e ai territori.
Ricordiamo inoltre che Cingolati è stato Direttore Scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia dalla sua fondazione nel 2005 al 2019, un organismo privato che ha ricevuto circa 100 milioni all’anno di finanziamenti statali, le cui attività sono portate avanti da ricercatori precari nell’ottanta % dei casi. Nonostante gli ingenti finanziamenti statali gli organi dirigenti dell’Istituto non sono di nomina pubblica e le attività maggiormente svolte dall’ IIT sono nel campo dei nanomateriali e della robotica. Ci chiediamo quindi come possa aver acquisito competenze e interesse per guidare la transizione ecologica.
Ci interessa però capire se la sua azione sarà in grado di mettere in discussione la realizzazione di grandi opere inutili che, come nel caso del TAV, stanno devastando irrimediabilmente interi territori, se sarà in grado di modificare radicalmente il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima dove risulta ancora centrale il ruolo del gas metano nella produzione energetica, se avrà la forza e la volontà politica di bloccare i finanziamenti destinati da decenni alle grandi aziende inquinanti o se sarà capace di fermare l’attività di gasdotti, inceneritori, rigassificatori e trivelle puntando tutto sulle rinnovabili, sull’ammodernamento della rete, sugli accumuli e sulle comunità energetiche territoriali.
Siamo convinti che i nostri dubbi siano gli stessi di chi, da sempre, lotta sui territori per la giustizia climatica e contro ogni forma di devastazione ambientale.
Siamo convinti che dal dirigente di una fabbrica che traffica armi non possa arrivare nessuna svolta positiva per né per il nostro Paese né per l’ambiente. Il Ministero della transizione ecologica è infatti la degna espressione di un governo nato solo per gestire il malloppo del Recovery Plan ad esclusiva tutela degli interessi dell’alta finanza e di Confindustria.
A Cingolani e ai suoi nuovi colleghi non faremo sconti. Per la giustizia climatica e sociale, organizziamo l’opposizione!