di Giorgio Cremaschi
Stavo scrivendo sulla condizione carceraria di Nicoletta Dosio, quando Silvano mi ha telefonato per dirmi che a casa sua era arrivata una lettera indirizzata a Potere al Popolo e a me. Una lettera tenera e forte, la lettera di una rivoluzionaria nel senso più umano e bello di questa parola. Nicoletta ci ha scritto di usare la parola “carcerata” e non quella politicamente corretta e ipocrita di “detenuta”. Sono d’accordo, le parole giuste sono quelle che vengono dalla realtà del carcere.
Ieri sera a Torino e a Bussoleno ho ricevuto notizie sulla carcerazione di Nicoletta, notizie che indignano e che dovranno suscitare ancora più mobilitazione al suo fianco.
Venerdì scorso Nicoletta è stata finalmente sottoposta a quell’intervento chirurgico che era già stato programmato, ma che l’amministrazione carceraria aveva rinviato d’autorità, temendo che una fuga di notizie provocasse manifestazioni di solidarietà in ospedale. Non sia mai. L’intervento non era grave, ma grave è stato il trattamento inflitto alla carcerata.
Nicoletta è stata trattata come il capo di un cartello criminale, che un commando armato potrebbe far evadere. È stata condotta in sala operatoria circondata da agenti della Digos e da guardie carcerarie, alcune delle quali l’hanno sorvegliata da vicino in ogni momento, dallo spogliatoio al lettino chirurgico. Concluso l’intervento lei è stata subito riportata in cella e non nell’infermeria del carcere, semplicemente perché nel carcere di Torino l’infermeria non c’è. Così Nicoletta non è stata bene e ha dovuto attendere i medicinali forniti dal dottore del carcere per stare meglio.
Il 30 gennaio Nicoletta Dosio farà un mese di prigione, ma è ancora collocata nella cella dei “nuovi giunti” dove dovrebbero rimanere qualche giorno i nuovi arrivati, in attesa di sistemazione definitiva in reparto. La differenza tra le due collocazioni è rilevante per la vita carceraria. Perché i nuovi arrivati passano quasi tutta la giornata chiusi nel “cubicolo”, come lo chiama Nicoletta, mentre in reparto si può uscire di cella, fare attività, vivere un poco più socialmente. Le autorità carcerarie hanno spiegato che si esce dai “nuovi giunti” per MERITO e che Nicoletta Dosio non vuole trattamenti di favore. Merito? Ma vadano all’inferno.
Sì, come ci scrive Nicoletta, il carcere è un concentrato della ferocia e della stupidità burocratica che comandano la nostra società.
Lei è vegetariana e fa fatica ad alimentarsi di fronte alla quantità di regole assurde che riguardano il cibo. Nel carcere anche le cose più innocenti e belle diventano colpevoli, le tante lettere che Nicoletta riceve vengono aperte e controllate una ad una, per questo ci mettono più tempo. Naturalmente l’autorità carceraria assicura che le lettere non vengono lette, quando mai, il controllo serve solo a verificare che la busta non celi materiale pericoloso. Tipo fotografie, volantini, francobolli, che vengono regolarmente sequestrati.
Ieri sera ho incontrato Luca che alle 23 e 30 entra in carcere e ne esce alle 6 del mattino per andare a fare il suo lavoro, quello del contadino nei campi della Valle, mentre suo figlio piccolo va a scuola. E ho abbracciato Dana, che per la stessa manifestazione pacifica per la quale è in carcere Nicoletta ha due anni di condanna e aspetta marzo per sapere come li sconterà. Ieri sera sono andato a dormire nella palazzina della Credenza di Nicoletta e Silvano, ma non ho potuto salutare Giorgio che vi è recluso ai domiciliari, che sono carcere anch’essi.
Contro la Valle Susa in lotta per l’ambiente e per fermare un’opera devastante e mangiasoldi, si è scatenata una repressione meticolosa, capillare, spietata, da scelbismo anni 50, e ovunque incontri chi ne è vittima. O sta per diventarlo, come hanno previsto gli avvocati che annunciano l’arrivo di altre condanne assurde. Dal ritiro della patente a chi deve usarla per lavoro, ai Daspo, alla prigione.
Per questo Nicoletta vuole che si parli poco della sua condizione personale e molto della persecuzione poliziesca, giudiziaria e carceraria che colpisce il movimento NOTAV e sempre di più tutte le lotte.
I famigerati Decreti Sicurezza erano già applicati in Valle Susa prima ancora di diventare legge, per questo oggi Nicoletta chiede che la solidarietà e la rabbia per la sua condizione divengano lotta per l’amnistia sociale, per l’abrogazione delle leggi di Salvini e Minniti, contro la disumanità di un sistema carcerario prigione sociale dei poveri, dei migranti, dei ribelli.
Pochi giorni fa, mentre accompagnava in corridoio fuori della cella l’avvocato che era venuto a trovarla, Nicoletta è stata bloccata prima della macchina del caffè dall’ordine perentorio di una agente: ferma! Alle proteste del legale la guardia carceraria ha risposto pensando così di chiudere la discussione: lei non è cittadina.
In una società dove sempre più persone non sono considerate “cittadine”, la lotta in carcere di Nicoletta sostiene chiunque pretenda sacrosanta giustizia nel nome dell’umanità.
Noi dobbiamo essere fieri dì Nicoletta Dosio e impegnarci a lottare con la sua anima dolce e serena e la sua forza indomabile.